“La magia del possibile in Luciano Accomando” di Maria Patrizia Allotta
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- Category: Arte e spettacolo
- Creato: 22 Gennaio 2024
- Scritto da Redazione Culturelite
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“Di tutte le meraviglie della natura
e di tutte le magie possibili,
quella più sorprendente,
è l’uomo.”
Sofocle
Non è semplicemente un film. Molto di più.
Dono inaspettato dettato dallo stupore e dalla meraviglia.
Pneuma ancestrale di straordinaria preziosità capace di elargire vigore e speranza.
Quadro acquarellato in cui le tinte lievi e delicate si confondono con i plagi decisi e forti.
Compendio di filosofia dove l’etica e l’estetica si fondono dando energia non certo all’apparire ma sicuramente all’esserci.
Sembra come carezza delicata, sospiro piacevole, disegno atavico.
Si mostra affine all’armonia e allo stile.
Appare come arca insolita per allontanare il male e raggiungere il bene.
Monito morale che rimanda sia alla necessaria liberazione dalla violenza e dalla volgarità, sia all’invocato riscatto sociale per la vittoria della dignità umana, sia alla celebrazione dell’arte che diviene elemento primordiale indispensabile per il trionfo del bello e del vero.
Tappeto musivo insolito dove ogni tessera ha una ragion d’essere secondo una visione totalizzante che partendo dal particolare e dal soggettivo arriva all’oggettivo e all’universale secondo un sentiero raro di straordinario incanto.
Così Scianél non è semplicemente il titolo di un film o il nome di una protagonista è, piuttosto, segno dell’attesa, simbolo della fiducia, orma del sogno, emblema dello splendore giovanile racchiuso nello sguardo e nel sorriso di una incantevole Giulia Fragiglio.
E lo Zen non rappresenta un qualsivoglia quartiere ma l’universo mondo costellato, sempre, ora da volgarità, miseria e trivialità, ora da eleganza, stile e distinzione così come solo una città di nome Palermo può racchiudere e vantare emblematicamente.
Il nonno poi, con vuole significare soltanto l’affetto domestico, né l’idioma siciliano, neppure il costrutto tipicamente palermitano, ma anche l’afflato familiare, il riciclo generazionale e, soprattutto, il necessario compromesso esistenziale magistralmente espresso - senza giravolte ed orpelli, né infingimenti e neppure maschere - da uno splendido Lollo Franco la cui professionalità diviene alto magistero.
Lungo la “pellicola”, immagini e suoni, allora, danzano secondo una melodia delicata capace, comunque, di inneggiare la filosofia dell’oltre sposata e condivisa dai cinquanta giovani detenuti dell’istituto penale minorile Malaspina di Palermo - i veri protagonisti - i quali, sapientemente hanno suggerito la sceneggiatura, le battute dialettali, la realizzazione del set e i disegni fantastici che animano - così come in una fiaba - lo stesso film che sembra sintetizzare la saggezza di Friedrich Nietzsche secondo il quale “Chi ha un perché per vivere sopporta ogni come”.
Allora, un vero culto spirituale quello del regista Luciano Accomando il quale - forse inconsapevolmente, facendo leva sulla sua inconsueta professionalità e facendo tesoro della sua stessa anomala sensibilità - andando contro ogni forma di nichilismo e in nome della possibile magia, surge dal quotidiano, dal materiale e dal contingente per arrivare all’immanente, al trascendente e al metafisico grazie ad una visione tutta in verticale che svetta verso l’alto raggiungendo le elevate sommità dell’ethos e del pathos.
Sigillum di un quando, simulacrum di un dove, Kalòs di uno spirito indomito - qual è quello del registra Luciano Accomando - che baciato da singolare ardore vitale e da rara passione epifanica riesce a celebrare, quasi in punta di piedi e a fior di labbra, la luce contro il buio e la vita contro la morte.