"Sole di stagione" di Francesca Innocenzi
Sole di stagione (Prospettiva Editrice, 2018) di Francesca Innocenzi
Ho avuto l’occasione e il privilegio di leggere questa nuova opera di Francesca Innocenzi in vari momenti nel corso degli ultimi mesi. Ne ho sempre apprezzato, ogni volta, aspetti differenti che, a seconda del contesto che mi circondava e del grado di adesione ed empatia al testo, mi suggerivano approfondimenti da fare. Non credo che si possa definire l’opera in oggetto solo come un romanzo, omologandolo a una categoria letteraria ben precisa, che ha suoi caratteri, forme e finalità, dal momento che l’opera in oggetto, pur essendo ascrivibile alla prosa contiene – a mio giudizio – alcune levature poetiche, non tanto nella forma che, come detto, è narrativa, ma nei contenuti luminosi, interiori, riflessivi, di ricerca interiore e auscultazione di sé. Ciò non sarebbe consentito se, effettivamente, l’autrice non fosse una poetessa, una di quelle voci contemporanee innervate, più che dalle sperimentazioni di sorta e dai doppio linguismi così troppo diffusi, ma mossa da un colloquio serrato con la parola, quasi una sofferta elaborazione di un dire e di un rimuginare nell’ampio vaso della memoria.
Ritornando al romanzo, che possiamo concepire come una micro-silloge di racconti o come un unico racconto breve con alcune derivazioni (che non sono digressioni propriamente dette, avendo sempre un congiungimento preciso e inaspettato alla storia-matrice), mi preme sottolineare due aspetti che rendono quest’opera senz’altro innovativa e curiosa, un libro che, oltre che una narrazione di accadimenti, è un percorso umano esemplare di alcune persone. La nettezza delle immagini e l’aspetto rutinario degli eventi, così comuni tra noi mortali, rendono le storie non solo veridiche e realistiche, ma assolutamente reali, concrete, percorribili, al punto tale che è possibile riconoscersi in qualche carattere o trovare affinità tra alcuni di essi e nostri amici, parenti, persone che hanno accompagnato un tratto della nostra strada. Tale aspetto, che non è propriamente una prerogativa assoluta del romanzo come genere, non è da considerarsi un dato comune. La narrativa breve, di cui il romanzo si nutre, ben più che quella di una narrazione-fiume o di un procedimento progressivo di eventi inanellati in termini cronologici da capitoli che fanno avanzare la storia, si fonda sulla particolarità degli incontri tra caratteri, sulle peculiarità delle loro attitudini, sulla centralità degli apparati dialogici, sul rimuginare, sul rendere a specchio tribolazioni, paure, dilemmi, insicurezze che l’autrice non rende mai in maniera palese, ma fa intuire, vagheggia, rende possibili come letture, anticipando – in taluni casi – atteggiamenti che gli stessi potranno adottare o meno.
Questo libro è un intreccio particolarmente riuscito di esistenze che, per varie ragioni, giungono a contaminarsi, ma non sarei tanto dell’idea nel definirlo un romanzo corale, vale a dire una narrazione che, mediante le voci dei suoi caratteri fa parlare un popolo, o una fascia sociale dello stesso, in sintonia, piuttosto un romanzo plurale: ci sono caratteri molto diversi tra loro e anche l’autrice sembra in qualche maniera (seppur indirettamente) solidarizzare con qualcuno di essi e guardare criticamente altri. Risultano così rilevanti, oltre gli scambi interdialogici, i confronti, i momenti d’incontro, condivisione e contatto tra alcuni di essi, i momenti di assenza e lontananza, di solitudine e dove viene a essere privilegiata la sfera meramente intima della persona, sospesa tra tensioni presenti e aporie da dover fronteggiare.
L’apporto narrativo è così in gran parte assorbito da una sorta di macchina autoanalitica e psicoanalitica che fa emergere debolezze e convinzioni dei personaggi, attitudini, forme di pensiero, capacità altruistiche o convinzioni personalistiche, tensioni alla condivisione piuttosto che forme egoistiche. Si analizzano così i tipi caratteriali, le inclinazioni, le formazioni morali e gli istinti comunitari in una sovra-struttura che ha a cuore la psicologia comportamentale. Quello che succede nel corso del romanzo che, come si è detto è reale, è al contempo proposto dall’attenta autrice quale una possibile riflessione su un ipotetico esperimento comportamentale. Se A e B sono legati dal rapporto x in un tempo t e interviene C come fattore di disturbo, collegato all’ambiente y, dove è presente anche D, come possono influire le determinazioni personali e coniugarsi le funzioni psicologiche junghiane?
