Giuseppe Pappalardo, "I versi e le parole" (Ed. Thule) - di Giovanni Matta*

 

In questo bel “cofanetto” di ventuno liriche primeggia il canto della natura con i suoi venti impetuosi, i pallidi riflessi lunari, il volare indomito del falco, l’ondeggiare delle fronde goccianti di rugiada; tutto alimenta, nei testi, il carico di metafore di cui sono improntati i versi di Pappalardo, colmandoli di una sofferta tristezza animata da profondi pensieri nel rigurgito di un’acclarata solitudine. Ma la speranza - ultima dea - si risveglia fra le aride paludi dell’esistenza e traluce, pallida, attraverso la consapevolezza dei limiti della vita.

 Fra i ricordi filtranti dal passato e le tante cime montuose scalate con coraggio nel corso della vita, la metafora del poeta si schiude nell’abbraccio convinto di una fede che travalica dubbi e passioni, sofferenze e pianti. E l’Autore ringrazia - nella lirica finale - la Poesia, attenta e saggia consolatrice per risollevare lo spirito, fedele compagna nei momenti di tristezza.

«I versi e le parole» è una silloge animata da una sofferta musicalità; è piena di passione e di convinte aspirazioni in un cammino di ricerca che, partito dagli splendidi precedenti versi in dialetto, si anima qui di coinvolgenti pensieri e di profonde riflessioni, sviluppando una vera poesia che nasce spesso dalla sofferenza.

Il volume si conclude con alcuni «Versi brevi» che sono, a mio avviso, veri aforismi intrisi di saggezza profonda e sempre velata dall’ombra della solitudine.

E così il poeta e saggista Giuseppe Pappalardo veleggia, sornione e incredulo, nell’incanto del mare poetico.       

 

 

*Presidente Associazione «Ottagono Letterario»

 

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