“ODISSEO L’EROE NARRATORE” RICERCA DI GIOVANNI TERESI DA IMPARARE DAI CLASSICI MODI E TEMI DELLA NARRAZIONE DALL’EPOS AL ROMANZO

 

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Odisseo l’eroe narratore

Quando Odisseo viene gettato sulla spiaggia dell’isola dei Feaci, è allo stremo delle forze, non ha altri mezzi che il respiro e la lingua, ma è costretto a tacere il proprio nome: il caso ha voluto, infatti, che lui, odiato da Posidone, sia finito su una terra posta sotto la protezione del dio stesso (i Feaci sono infatti dominatori del mare, e la dinastia regale discende da Posidone). Pertanto, l’eroe, all’inizio del lungo episodio (canti V-VIII) che lo vede ospite incognito di Alcinoo, è assai poco loquace. A rompere la sua reticenza è però una narrazione: al banchetto dei Feaci, Odisseo non riesce infatti a trattenere le lacrime ogni volta che l’aedo Demodoco accenna alla guerra di Troia, e Alcinoo non può fare a meno di chiedergli la ragione di quel pianto reiterato. Odisseo infine si svela, e diventa lui stesso narratore, sostituendosi e sovrapponendosi all’aedo. Assimilare Odisseo ad un aedo non è una forzatura ad effetto: ché per due volte è il testo stesso a suggerirlo. La prima è proprio nel canto XI, in una specie di intermezzo all’interno del racconto della nékyia. Dopo che Odisseo ha incantato il suo uditorio narrando l’incontro con Tiresia e poi quello con sua madre, e di conseguenza il commovente e vano tentativo di abbracciarla, Alcinoo ne loda la sapienza di narratore, dicendo che Odisseo ha fatto abilmente il suo racconto, proprio «come un aedo» (Od., XI 368). Forse ancor più significativa, a livello poetico, è la seconda occasione in cui Odisseo viene paragonato ad un aedo, perché giunge in un contesto inatteso e collega, come in un corto circuito, le diverse abilità del protagonista con quelle del poeta dell’Odissea. La similitudine si trova molto più avanti, nel canto XXI, quando Odisseo è arrivato finalmente ad Itaca, nel proprio palazzo, e, ancora incognito ai più, viene sfidato con disprezzo dai proci a tendere l’arco. Allora prende in mano l’arco, lo soppesa, poi – dice il poeta, che ben s’intende di strumenti a corde – «come quando un uomo esperto di lira e di canto con facilità riesce a tendere una corda intorno ad una chiavetta nuova, legando dall’una e dall’altra parte un budello di pecora ben ritorto, così senza sforzo Odisseo tese il grande arco» (Od., XXI, 406-409). Ed è questo l’atto che darà inizio all’antica poesia della strage dei pretendenti. Ma torniamo ad Odisseo-aedo nel palazzo dei Feaci. È evidente che la narrazione dell’eroe in prima persona si inserisce in un punto determinato del racconto, e non è una narrazione ‘neutra’: egli ri-propone e riscatta dall’oblio i fatti secondo il suo punto di vista (ovvero, nella terminologia narratologia, attraverso un punto di vista “omodiegetico”). In altre parole, Odisseo racconta il proprio ‘romanzo autobiografico’, un romanzo di viaggio e di avventura che getta un ponte tra il passato dell’Iliade e il futuro della storia. È proprio attraverso il racconto che Odisseo conquista la propria identità: come protagonista di una storia che non è più quella dell’Iliade, ovvero della guerra di Troia, ma è la storia del nóstos e della conoscenza. Il racconto circolare non è, come s’è già detto, indifferenziato e caotico, ma implica un intreccio di piani temporali diversi e quindi una diversa coscienza nell’io narrante. Non a caso, il romanzo autobiografico inizia con i cosiddetti “apologhi di Odisseo” (canto IX), che rappresentano una specie di marcia di avvicinamento alla nuova atmosfera dell’Odissea.

Giovanni Teresi

 

Bibliografia: Maria Rosa Tabellini IMPARARE DAI CLASSICI MODI E TEMI DELLA NARRAZIONE DALL’EPOS AL ROMANZO

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