Tommaso Romano, Togo, "NOVE per NOVE" (Ed. Thule - Ex Libris) - di Giovanni Teresi

Il testo offre al lettore un’armonia di parole e colori d’immagini uniti da una musicalità espressiva prettamente mediterranea. Anche se i due ricercatori hanno la loro compiutissima esistenza artistica indipendentemente l’una dall’altra, “il linguaggio delle impressioni poetiche di Tommaso Romano e l’accensione della tavolozza del Maestro Togo stanno nella stessa isola, il cui sentimento si può scrivere e descrivere, il pensiero può trovare parola e immagine per far vibrare completamente la loro eclatanza: parlare i colori e tingere le frasi.”, come giustamente attesta, il Fondatore del Realismo terminale, Guido Oldoni nella sua prefazione.
L’accostamento analogico tra letteratura e pittura è una costante del pensiero occidentale, variamente interpretata da ogni epoca e tradizione nazionale a seconda dei contesti artistici e letterari. Il greco Simonide di Ceo definisce la pittura “poesia muta”e la poesia “pittura che parla”, un concetto rielaborato da Orazio, che lo fissa nella fortunata formula ut pictura poesis (Ars poetica, 361), da cui si dipaneranno le riflessioni di molti artisti e pensatori: dal polemico Leonardo, sostenitore della superiorità “impressiva” della pittura, al più conservatore Giambattista Marino della Galeria e delle Dicerie sacre, fino alla visione unitaria, di ascendenza illuministica, dello scrittore e filosofo Gotthold Ephraim Lessing.
Il legame profondo tra poesia e pittura, tra suono e immagine, la corrispondenza tra suono e colore, tra parola e figura costituisce il nucleo centrale del libro “Nove per Nove”, Edizione Fondazione Thule Cultura – Ex Libris, febbraio 2024.
I versi del poeta Tommaso Romano sono suoni articolati nel tempo: “Abbandono/nel cuore del tramonto/imminente/il corpo mai domo/l’anima veglia/e senza alcuna fretta/scruta e rimanda/ancora la consuetudine/all’aurora/sempre colma di flebili luci/data che gli Dei/ non m’abbandonano” (Corpo mai domo).
È innegabile che molte poesie sono nate da un quadro ed è vero anche il contrario, cioè che molti dipinti o disegni hanno ispirato parecchie poesie. Ma attenzione però: trasformare un quadro in poesia non è semplicemente descrivere quel quadro in forma di versi, questo implica il passaggio attraverso l’emozione. L’emozione suscitata nel pittore Togo da un particolare, da un paesaggio o da una precisa scena viene rappresentata nei suoi dipinti, questa, agli occhi di chi lo guarderà, genererà altre emozioni leggendo le liriche di Tommaso Romano affiancate sapientemente ai colori vivaci dei quadri del Maestro. Il pittore, come il poeta, crea spinto da un’emozione e sia un dipinto sia una poesia tentano di trasmetterci quella stessa emozione.
Andando un po’ indietro nel tempo, Plutarco precisa questa affermazione: “Simonide definisce la pittura una poesia silenziosa e la poesia una pittura che parla, giacché le azioni che il pittore mostra mentre si producono, le parole le riferiscono e le descrivono quando si siano prodotte” . Simonide non intende solo sottolineare, tramite questa assimilazione, il carattere artificiale e sapiente del lavoro di combinazione che il poeta compie con le parole, ma anche attribuire al prodotto del proprio canto poetico lo stesso valore di stabilità e di monumentalità, la stessa “realtà” delle opere dello scultore e del pittore.
Il grande illuminista Gotthod Ephraim Lessing (1729- 1781) mette in evidenza le peculiarità semiotiche delle due arti collegandole alla distinzione spazio-tempo: “La pittura rappresenta oggetti che esistono uno accanto all’altro, insomma corpi con le loro proprietà visibili, la poesia: oggetti che seguono uno dopo l’altro, o le cui parti seguono una dopo l’altra, cioè “azioni”.
Il senso del tempo e del suo divenire è espresso bene nella lirica: “Invocata Sirena” di T. Romano:
“… il mare del silenzio/colma la notte come sempre insonne/e mattini caldi/diffcilmente sopportabili/sanno ora di brezza./E s’allontana,/almeno/leggendo del mare/l’ignavia affaccendata/nei giorni sempre eguali/l’interrogante silenzio/ delle lontananze sconfitte,…”
La poesia riguarda il tempo perché essa è movimento, progressione, passaggio.
L’eterna bellezza dei tempi/ cantò Juan Ramòn Jiménez/ e crediamo al poeta/ ma il tempo in sorte/fu assegnato al tempo/ed è un lampo volubile/fattosi saetta/che rimbombando fra i vetri/nessuno avrà cura/di rammentare,/neppure di cortesia un saluto. (II Stanze di T. Romano)
É dunque impossibile non notare una profonda e intima corrispondenza tra la poesia e l’immagineche si dirama nella storia.
La poesia è/una foma di ritratto/d’altri/un autoritratto/che vogliamo consegnare/facendoci scudo/del nostro umanissimo/errare/per poi assegnare/alla sera umida,/caro Gonzalo,/del mezzagosto infinito/i nostri interroganti rimpianti. (II Stanze di T. Romano)
Raddoppiare il godimento visivo attraverso l’esercizio intellettuale, “spiegare la bellezza con la bellezza”, in questa formula si condensa la forza dell’ékphrasis. Questa, giocando sul terreno della liminalità spazio-temporale, descrive narrando, evoca simultaneamente una dimensione spaziale e tuttavia  rimane ancorata alla temporalità del discorso, riuscendo così a realizzare la complicità tra poesia e pittura.
Il Maestro Togo, con la sua pittura calda, fa vivere i soggetti come privi di dettagli, uniti da una musicalità. La sua è un’arte ha anticipato le transavanguardie, una campitura che prelude a quello che oggi chiamiamo il cambiamento climatico. (Guido Oldani)
 
