Franco Lo Cascio, Palazzo Jung, novembre 2019 – Anna Maria Esposito

 
 
La bella mostra di Franco Lo Cascio a Palazzo Jung ha valorizzato questo spazio aperto al pubblico, nel quale si susseguono eventi di alterno valore;
 
L’importante esposizione del Maestro è stato un evento con il quale egli ci conferma l’assoluta padronanza  dei mezzi pittorici, con la tecnica che ci è già familiare, la solidità del suo stile personale e la coerenza del suo percorso ormai ultradecennale, contributo storicizzato al mondo culturale palermitano.
Questa mostra di grandissimo spessore ha trasformato lo spazio in una raccolta di scene teatrali.
Anche il momento inaugurale è stato organizzato con cura, concepito come un racconto. Una vera festa, nella quale la successione dei momenti è stata preparata attentamente.
Lo Cascio si è preso cura del suo pubblico con l’intento di condividere il suo mondo interiore, come fra vecchi amici. Ha ricreato un ambiente, che, a chi conosce le sue opere,  è ormai familiare, un tabeaux vivant, nel quale due delle sue donne, avvolte in abiti scintillanti e serici, hanno preso vita, suonando e danzando; davanti ai nostri occhi si è materializzata una delle sue scene caratteristiche.  La poltrona rossa che vediamo in molte sue opere esiste davvero, ed è stato il centro della danza della ballerina che descriveva il suo sonno animato da sogni femminili.
Conclusa la presentazione, ho deciso di rimanere, per lasciarmi permeare dalle emozioni, così come mi è usuale: cerco di restare sola, approfittando degli orari più insoliti o fortuiti.
Mi sentivo come un pesce nell’acqua, mentre assaporavo l’atmosfera per me familiare.
Conosco il maestro da una quantità innumerevole di anni e fa parte della mia interiorità.  E’ lui il responsabile della scelta fondante della mia vita.  Io ero una ragazzina alle medie, e lui, il professore, portava noi ragazzini all’aperto davanti la scuola,  creando degli eventi estemporanei che bloccavano i passanti (quando ancora la scuola era il luogo dove l’artista poteva esprimersi liberamente).
Disegnava sui marciapiedi; era il  suo periodo delle “macchine”.
Creava immagini metafisiche e siderali, che da allora hanno plasmato il mio immaginario.
Il suo anticonformismo mi ha mostrato che esiste un modo di vivere particolare, che è quello dell’artista. Ho scoperto che l’Arte è la sede della libertà.
Nel mondo dell’Arte, infatti, vigono regole differenti;  un mondo parallelo che vive fuori dal tempo quotidiano, un mondo “altro”,  creato dalla mente.
Ho scoperto che l’artista ha la libertà di fare ciò che gli altri neppure immaginano.
E da lì l’Arte è diventata il mio mondo ed è iniziata la mia strada di approfondimento dell’espressione artistica, soprattutto della pittura e della scultura.
Così, nel pomeriggio dell’inaugurazione, mi sono riconnessa alla mia anima ragazzina. Ho riportato alla memoria il suo sguardo da sotto in su, mentre disegnava sul marciapiede, e poi alzava il viso.
I soggetti di allora erano insoliti, molto diversi da quelli di adesso; egli era un giovane del suo tempo, ed era l’epoca degli Apollo, dei primi viaggi nel cosmo: e dipingeva uomini-macchina, ingranaggi metallici, crocifissi cosmici, astronavi e figure scorciate viste dall’alto.
Certamente questo è stato per me una sorta di imprinting e, dopo molti anni, il mondo dell’Arte è diventato il mio mondo.
Ma torniamo all’esposizione. I quadri prospettici di Franco Lo Cascio sono pieni di porte, soglie, orizzonti, muri, tende, sipari, letti, divani.  I personaggi immobili, in posa, raccontano di eventi per loro fondanti. Eventi misteriosi, che nessuno mai decodificherà per noi. Il Maestro ci invita ad analizzarli e scoprirli con i mezzi della nostra fantasia. Ed ogni lettura è quella giusta. Il suo scopo è quello di introdurci nel suo mondo o, meglio, nel mondo di questi personaggi.
Cerca la grazia e ha scelto, per rappresentarla, il corpo femminile giovanile. Flessuoso, plasmato dalla danza.  Abbigliato con tessuti molli e serici che lo valorizzino. I simboli si susseguono: fondi scuri, lenzuoli bianchi, sangue, fiori, frutti, strumenti musicali, pianeti, conchiglie, animali rari, macchie geometriche ed iridescenti, composizioni di piante.
C’è sempre un “oltre”. Qualcosa da scoprire: oltre sta la verità, l’eternità. I suoi personaggi sono guide che condurranno verso l’ignoto chi è curioso, chi rinuncia alle piccole certezze della vita comune fatta di banali eventi quotidiani.
Il vero artista è un “sacerdote” che entra in contatto con un mondo misterioso, ma che lui vede chiaramente e, con pazienza, si sforza di introdurci ad esso.
Così, fermarsi alle immagini è privarsi di buona parte della comprensione dell’opera; occorre lasciarsi permeare da esse, bere i loro colori, lasciare che queste giovani donne ci conducano nella danza muta, nel luogo dove ci hanno già condotto i poeti, i danzatori, i musici. Abbandonarsi all’Arte, questo è il segreto. Così potrà nutrire la nostra anima per fare di essa uno spirito senza confini e gentile.
Cinquant’anni di carriera artistica. Il mio è un omaggio grato all’uomo che decenni or sono ha influenzato la mia vita. Da allora molti artisti ho conosciuto e spesso mi hanno incantato con la loro poesia. E’ caratteristica dell’Uomo trascendere se stesso ed è miserabile chi si priva di questa trascendenza. La vita vera è al di fuori di noi stessi, fuori dal tempo. Soltanto chi è libero, come deve esserlo un artista, può aprirci la porta, farci varcare la soglia di questo mondo eterno. Franco Lo Cascio, nei suoi anni di fatiche e successi, ci ha certamente condotto in questo viaggio.
 
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