“LA SCOMPARSA DI MAJORANA” DI LEONARDO SCIASCIA – LETTURA E COMMENTO DI GIOVANNI TERESI

 

La scomparsa di Majorana | Leonardo Sciascia - Adelphi Edizioni

 

 

L’autore Leonardo Sciascia (1921-1989) è stato uno scrittore, giornalista e politico siciliano. Ha scritto La scomparsa di Majorana nel 1975. Sciascia scava a fondo sulla scomparsa del fisico Ettore Majorana, avvenimento che all’epoca dei fatti venne archiviato come suicidio ma secondo l’autore nasconde una fuga programmata e architettata con cura.
Il libro può essere considerato per certi aspetti una sorta di biografia, l’unico personaggio presente, o comunque l’unico davvero rilevante è, infatti, Majorana.

Appaiono anche altri personaggi secondari quali i suoi famigliari, il capo della polizia, i suoi collaboratori e alcuni illustri fisici ma lo scrittore se ne serve solo per mostrare come la folle genialità del fisico sia del tutto incompresa e precoce rispetto ai contemporanei. L’obiettivo di Sciascia è descrivere in ogni suo particolare il profilo psicologico e comportamentale del grande scienziato, a questo scopo introduce anche una digressione sul suo viaggio in Germania.

La storia racconta le vicende di Ettore Majorana che, il 26 marzo 1938, fra la partenza e l’arrivo in un viaggio per mare da Palermo a Napoli, è scomparso nel nulla. Majorana era un fisico siciliano trentunenne, definito da Fermi un genio della statura di Galileo e di Newton. Gli inquirenti dell’epoca hanno lasciato credere si trattasse di suicidio, secondo altri si trattò invece di una fuga volontaria dal mondo, forse dopo aver intravisto le potenzialità distruttive dell’energia atomica.

Alcune caratteristiche del carattere di Majorana, come la genialità precoce e la sua timida scontrosità, vengono rese note nelle prime pagine del libro, mentre la paura e la coscienza dei futuri pericoli sono chiare soprattutto nella fase finale. Ovviamente la descrizione fisica del protagonista è assente,come lo sono quelle degli ambienti presenti nel libro. I luoghi sono nominati solo per dare un’idea al lettore di dove si svolgano gli episodi, ma non c’è interesse alcuno a mostrarne i particolari, che potrebbero deviare l’attenzione dal soggetto centrale dell’opera.

I fatti narrati, sulla base delle frammentarie fonti storiche, sono ambientati negli anni precedenti alla scomparsa di Majorana, cioè alla fine degli anni ‘30 del XX secolo. L’ordine cronologico è lineare, i fatti e le supposizioni si susseguono consecutivamente e nelle rare occasioni in cui Sciascia ricorre alla tecnica del Flashback è solo per spiegare un’affermazione o una teoria altrimenti ambigua.
Allo stesso modo il linguaggio adottato dall’autore è semplice e accessibile a chiunque, nonostante ciò il registro è piuttosto tecnico, per avvalorare la scientificità e validità dell’indagine. Nel testo sono presenti svariate citazioni, alcune semplici come quelle alle opere pirandelliane e altre più colte come quella alla Recherche, probabilmente inserite per coinvolgere il lettore in questo gioco di riferimenti e creare con lui un’intesa particolare.
Lo scrittore assume contemporaneamente il ruolo di narratore e investigatore, descrivendo le vicende in terza persona tranne quando deve riportare lettere o scritti originali, che trascrive interamente senza alcun adattamento.

E’ doveroso notare come Sciascia, velatamente, condivida le tesi e le paure del fisico, e comprenda le ragioni del suo atteggiamento indifferente verso il regime.
Nel libro non ci sono accusatori né sospettati, bensì solo la decisione lucida di un uomo e le cause che l’hanno spinto fino a quel punto. Non importa se davvero le cose siano andate così o meno, il nocciolo della questione è il rifiuto di Majorana di utilizzare le sue capacità in modo potenzialmente dannoso per il pianeta e, quando si accorge che altri l’hanno fatto al posto suo, la scelta di fuggire.