In tali condizioni non risultano poi così importanti i fatti stessi che vengono narrati o evocati (il tradimento, l’offesa, il suicidio, etc.) quanto i contesti dove ciò si sviluppa; l’attenzione topologica risulta determinante (la villa, il giardino, il supermercato, l’intero della casa, la macchina che gira per la città, etc.) diventano essi stessi prolungamenti dei personaggi che lì vivono, proiezioni di quei contrasti costitutivi l’animo umano, ben distanti da apparire solo meri contenitori di fatti. Compreso il non-luogo, lo spazio indicibile, apparentemente disabitato e assente, del capitolo di apertura del libro.
Per ultimo, non senz’altro per importanza, vorrei ricalcare la profonda tecnica impiegata da Francesca Innocenzi nella strutturazione di queste brevi storie che comunicano ed echeggiano tra loro. Viene data preminenza all’aspetto temporale (già dal titolo, se si nota con attenzione, Sole di stagione) che spesso individua uno scarto decisivo tra tempo della storia e della narrazione. Il dialogo che si prospetta tra personaggio A e personaggio B contiene anche un colloquio in forma indiretta con un personaggio C che è il suo ambiente di riferimento, in uno scambio interrelazionale che è continuo. Nel capitolo di apertura “da nessuna parte” si notino tutti i riferimenti che puntualmente ricalcano con grande forza espressiva l’aspetto irruente, frenetico, veloce, quasi asfittico, con il quale viene condotta la narrazione. Le azioni accadono o in maniera improvvisa, di colpo, a segnare una chiusura di un momento in maniera definitiva e plateale (come un cambio di scena in teatro) oppure in forma tumultuosa, con assoluta rapidità: “Carlo si fermò di colpo”, “riprese Miranda seccamente”, “Claudio frenò di botto”, “aveva attraversato all’improvviso”, “L’auto si arrestò con uno stridio”, “E subito dopo…”, “sfilavano rapide”, “riprese brusca”, “la voce si fosse spezzata di colpo”, “durò appena un istante”, “scese in fretta”, “ripartì sgommando”. Sono tempi bruschi, accelerati, azioni istintive e violente che avvengono in una manciata di secondi, con un gesto si cambia di colpo ciò che si stava facendo, si entra in un altro spazio, in una altro periodo mentale. Parimenti la produzione sonora è esasperata: o è disturbante perché ridondate e prodotta da suoni fastidiosi come lo stridio o è assente, segno di una mancata comunicazione verbale tra i personaggi che fa privilegiare il mondo meccanico dei rumori, per spostamento, sfregamento, chiusura, etc.
Il capitolo successivo “da qualche parte” prende, invece, l’andamento rilassato determinato da un rallentamento decisivo individuabile da alcune espressioni usate nel corso dello stesso: “Non aveva fretta”, “Rallentò, deviò”, “Si fermò”, “sfogliò il quotidiano”, “sorseggiando lenta”, “come dovesse scuoterla da un sogno”, “assecondare”. Dopo l’irruenza dei gesti e dei movimenti nel primo capitolo si produce una sorta di distensione, data da un altro apparato di personaggi. Chiaramente anche la narrazione stessa, nel suo progredire, subisce un diverso ritmo e prolungamento nel lettore.
Se mi sono dilungato su aspetti come questi, che possono a una prima vista sembrare marginali, è perché reputo che fanno la grandezza di questo romanzo, che rendono questa opera atipica rispetto al mare magnum dei romanzi odierni, ricca di significazioni altre che implicano, appunto, una lettura non semplicemente testuale.
Centrale risulta, infine, l’avvenimento che ha luogo alla villa che, oltre a incrinare l’integrità della persona viene a rappresentare come un punto d’implosione che poi darà vita a un’esplosione. La rottura dei legami tra personaggi avviene a seguito di vicende pericolose, per una stortura nei rapporti dove pure domina la finzione. La scena è topica dell’intero romanzo: in breve si passa dal divertimento alla serietà, dalla rilassatezza la scena degrada al disappunto e alla riprovazione. La compresenza di uno stato di ebrezza non rende meno grave le parole che, nel clima conviviale della festa, vengono dette e che avranno la capacità di acuire le sofferenze dell’altro. Intervengono questioni di offesa all’onore, alla propria rispettabilità che non possono essere tollerate, in aggiunta a un male atavico che non si è mai affrontato e che mai si potrà risolvere. Ed è nel momento in cui la storia prendere una virata che ammicca al thriller psicologico che davvero si fa più interessante. Dal momento della rivelazione di una realtà fastidiosa vediamo come il complesso die personaggi, ciascuno a modo suo, reagisce mentalmente, interviene, si predispone ad accogliere i fatti accaduti e ciò che ne deriverà.
Credo che una lettura del romanzo, in considerazione di alcuni degli elementi qui posti come elemento di analisi, possa consentire una maggiore appropriazione dell’intera storia, delle sue significazioni e un avvicinamento alla complessa natura umana tra comportamenti veri, finti, deviati o in cerca di una propria definizione.
Lorenzo Spurio
28-09-2019
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