Tommaso Romano, "La Casa dell'Ammiraglio" (CulturelitEdizioni) - di Vito Mauro

LA CASA DELL’AMMIRAGLIO”. IL COLLEZIONISTA DI BELLEZZA

 

Non importa quanto un racconto possa essere autobiografico perché “nel raccontare una storia spesso si prescinde dalla verità”, anche se racconta un’esperienza umana totale, l’importante è che sia imprevedibile, una lettura che non ti aspetti, così è La Casa dell’Ammiraglio, CulturelitEdizioni, di Tommaso Romano, ti sorprende. Una piccola, piacevole perla narrativa di notevole bellezza, che rimarca il talento dell’Autore.

Dal momento che si ha in mano il volume si percepisce la sua densità, scorrendo avverti che in ogni pagina c’è una frase su cui soffermarsi, alla fine capisci quanto il racconto sia suggestivo e surreale, invita a riflettere con finezza e acume sul significato profondo della vita, dell’aldilà, sul tempo che trascorre, sulla fede, sui rapporti sociali.

Uno scritto straordinario, semplice solo in apparenza, che partendo da una saga familiare approda alla sintesi di una vita terrena, umana, sociale, letteraria. Romano, da eclettico e raffinato intenditore, con la necessità di raccontare passioni, amori, ricordi, fa un elogio al collezionismo: “Collezionare bellezza o assegnare significati agli oggetti è insieme opera di comprensione e di creatività, in un rapporto simbiotico ineguagliabile.”, galeotta per l’Ammiraglio è stata la visita al Vittoriale, “rimanendo costantemente e lietamente fulminato” del “santuario ispiratore di fede nella bellezza”. Un assunto difficile da non condividere, considerato che tutte le collezioni sono una “ricerca della bellezza”.

Il futuro Ammiraglio inizia, sin da subito, a prendere “l’opera del Vate” a modello, creando nel tempo la sua “casanima” o “casarca”, come chiama il “suo domestico pantheon”, per la sua appropriata consuetudine di coniare neologismi. Inoltre, molti oggetti ospitati di cui ricorda la provenienza, comprati in aste di antiquari, nei mercatini, durante i numerosi viaggi o ricevuti in regalo nell’arco di una vita, alcuni dei quali sono stati nel tempo trasferiti nella “Capannetta” della Colonia agricola del Padre Giacomo Cusmano, dove egli concentra soprattutto “materiali etnostorici” e di “tradizione popolare”. Il tutto nell’agognata speranza che niente vada perduto, come spesso avviene alle ordinate raccolte. Pezzi che non hanno mai avuto una loro collocazione definitiva, al punto che per “occhi profani di chi in visita andava” pensava di osservare sempre nuovi esemplari.

Tutte le cose non appena vengono accolte nella casanima acquistano valore e diventano “abitanti silenziosi” della stessa e succede che In una notte oscura, / fra mille ansie, d’amor tutta infiammata, / oh, felice ventura!, la casa s’illumina e si sentono “strani rumori ovvero un misto di voci purissime, canti d’uccelli e qualche miagolio lontano.” La vicenda si ripete qualche tempo dopo: stavolta a guidare le voci è Cometa “un’elegante e delicata statua in marmo a mezzo busto, raffigurante una bimba studiosa china su libro e quaderno. Era stato dono di una persona speciale e di rara sensibilità che aveva gusto, intuito e senso delle cose, ma soprattutto nutriva una singolare devozione per la bellezza.”

L’Ammiraglio, persona dall’intelletto umano e razionale, esita dal continuo manifestarsi di suoni, rumori e voci, soprattutto dopo la perdita dell’affetto materno. Egli che è un amante del silenzio, sentì parlare a turno tutti gli ospiti della casarca ognuno dei quali narra senza finzione la ricerca di una libera essenza spirituale e la propria particolare storia che si tesse sempre, inevitabilmente, con le storie di tanti uomini.  

Diversi letterati si sono cimentati a far parlare le cose senza anima, già Pietro Aretino nella sua opera Le carte parlanti, menziona che la torre che favellò con Psiche, che le nuvole disputar con Socrate, che la prora parlò con Ulisse, a continuare con Guareschi ed altri.