Il libro analizza l’aspetto morale delle scoperte scientifiche, cioè fin dove è lecito muoversi senza andare contro ai nostri stessi interessi di uomini. La critica dell’autore agli scienziati che hanno progettato la bomba atomica, senza alcuno scrupolo prima del suo utilizzo, è forte ed esplicita, la loro genialità e condizione di uomini liberi doveva infatti permettergli di decidere per il bene del mondo, ponendo come criterio l’utile dell’umanità. L’autore, seppure in modo pacato e mai aggressivo, critica anche l’operato della polizia, spesso inadempiente ai propri doveri e troppo superficiale nelle indagini, e quello della magistratura, che senza grandi sicurezze costruisce processi a innocenti, destinati sì a crollare come castelli di carta, ma comunque dolorosi per gli imputati.

 Sciascia, in questo testo, ci offre una rilettura della vita del grande Majorana alla luce della sua stessa esistenza e non della sua morte. Si scopre allora una persona che viene tratteggiata attraverso il ricordo di chi gli sopravvisse, il fratello Salvatore che lo cerca tramite l’aiuto dei senatori, la madre che lo ritrae in maniera onestissima e toccante in una lettera al Duce allegando l’evidenza di un impossibile intento suicida nel figlio, a detta sua “vittima della scienza”, lo stesso Enrico Fermi che lo ritiene un genio. Numerose sono le testimonianze di cui si avvale Sciascia e scarsi i documenti che sigillano con l’esiguo numero l’impronta data fin da subito alle indagini: un evidente caso di suicidio, reso tangibile dalle stesse lettere lasciate dal fisico. In aggiunta a quanto detto, senza nulla svelare al lettore di questa breve e intensa e particolare esistenza, sia chiaro che il tutto è reso magnifico dall’acume di Sciascia, dal suo rigore intellettuale, dal suo profondo senso di giustizia, dal suo essere siciliano, dal sentimento umano che permette di avvicinare una figura enigmatica restituendogli un’identità umana, vera, viva e vicina nel suo essere eccezionale e nelle sue debolezze. Il ritratto offerto al lettore rimane impresso nella mente e offusca il mistero della scomparsa per restituire il senso di un’esistenza e insieme il ritratto di un’epoca complessa fatta di poteri forti e pericolosi, di menti eccelse e di altre sovraeccitate e malate, di un mondo della scienza onnipotente e senza limiti. Il volume è arricchito dal saggio “Uno strappo nel cielo di carta” di Lea Ritter Santini che amplia i riferimenti bibliografici citati dall’autore a sostegno della sua trattazione: “Vita di Galileo” di B. Brecht, i romanzi pirandelliani sulla frantumazione dell’Io , la citazione di una frase di Camus, l’episodio dell’ Ulisse dantesco e altri ancora. Il saggio aiuta inoltre a capire gli sviluppi vertiginosi della fisica che portarono all’uso sconsiderato della facoltà umana del capire collassata nella forza distruttrice della bomba atomica

Fra le tante teorie sulla scomparsa del grande fisico c’è anche questa di Sciascia che è sicuramente tanto emozionante e appassionata quanto realistica e allo stesso tempo romanzata.
 

