“Brevi note sul rapporto tra India e fascismo” di Ferdinando Bergamaschi
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- Category: Scritture
- Creato: 07 Dicembre 2023
- Scritto da Redazione Culturelite
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Otto giorni dopo il suo incontro con Mussolini a Palazzo Venezia nel dicembre del 1931, il Mahatma Gandhi, nella sua lettera all’intellettuale socialista francese R. Rolland, scriveva: “Molte delle riforme che Mussolini ha fatto mi attraggono. Sembra che abbia fatto molto per la classe contadina. In verità il pugno di ferro c’è. Ma poiché la forza è la base della società occidentale le riforme di Mussolini meritano uno studio imparziale. La sua attenzione per i poveri, il suo sforzo per attuare un giusto equilibrio tra capitale e lavoro mi sembrano richiedere un’attenzione speciale. Il mio dubbio fondamentale riguarda il fatto che queste riforme sono attuate mediante la costrizione. Ma questo accade anche nelle istituzioni democratiche. Ciò che mi colpisce è che dietro il pugno di ferro di Mussolini c’è la volontà di servire il proprio popolo. Anche nei suoi discorsi enfatici c’è un nucleo di sincerità e di amore appassionato per il suo popolo. Mi sembra anche che la massa degli italiani ami il governo di ferro di Mussolini.” Il Mahatma Ghandi non ebbe più occasione di tornare in Italia ma quella che Renzo De Felice ha chiamato “la politica d’attenzione” (cfr. Renzo De Felice, Il Fascismo e l’Oriente. Arabi, Ebrei e Indiani nella politica di Mussolini, Il Mulino, Bologna, 1988.) da parte di Mussolini nei confronti dell’India continuò per tutti gli anni Trenta e trovò infine il suo approdo politico negli anni della guerra nel rapporto del fascismo e in particolare di Mussolini con l’altro leader del movimento d’indipendenza indiano, Subhas Chandra Bose. Con Jawaharlal Nehru e lo stesso Ghandi, Bose è stata la figura più importante per la lotta per l’indipendenza dell’India; egli inoltre era stato Presidente del Congresso Nazionale Indiano e sarà Capo del Governo dell’India libera dalla fine del 1943 fino al termine della guerra nell’agosto del 1945. Nazionalista indiano come Ghandi e come Ghandi antibritannico ad oltranza, Bose non aderisce però ai metodi non violenti del Mahatma, anzi crede nella dura necessità della guerra se fatta per una giusta causa. A metà degli anni Trenta nel suo scritto La lotta dell’India formula dei precetti politico-ideologici che approdano in quella che Bose stesso chiama la “sintesi tra fascismo e comunismo”. I punti di riferimento del suo ideale sono il patriottismo e la giustizia sociale. Durante la guerra Bose, amico di Mussolini, si fa strenuo sostenitore dell’Asse. Ancora nel marzo del 1944, nella nota della Corrispondenza Repubblicana che ha come titolo L’India agli indiani e che si inserisce nel contesto del superamento della frontiera birmana da parte delle truppe giapponesi unite a quelle di Chandra Bose e del loro avanzamento verso l’India, Mussolini scrive: “Malgrado la complessità delle cose, malgrado la dominazione britannica oculata e, quando è necessario, sommamente crudele, il moto per l’indipendenza dell’India è in pieno sviluppo, diretto e organizzato dalle tre grandi organizzazioni politiche, che fanno capo a Ghandi, a Savarkar, a Jinnah. […] Sono le odierne giornate nere per Londra. Chandra Bose è un uomo di eccezionale energia. Se, come è probabile, le forze angloamericane cominceranno a retrocedere, le masse indiane accenderanno le fiaccole della rivolta. […] Vi è appena bisogno di dire che gli italiani della Repubblica […] seguono con simpatia profonda la marcia degli eserciti liberatori dell’India, che si schierano di diritto e di fatto accanto a quelli del Tripartito”. (cfr. Benito Mussolini, Corrispondenza Repubblicana, a cura di Giuseppe Parlato, Luni Editrice, Milano, 2021).
Questa convergenza “politico-militare” di Mussolini con l’indipendentismo indiano era comunque già stata per così dire preparata culturalmente negli anni Trenta. Nell’imponente studio di Enrica Garzilli (Mussolini e l’Oriente, Utet, Milano, 2023), la quale fra l’altro ha approfondito il lavoro tracciato da De Felice occupandosi già della figura mitica di Giuseppe Tucci (Enrica Garzilli, L’esploratore del duce. Le avventure di Giuseppe Tucci e la politica italiana in Oriente da Mussolini a Andreotti. Con il carteggio di Giulio Andreotti, Asiatica Association, Milano, 2012) e dell’IsMEO (Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente), si osserva che l’attenzione di Mussolini per l’India, già viva nella giovinezza del duce, è ben rintracciabile in situazioni come la Settimana Romana degli studenti orientali istituita da Mussolini nel 1933 “che riuniva tutte le federazioni di studenti asiatici presenti in Europa” ed è inoltre ribadita spesso dal duce nei suoi discorsi, nei quali egli arriva a parlare del rapporto tra l’Italia e l’Oriente come di un rapporto di “reciproca comprensione creativa” e di “un’unione che fu il motivo fondamentale di tutta la nostra storia”. (cfr. il discorso di Mussolini all’inaugurazione dell’IsMEO del dicembre 1933). Questa Settimana Romana esordì proprio nei giorni dell’inaugurazione dell’IsMEO di cui le due figure che ne saranno il traino sono Giovanni Gentile (che ne sarà anche presidente fino al giorno della sua morte) e proprio Giuseppe Tucci, “l’esploratore del duce”, come poi è stato chiamato. Orientalista ed esploratore di fama mondiale, considerato unanimemente il più grande tibetologo del mondo, professore e storico delle religioni, Giuseppe Tucci fu voluto da Mussolini come motore di questo Istituto. Nonostante certe resistenze provenienti dagli ambienti di Ciano fu proprio Mussolini che volle fortemente che nascesse questo glorioso Istituto che rimase in vita fino a pochi anni fa. Il duce, proprio come Tucci e Gentile, concepiva l’IsMEO come ente culturale e morale che avesse l’ambizione, attraverso lo scambio culturale tra Occidente e Oriente, di fornire appunto le basi culturali e morali per una futura civiltà eurasiatica che fosse fondata su rapporti “fatti non di conquiste rapaci - per usare le parole di Tucci -, ma di un generoso ed illuminato scambio di cultura, confortato da un vivo senso di umana comprensione”. Questo fondamentale obiettivo strategico metteva anche in secondo piano il pur importante obiettivo tattico e immediato di alimentare tutto ciò che poteva essere utilizzato come strumento politico in funzione antibritannica. E questo obiettivo strategico è poi continuato a vivere anche durante la Prima Repubblica. Se infatti, finita la guerra, in un primo momento “l’esploratore del duce” verrà messo al bando in quanto considerato compromesso col fascismo, sarà Giulio Andreotti già nel 1947 a rimettere in moto questo grande esploratore e orientalista, finanziando anche le sue leggendarie spedizioni in Tibet, Nepal, Pakistan, Afghanistan, Iran. E fu sempre Andreotti a tenere in vita l’IsMEO affidandone la guida e la presidenza proprio a Tucci.