“Occasionalismo, romanticismo e infallibilismo politico. Et voilà, la destra post-fascista” di Carlo Gambescia (*)
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- Creato: 26 Marzo 2019
- Scritto da Redazione Culturelite
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Le ragioni della modernità cognitiva
La questione della destra post-missina, semplificando post-fascista, se seriamente affrontata, ha radici sociologiche, e in senso stretto di sociologia politica con rinvii alla storia delle idee. Seguiamo il tema da anni, anche per inevitabili coinvolgimenti esistenziali. La nostra attenzione è comprovata da numerosi articoli e almeno un paio di libri: A destra per caso. Conversazioni su un viaggio, scritto con Nicola Vacca e Retorica della transigenza. Giano Accame attraverso i suoi libri, pubblicati dalle Edizioni Il Foglio, rispettivamente nel 2010 e nel 2018.
Sotto questi aspetti, nel corso dei nostri studi, non abbiamo potuto non rilevare l ’incapacità di certa cultura, dal passato missino, o comunque nei suoi dintorni, di favorire la trasformazione del post-fascismo, non diciamo in un immaginario partito liberale, ma in qualcosa, capace, culturalmente, di comprendere le ragioni della modernità cognitiva. Altrimenti detto, semplificando: del discorso pubblico liberale, della tolleranza, della libertà economica.
Tradizione e modernità
Si pensi allo scontro Salvini-Casarini di questi giorni. Una specie di regolamento di conti, per così dire, tra opposti estremismi.
Come si è arrivati a tal punto? Ecco, qui, sembra emergere la precisa responsabilità, della cultura post-missina. Per fare qualche nome, pensiamo, sul piano del giornalismo culturale, a figure come Veneziani e Buttafuoco, che nell’immaginario mediatico, rappresentano la “cultura di destra”. Oppure, su un piano togato, a Cardini e Campi. Ma potremmo fare i nomi di giornalisti, comunque non banali, come Malgieri e via via fino alle generazioni più giovani e rampanti.
C’è in tutti costoro, ovviamente secondo le più diverse sfumature ideologiche e professionali, o il rifiuto della modernità, nel senso sopra indicato, o la sua rielaborazione in chiave di modernismo reazionario: di modernità, come inveramento di una tradizione (variamente interpretata), capace di avvalersi, strumentalmente, anche delle euristiche delle moderne scienze sociali. Sotto quest’ ultimo aspetto, Marco Tarchi, in qualche misura (e prima ancora Alain de Benoist, maestro del professore fiorentino), fu il mentore di Campi.
Olismo
Non si discute qui, della bravura o meno dei singoli autori citati, sono tutti eccellenti intellettuali. Bensì del rapporto di questa cultura, al fondo tradizionalista, con la modernità cognitiva, che negli autori ricordati, per usare il machete del sociologo (dunque semplificando, forse troppo), viene giudicata o come un pericoloso deragliamento dalla tradizione o come qualcosa da ricondurre nell’alveo di una filosofia della storia, con ricadute pratiche. Dove alla tradizione (vista, ripetiamo, secondo variopinte sfumature) siano riconosciuti i suoi diritti primordiali fondanti e rifondanti. Il che implica una visione olistica della realtà, che viene immaginata come innervata dalla necessità di ricondurre le varie parti della realtà a tutto. Che può essere lo stato-nazione ipostatizzato (Campi), il medioevo immaginario (Cardini) , l’ Islam reinventato (Buttafuoco), il paganesimo di cartapesta (Veneziani), il conservatorismo sincretico (Malgieri).
Un approccio cognitivo che sembra aver impedito di prendere - culturalmente - sul serio, il ruolo, per ricaduta, della modernità cognitiva nell'ambito della democrazia rappresentativa, dell’economia di mercato, dello stato di diritto.
Un approccio cognitivo che sembra aver impedito di prendere - culturalmente - sul serio, il ruolo, per ricaduta, della modernità cognitiva nell'ambito della democrazia rappresentativa, dell’economia di mercato, dello stato di diritto.
Occasionalismo
Il che pare spiegare quell’occasionalismo politico che determina i comportamenti della cultura post-fascista. Occasionalismo, come uso strumentale - all’occasione - della modernità. Altrimenti detto, la sindrome occasionalista può spiegare quella volontà di salire su qualsiasi treno politico, con l’intenzione di riuscire a prenderne la guida per condurlo in una direzione, se non antimoderna, di certo ostile alla modernità politica ed economica.
