Antichi “consigli politici” di Plutarco sempre attuali per la loro saggezza. Commento di Giovanni Teresi e scelta dei brani più significativi

 

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Plutarco 

 

L’impegno politico-cittadino di Plutarco rappresenta bene la coscienza di sé e dei gruppi dirigenti della città del mondo greco dominato ormai da Roma e aspiranti a un condominio intellettuale del grane “orbe romano”. La stessa idea delle “Vite parallele” – l’opera che ha dato stabilmente a Plutarco un posto di primo piano nella letteratura mondiale – si spiega nella prospettiva di parità o pari dignità. Di fronte alla questione, di primaria importanza, dell’atteggiamento da tenersi nei confronti del potere romano, Plutarco non perde mai di vista i rapporti di forza.

Nei Consigli politici questo è il motivo dominante.

Il pretesto da cui prende spunto il trattato – composto poco dopo la morte di Domiziano – è l’imminente assunzione di un ruolo politico, a Sardi, da parte di un conoscente di Plutarco, Menemaco, il quale gli ha chiesto consigli:

In qualunque carica uno entri, deve ripetere a se stesso: comandi, ma sei a tua volta comandato” E ancora:

Comandi su una città sottoposta a proconsoli, luogotenenti di Cesare, devi imitare quegli attori i quali trasmettono all’azione drammatica sentimenti, carattere, dignità loro propri,tuttavia ascoltano il suggeritore e no trasgrediscono i ritmi e i limiti del potere concesso da chi esercita il dominio”.

 

Si può immaginare lo studio di Plutarco come un immane schedario delle sue innumerevoli e fruttuose lettere. Alla fine della sua vita egli ebbe intorno a sé scolari di quella sua immensa opera: 227 scritti secondo il cosiddetto “Catalogo di Lampria”.

La tradizionale vita delle città del mondo ellenizzato, ormai inquadrato da Roma in un sistema imperiale-provinciale, proseguì nella nuova cornice statale, serbando le avite istituzioni ivi compresi i ginnasi e le relative biblioteche, che anzi imperatori illuminati come Adriano potenziarono. Plutarco esprime bene questo scivolamento in senso provinciale della politica pur mai interrottasi nelle città greche. Così si spiega la duplice direzione del suo pensiero: da una parte cerca di comprendere la natura effettiva del potere del princeps , dall’altra continua a pensare alla lotta politica come uno scontro ravvicinato e tutto “cittadino”. Quando parla dei partiti, gli sovviene un episodio istruttivo che a lui sembra emblematico:

Una volta un capo popolare dell’isola di Chio, che si chiamava Demo, non permise, dopo aver vinto, al suo partito,di scacciare i nemici. Lo faccio – così disse – per evitare che una volta liberatici dai nemici cominciamo a scontrarci tra di noi” (Consigli politici, cap. 16)

Nelle città greche del tempo della loro autonoma grandezza, l’espulsione dell’avversario era la norma. All’epoca di Plutarco tutto era cambiato. Il suo ammonimento vale ancora ben oltre il suo tempo.

Nel rendere e porgere la patria sempre pronta ad assecondare coloro che ne hanno il dominio occorre che il politico non arrivi al punto di abbassarla né, dal momento che ha già i ceppi ai piedi, farle sottomettere anche il collo, come alcuni, che a furia di sottoporre le questioni più piccole e quelle di maggior rilievo ai legati imperiali, rendono più ignominiosa la loro servitù e ancor più le sottraggono ogni forma di governo, rendendola attonita, timorosa, e totalmente esautorata … E la causa di tutto questo va ricercata soprattutto nell’arroganza e nella brama di eccellere dei maggiorenti: … infatti, nelle controversie, non intendendo avere la peggio tra i cittadini, ricorrono ai superiori; ed è proprio di qui che il consiglio, il popolo, i tribunali e ogni carica pubblica perdono la loro autorevolezza” (Consigli politici, cap. 19)

Il politico deve tenere calmi i cittadini comuni con l’eguaglianza, quelli influenti con mutue concessioni, trattenere e cercare di dirimere gli affari nell’ambito della città, applicando loro una cura politica come a malattie indicibili, desiderando piuttosto cedere di fronte ai suoi concittadini che vincere con offesa e violazione dei diritti della propria patria …

La scelta del politico dunque sia quella in grado di mantenere la sicurezza che rifugga da ogni turbamento e follia di vanagloria. In questa disposizione si trovino elevato sentire e “un coraggio che sa osare molto” in avvenimenti e circostanze difficili,resistono e lottano senza quartiere. Non deve essere lui a suscitare le tempeste, ma nemmeno a ritirarsi una volta che siano sorte, e non deve scuotere con pericolo la città, ma recarle sostegno quando sta per crollare e corre gravi pericoli, sollevando, per così dire, l’ancora sana della sua libera parola nelle traversie più gravi.” (Consigli politici, cap. 19)

“Io penso che anche le api si troverebbero in migliore condizioni se accogliessero volentieri e si lasciassero avvicinare da coloro che le nutrono e le curano, piuttosto che pungerli e avventarsi contro di loro. Ora invece gli uomini le castigano con il fumo, e governano, dopo averli costretti con morsi e collari,  cavalli violenti e i cani ribelli. Nulla invece rende l’uomo docile e sollecito nei confronti dell’uomo se non la fiducia nella sua benevolenza e la fama della sua dirittura morale e del suo senso della giustizia.” (Consigli politici, cap. 28)

 

Questo è appunto il primo e il più grande bene insito nella buona fama dei politici, la fiducia che apre loro accessi ai pubblici affari; il secondo si trova nella benevolenza del popolo, che per i buoni è un’arma contro i detrattori e i malvagi.

 

Disse bene colui che per primo affermò che il popolo era stato guastato dal primo che l’aveva corrotto con denaro, e comprese che le masse perdono la propria forza quando si rendono inferiori al continuo accettare donativi: è necessario pure che i corruttori pensino di rovinare se stessi, quando, comprando la loro gloria con grandi spese, rendono forte e tracotante la plebe, che ritiene di essere padrona di dare ma anche di togliere una cosa tanto importante.” (Consigli politici, cap.29)

Pensa che i maggiori beni da desiderarsi per la città sono la pace, la libertà, la prosperità, l’incremento del popolo, la concordia …” (Consigli politici, cap. 32)

Come un incendio spesso non comincia da luoghi sacri e pubblici, ma una lucerna, dimenticata accesa in casa, o fogliame ammassato che brucia provocano abitualmente alte fiamme che determinano pubbliche calamità, così non sempre le contese per i pubblici affari danno origine in una città al fuoco della sedizione, ma spesso i dissidi che provengono da questioni e contrasti privati in ambito pubblico sconvolgono l’intera città, non di meno al politico conviene curarli e prevenirli, affinché in parte non sorgano assolutamente, in parte cessino immediatamente appena sono sorti …” (Consigli politici, cap. 32)

Giovanni Teresi

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