"A proposito di abitudini alimentari non solo cinesi" di Carmelo Currò

Ma i Cinesi mangiano davvero topi vivi? La frase attribuita a Luca Zaia che ha sollevato le ire di Pechino, ha trovato qualche riscontro in un video in cui si vedrebbero topolini in un piatto e alla notizia secondo cui i Cinesi mangerebbero o avrebbero mangiato topolini appena nati, con la precisazione che quest’abitudine alimentare sarebbe ora proibita.
Non entro nel merito della questione, non avendo altri solidi punti di indagine. Ma certamente i Cinesi non hanno fatto mai mistero per la fantasia della loro cucina. Un proverbio locale recita che i Cinesi mangiano qualsiasi cosa abbia due gambe e non sia un loro parente e qualsiasi cosa ne abbia quattro e non sia un tavolo.
Questo divertente modo di dire, in realtà nasconde secoli di vicende negative. Epidemie, invasioni straniere, inondazioni, carestie, in più occasioni dovettero mettere a dura prova le possibilità di reperire gli ingredienti e l’inventiva delle popolazioni. Si mangiava quel che si trovava, cucinato alla meglio. In Scandinavia durante le carestie si grattava la corteccia degli alberi per mescolarla alla poca segale. Nel 1742 fu presentata all’Amministrazione reale di Copenaghen una serie di prodotti di emergenza provenienti dalla Norvegia, fra cui pane ottenuto con la pula del grano, ossa carbonizzate o corteccia di pino. Ma in quest’ultimo Paese si usava anche mescolare al grano corteccia di olmo per prolungare le scorte.
Nell’America dei pionieri si mangiava quasi tutto quel che si trovava, e un programma televisivo gastronomico ha mostrato recentemente come si cacciano scoiattoli o corvi, ben cucinati secondo l’uso dei colonizzatori. I serpenti, già consumati dai Cinesi, sono però anche alimentazione comune di altri popoli d’Africa e dell’Asia. Senza contare che sia in India che in Africa alcuni amministratori hanno consigliato allevamenti di ratti campagnoli che si nutrono di piante e non di rifiuti urbani. Del resto i romani e le persone del Rinascimento amavano la carne di ghiro affogata nel vino; e ancor oggi molti cacciatori non disdegnano la carne di volpe dopo una lunga marinatura. E che dire delle squisite preparazioni di rana o di lumache che vengono ritenute squisitezze in tante parti d’Italia e della Francia? Con lungimiranza sacra, gli Ebrei avevano invece la nota serie di tabù alimentari, in modo che il divieto religioso eliminasse dal popolo il pericolo di mangiare carni o frutti di mare potenzialmente pericolosi.
Il padre di un amico mi raccontava che da ragazzo, nel corso della seconda guerra mondiale, trovò nel cavo di un albero alcuni pulcini di civetta che finirono in pentola, vista la scarsità del cibo a disposizione. Ma ricordo che da ragazzino sentivo ancora i racconti di non pochi anziani i quali avevano visto che in famiglia si preparava spezzatino di topo per i bambini incontinenti. Un uso che ho riscontrato anche nelle valli del Veronese. Ma niente paura: pare che con la diffusione (tardiva) del pomodoro, la ricetta prevedesse topo alla pizzaiola.
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