Sicché, l’occasionalismo - riconducendo l’universale sociologico al più prosaico particolare - ci aiuta a capire i vari passaggi o transizioni politico-culturali: dai fascisti dopo Mussolini, (nelle varie sfumature intra e anti-missine) al post-fascismo di Alleanza nazionale; dall’unificazione con Forza Italia a Futuro e Libertà, per poi veleggiare verso Salvini, Meloni e i populismi.
Il tutto - parliamo sempre della cultura post-fascista - senza però fare mai il salto culturale (certo, non facile) dalla tradizione-tradizioni alla modernità cognitiva. L’occasionalismo, consente di giocare su almeno due piani: dal tradizionalismo puro al modernismo reazionario e viceversa. Nonché di godersi o meno, secondo la propria dirittura morale, le prebende del momento.
Romanticismo e infallibilismo politico
Altro punto fondamentale. L’occasionalismo politico si nutre di romanticismo politico. Che cosa vogliamo dire? Che il romanticismo politico, consiste nella facoltà di potersi riservare, in ogni occasione il diritto di recesso ideologico, salvando la propria purezza intellettuale, in nome del carattere archetipico e fantastico della creazione politica.
Attenzione, non parliamo di fallibilismo politico, ossia dell’accettazione razionale della natura esperienziale della realtà, e quindi del fatto che sia l’errore sia il tentativo (come prova), facciano parte di un approccio cognitivo normale. Ma del suo esatto contrario: l’ infallibilismo romantico, qualcosa di cognitivamente anormale, al fondo istintuale.
Semplificando: per l’infallibilista, ogni volta può essere quella decisiva, da cui non si torna indietro. Detta ancora più volgarmente: o la va o la spacca. Di conseguenza: Almirante era un padre-padrone, Fini il fratello di Badoglio, e così via fino a quando verrà il turno della Meloni, di Salvini e dei populisti. Ovviamente, dopo.
La retorica della transigenza
Quel che resta interessante è la forma mentis - definiamola così, semplificando - che contraddistingue l’occasionalismo politico, che implica il rifiuto della retorica della transigenza: una retorica, quest’ultima, che, sviluppando le intuizioni di Albert O. Hirschman (Retoriche della transigenza, il Mulino 1991), può trasformarsi in suggestiva etica del confronto, con evidenti ricadute pratiche, di civilizzazione della politica.
E in nome di che viene rifiutata la retorica della transigenza,? Dell’intransigenza assoluta, ovviamente. Del “noi abbiamo sempre ragione”. E nei riguardi di cosa? Della tolleranza dei moderni. Il che spiega, per ricaduta, non solo le posizioni sugli immigrati di Salvini, dunque lo scontro politico in atto, ma l’appoggio culturale, larvato o meno, che proviene da una destra post-fascista, che ridicolizzando un Casarini, una Boldrini, un Saviano, ridicolizza la modernità, in particolare quella politica ed economica.
Al fondo, si continua a rifiutare e irridere, al di là dell'epifenomeno, la sostanza del discorso pubblico liberale. Ciò fa anche capire, perché un intellettuale come Giano Accame, fautore convinto di una retorica della transigenza, sia stato quasi dimenticato dalle destre post-fasciste.
Che poi la sinistra, certa sinistra, a sua volta faccia del proprio meglio, per farsi detestare, rinvia non alla modernità in quanto tale, ma al momento egemonico, culturalmente egemonico, di una visione costruttivista, dunque unilaterale della modernità, che accomuna, quando si dice il caso, modernisti reazionari e modernisti marxisti, con innervature liberal-socialiste, macro-archiche.
Ma questa è un’altra storia.
(*) Carlo Gambescia, sociologo. Tra i suoi libri: Metapolitica. L’altro sguardo sul potere; A destra per caso. Conversazioni su un viaggio (con Nicola Vacca); Liberalismo triste. Un percorso: da Burke a Berlin; Sociologi per caso. Dante, Machiavelli, Evola, Jünger, Mann, Tolstoj, Pasolini; Passeggiare tra le rovine. Sociologia della decadenza; Retorica della transigenza. Giano Accame attraverso i suoi libri.