 
Nelle opere pittoriche del Nostro, la luce fissa rapporti ben precisi nello schema compositivo assumendosi una funzione costruttiva. Così, l’oggetto viene riconsiderato da angolazioni inedite, astraendo sul tessuto della pittura stessa. Togo va alla ricerca di quella funzione nuova della luce che non perda in identità visiva, organizzando l’immagine nell’ambiente, in più occasioni identificandola con l’ambiente, facendone la sostanza stessa dei vari piani della composizione per guadagnare in profondità.
L’orizzonte/si misura a vista/fra le scogliere di terracotta/un tappeto ai piedi/di sinuosi disegni caucasici/il sofà che fu delle muse/il mare piccolo a fronte di Mothia/e l’oceano lontano,/resta.”
(II Stanze, di T. Romano)
È impossibile non notare una profonda e intima corrispondenza tra la poesia e l’immagine ripercorrendo gli studi delle arti e delle opere letterarieche si estende nella storia andando dalla descrizione omerica dello scudo di Achille, dalle descrizioni degli alessandrini, dalle “Imagines” di Filostrato il vecchio, alla descrizione dei rilievi marmorei nel X canto del Purgatorio di Dante, via via fino alle “Grazie” di Foscolo, alle poesie di Keats, ai “Calligrammi” di Apollinaire, per giungere alle analisi di Foucault ne “Le parole e le cose”. Questi sono solo alcuni esempi a dimostrazione di come pittura e poesia abbiano in realtà sempre proceduto ad egual passo, in fraterna emulazione di intenti seppur tramite differenti mezzi espressivi. 
“Nove per Nove” è un testo dove il dialogo è poesia nei testi poetici di Tommaso Roamno, che sembrano alzare le tele in giornate multicolori, di brina e di calura, di orizzonti di difficile decifrazione; è pittura nelle opere di Togo dove le immagini ora si affiancano, ora si dipartono nel medesimo fazzoletto di cielo e di acqua marina. 
 
Da sinistra: Giovanni Teresi, Togo, Tommaso Romano
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