“Caterina Rao, o l’arte come linguaggio d’amore - metamorfosi del linguaggio Pop -“ di Anna Maria Esposito
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- Category: Arte e spettacolo
- Creato: 30 Ottobre 2025
- Scritto da Redazione Culturelite
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Chi conosce Caterina e la sua attività precedente poteva attendersi una continuità rassicurante. Ma l’ultima esposizione, nella tripersonale Immensamente mare (Cefalù, luglio 2025), ha smentito la previsione.
Infatti, nella sala, mi ha accolta una fantasmagoria illuminata, gioiosa.
D’iridescenza suddivisa in squame e scaglie.
Di movimenti trattenuti, che s’intuiscono fulminei.
Una manifestazione artistica piena di gioia.
Perché la forza cromatica della Pop Art ha incontrato il mare.
Come sappiamo, lo stile scelto dalla nostra artista appartiene ad un territorio che molti considererebbero “ingombrante”: la Pop Art.
Esso non è un territorio neutro. È un canale espressivo che pesa come un’eredità, gravato dal confronto con i giganti: Warhol, Lichtenstein, Rosenquist.
Era nata come traduzione pittorica dell’immaginario collettivo: fumetti, loghi, prodotti di consumo, icone mediatiche.
Rao si è sempre misurata con questi elementi senza ridurli a semplice citazione ma ormai come forme mentali. Le linee nette e i contorni marcati, la serialità che moltiplica la stessa immagine con piccole variazioni, le superfici piatte e artificiali, tutto ciò non è soltanto estetica. È un esercizio cognitivo di riduzione e così l’immagine diventa segno, icona, memoria.
E se, per qualsiasi pittore, l’autolimitarsi in una precisa nota stilistica equivale ad una gabbia, lei, invece, l’ha trasformata in possibilità.
Non ha abbandonato la Pop Art, ma l’ha ricodificata.
La sua è una precisa decisione intellettuale prima ancora che estetica; ha esplorato i codici saturi della comunicazione di massa costringendoci a comprenderne i meccanismi e trasformarli nel linguaggio della sua interiorità.
Conduce lo spettatore ad un training attentivo: chiede di fissare il colore primario, il contrasto netto, il ritmo della ripetizione e ci obbliga a comprendere quanto il nostro sguardo sia condizionato da questi schemi visivi.
Adesso qualcosa è cambiato: un passaggio che segna una ricombinazione di schemi.
Ci conduce dentro la mente dello sguardo, là dove il colore diventa stimolo e il segno struttura del pensiero.
La forza cromatica della Pop Art, così “urbana” e artificiale, è stato da lei coraggiosamente interpretato come tema fluido e arcaico. Il grande padre è il mare. L’azzurro si carica di elettricità, i rossi si fanno onde di energia, i gialli lampi di sole sintetico. La serialità diventa movimento, la piattezza si apre a profondità inattese.
Il mare, che è archetipo dell’inconscio, incontra i codici della pubblicità e l’effetto è destabilizzante: ciò che era massa si è fatto intimo, lo stereotipo trasforma in simbolo di vita e splendore.
Rao non ha abbandonato il repertorio Pop: ne riconosce la potenza comunicativa, ma lo decodifica in chiave psichica. Il colore diventa stimolo attentivo, il contorno un ancoraggio percettivo, la serialità una metafora della memoria che ritorna.
Questa metamorfosi può essere letta come un movimento dalla rigidità all’apertura: dal linguaggio pubblicitario al linguaggio archetipico. Non più soltanto segni “che rappresentano se stessi”, ma segni che rimandano al mare interiore, alla vastità dell’immaginazione.
La Pop Art, con il suo codice industriale, non era per lei un limite, ma un campo di battaglia cognitivo. Le ultime opere dimostrano che da quella battaglia è emersa una nuova, sorprendente, affascinante libertà.



Caterina Rao è nata e risiede a Palermo.
Cresciuta nella Palermo degli anni Settanta, ha attraversato una formazione solida – dal diploma in arte applicata all’Accademia di Belle Arti, fino alle incursioni nel design e nella moda –.
Ha anche ottenuto una qualifica biennale come figurinista-modellista al CEFOP ed ha seguito corsi di architettura presso l’Università di Palermo .
È dotata di una personalità poliedrica: è pittrice, decoratrice, creatrice di monili, fotografa, speaker televisiva.