L’ultima volta che viene avvistato, il trentunenne Ettore Majorana è su una nave che porta da Palermo a Napoli: è il 26 marzo del 1938. C’è chi giurerebbe che lui sulla terraferma ci sia sbarcato, nessuna certezza di ciò, tuttavia.
Per sapere com’è scomparso Ettore Majorana bisogna necessariamente partire da un’altra domanda: chi è Ettore Majorana?
Sciascia lo fa dire, anzitutto, a Enrico Fermi, di cui il ragazzo è stato allievo al famoso istituto romano di via Panisperna (dove negli anni ’30 del ‘900 si concentrava un ristretto gruppo di brillantissimi fisici italiani): “è un genio della statura di Galileo o di Newton”. E questo nonostante tra i due non vi fosse un rapporto professionale idilliaco, anzi, Majorana non aveva legato con nessuno dei “ragazzi di via Panisperna”.
Come tutti i siciliani ‘buoni’, come tutti i siciliani migliori, Majorana non era portato a far gruppo, a stabilire solidarietà e a stabilirvisi (sono i siciliani peggiori quelli che hanno il genio del gruppo, della ‘cosca’)”. E’ con queste parole che Sciascia intende spiegarsi – e spiegarci – l’autoisolamento di questo “ragazzo-prodigio”.
Majorana legherà più con Heisenberg – altro grande fisico noto per la teoria della composizione del nucleo –, durante un viaggio in Germania al quale l’aveva spinto proprio Enrico Fermi (siamo agli inizi del 1933).
Al momento del ritorno a Roma, Majorana si immerge in uno studio solitario, isolandosi totalmente per i successivi quattro anni: eppure non è dato capire su cosa si applichi, tenuto conto che fino alla sua scomparsa pubblicherà pochissimi lavori.
Siamo già all’inizio del 1938, quando gli viene assegnata la cattedra di fisica teorica dell’Università di Napoli. Sarà professore per pochi mesi, prima di tornare nella sua Sicilia per un weekend e, nel viaggio di ritorno, scomparire per sempre.

 

File:Ettore Majorana.jpg - Wikimedia Commons


Le riflessioni sul carattere chiuso del ragazzo, l’attento esame delle poche righe di cui si compongono le due misteriose lettere lasciate da Majorana prima di sparire (rispettivamente ai suoi familiari e al direttore dell’istituto di fisica di Napoli), la citazione di uno strano episodio avvenuto alla fine della 2a guerra mondiale (e ricordato dall’allora direttore del giornale “L’Ora”), fanno di tutta la vicenda una storia raccontata nello stile di Sciascia.
Impreziosita da un’ulteriore notazione: non pare di ricordare, nella storia dell’Italia unita, un episodio simile, quello cioè di una mente superiore – perché tale era indubitabilmente Majorana – che rifiuta in piena coscienza ogni possibile onore e successo, sentendo la necessità di sottrarsi alla società. Perché, come disse il capo della polizia dell’epoca Arturo Bocchini – incaricato da Mussolini in persona di ritrovare il fisico scomparso – “i morti si trovano, sono i vivi che possono scompari

A Roma, sul tram che porta verso via Panisperna c’è un uomo taciturno, dai capelli neri e scarruffati e la fronte accigliata. Si fruga nelle tasche, trova una matita, e comincia a scarabocchiare formule complicate su un pacchetto di sigarette. Arrivato all’Istituto di Fisica, Ettore Majorana spiega la sua nuova idea ma, appena i colleghi cominciano a entusiasmarsi e lo esortano a pubblicare, lui si schernisce, minimizza, e, fumata l’ultima sigaretta, getta il pacchetto. In quel cestino finisce la teoria del nucleo fatto di protoni e neutroni, teorizzata molti anni prima di Heisenberg.

Dati, lettere, atti burocratici si compongono per dare vita a un’ipotesi, quella sul suo destino, tanto drammatica quanto affascinante. Un’ipotesi che si riempie di riflessioni ed emozioni che vanno oltre il documentario e rendono questo piccolo scritto un vero e proprio capolavoro letterario.


È allora possibile immaginare che negli esperimenti e negli studi sull’atomo condotti da Fermi e dai suoi collaboratori, Majorana sia stato capace di scorgere un terribile e atroce presentimento, di distruzione, di morte, di scienza schiava della guerra. Dalle parole di Sciascia prende così vita un uomo che ha sempre rifuggito la fama, che non inseguiva la scienza per svelarla ma in qualche modo sembrava “portarla” dentro di sé; un uomo che potrebbe essere stato condotto, dalla propria coscienza, a una scelta di fuga per non assoggettarsi a una rinuncia ancor peggiore, quella della propria libertà scientifica e morale.

Nessuno di noi sa quale sia la verità nascosta dietro la scomparsa di Majorana, possiamo credere a questa ipotesi oppure no, ma di certo la profondità di questa figura e l’importanza degli interrogativi etici sollevati in queste pagine rendono questo romanzo una lettura davvero interessante.

Giovanni Teresi

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