Un romanzo a tratti psicologico, che cattura il lettore sul senso stesso della vita di cui il protagonista “attendendo la fine certa”, continua a proseguire nei suoi peculiari intendimenti e, a seguito del continuo verificarsi di questi eventi, nel dubbio di una nevrosi, consulta prima un “serio piscoanalista”, poi un teologo. Non soddisfatto delle risposte si ritira nella Colonia agricola, dove anche lì una voce simile a quella di Cometa, ma proveniente dalla statua della Madonna custodita nella Cappella lo rassicura, dicendogli che quanto avveniva: “Non è un incanto, non è un sortilegio, non è sicuramente una malattia… l’amore per chi non ha parola… senza utilitaristici ritorni, sarà un atto redentivo vivificante.”

Una narrazione forte, senza fronzoli, essenziale, con una sintesi estrema nel suo arco narrativo, dove molte figure presenti nella casanima dialogano sull’esistenza, sulla quotidianità, sulla fede, fondando così un apologo morale suscitando tanti spunti di riflessione, rendendo una lettura assolutamente interessante, da non perdere. Nel racconto non manca un riferimento al Gattopardo nel vagare serale dell’Ammiraglio affine alla passeggiata notturna del Principe.    

Dopo aver incontrato un “vecchio libero pensatore” che tranquillizza l’Ammiraglio, affermandogli, tra altri concetti, che: “Le cose sono gravide di memoria, più di chi le possiede, sono la vivente espressione di una storia, oltre che essere parte della vita emotiva e del profondo… le cose testimoniano fino in fondo il nostro mutamento e raccontano le relazioni, gli amori, gli umori, gli odori, i sacrifici.”, ma un tormentato sogno lo induce a immaginare “la dispersione delle cose della casanima ad un’asta appositamente indetta”, solo la lettura di un libro le ricorda che “vive uno spirito in ogni cosa” e così si riprendeva dall’angoscia. Il successivo incontro “provvidenziale” con un domenicano al quale dopo avergli descritto “senza timore e infingimenti quanto gli stava accadendo d’inusuale.”, il padre dichiarava l’esistenza del “Mistero. Tutto è possibile nel Creato. Tutto è possibile all’Onnipotenza divina” e lo rassicurava che “sono gli Angeli, esseri puri e incontaminati” che parlano per gli oggetti della casanima. E suggeriva la rilettura di Meditazione sui Santi Angeli di san Luigi Gonzaga, pubblicato dalla cinquantennale casa editrice Thule, che “può essere la chiave di volta per comprendere.” A conferma di quanto detto, nella profonda introduzione al libro del “Vassallo genovese” si legge: “La fede negli Angeli è parte integrante della vera fede cattolica… considerazioni (che) devono avvicinare il nostro cuore alla vita degli Angeli, che sono «a misura di uomo».”

L’Ammiraglio, un personaggio fuori dagli schemi, che ha navigato in immense acque, parla frequentemente di “pochi sodali”, di “pochi amici veri”, tanto da far sembrare la sua storia “una bella favola” dell’uomo senza amici, ma questi ultimi non sono oggetti da collezione, anzi, meno sono, più valore hanno e in fondo l’amicizia esiste anche per chi ci crede poco.

Ne La casa dell’Ammiraglio innumerevoli sono i riferimenti letterari menzionati e selezionate le eccelse citazioni, come nei precedenti lavori di Romano, che oltre a spronare alla lettura ci fa cogliere la rara e impressionante versatilità e disinvoltura con lo spaziare da filosofi a poeti, da scrittori a storici, da pittori a fotografi, insomma un breve romanzo ma una grande biblioteca. Inoltre, il volume è impreziosito da vivide fotografie di Antonio Cusimano che come frontespizi anticipano i capitoli e per non “accontentarsi dell’ovvio, del consueto, del banale”, nella quarta di copertina è riprodotta una magnifica opera di Ilaria Caputo, che sembra una foto, una ripresa video dell’isola di Thule che emerge e solca i mari dell’animo umano, traghettata verso mondi spirituali dall’Ammiraglio che “sta saldo a prua” con le spalle protette da una parete, emblema della casanima.

 

da: “Il Settimanale di Bagheria”, n. 908, Bagheria (PA), 20 dicembre 2020

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