Paolo Ruffilli presenta l'ultimo romanzo di Tommaso Romano "La casa dell'Ammiraglio" (CulturelitEdizioni)

 

 

 

Tutto sembra immobile ne “La casa dell’ammiraglio”, dominata da una quantità immensa di sculture, porcellane, gessi, quadri, stampe, arazzi e tappeti, mobili, ma la realtà è diversa dalle apparenze. Se ne dovrà accorgere l’imponente protagonista del romanzo di Tommaso Romano, a riposo dalla Marina di Stato dopo una degna carriera, impeccabile in divisa e poi in abiti civili, sempre elegante, “instabile nei sentimenti d'amore... e poi acquietato nella routine”, giudicato anaffettivo per il suo apparente distacco dalle persone ma con una sua passione per gli oggetti.

Sì, eccola la sua vera grande passione, quella che gli ha fatto “studiare la psicometria, disciplina che indaga la capacità di captare vibrazioni inconsuete attraverso il contatto con gli enti materiali”. 

È un collezionista nato o, magari, cresciuto di riflesso a specchio: abbagliato e avvinto dopo la visita da ragazzo al Vittoriale degli Italiani di D’Annunzio, che in qualche modo ne ha con il fascino delle sue parole anche influenzato la scelta del mare e delle navi. Suggestionato non poco dal sommo vate, se ne è poi comunque distaccato dietro ad altre letture, da Huysmans a Xavier de Maistre a Flaubert a Barbey de Villeus del Isle Adam, ma anche a Dostoevskij e a Byron, coltivandosi l’immagine particolare di un dandy riservato, preso dal desiderio di possedere il bello, “ma avulso dall’ostentazione, dalla mediocre finzione e dalla banale esibizione” nella ricerca di una personale perfezione.

Del tutto particolare l’Ammiraglio è anche come straordinario “collezionista”, nella necessità sentita e vissuta di “abbandonarsi alla vita dell’oggetto”, secondo le parole di Hegel. Della sua dimora privilegiata ha fatto la sua “casanima”. Una dimora esclusiva, quasi museo e tempio privato, che pure lascia per altre case in cui vive, quella familiare che condivide con la moglie, o quella di campagna dove passa il tempo “fra pietre ed erbe e qualche buon frutto”.  Ma niente, naturalmente, è per l’Ammiraglio pari alla “casanima”, che rimane “il “luogo” in cui l’esistenza” prende “un vero senso” per lui che l’ha nel tempo costruita a immagine di un suo ideale superiore.

Noi lo sappiamo che un collezionista, di qualsiasi genere, raccoglie e conserva ben più che semplici oggetti, non solo cose ma vere e proprie presenze, essenze. Le qualità segrete delle cose sopravanzano sempre quelle evidenti. C’è un movente nascosto che scatena il gusto e la smania e fa crescere il sogno a dismisura in chi si dispone a raccogliere per collezionare.

L’Ammiraglio magari non se ne rende conto, ma è un fatto che nella sua esperienza lui non passa mai da un’infatuazione all’altra. Ognuna delle cose che ha conquistato continua a tenerlo legato a sé con il suo fascino, con le sue qualità straordinarie. Non c’è alternanza ma contemporaneità. E da collezionista ama “ricapitolare - soggiornando di volta in volta in una delle stanze che sceglie secondo gli umori e gli interessi - la storia di ogni oggetto”. Ecco, “dopo l’intuito e l’innamoramento”, stratificarsi in lui “il senso del possesso” tuttavia mai fine a se stesso. 

Ma l’Ammiraglio è anche un cultore di letteratura, pagine piene per lui di riferimenti ideali: da Leopardi a Pascoli, da Gozzano a Lucini, da Arturo Onofri a Corazzini a Dino Campana, da Federico Tozzi a Giovanni Papini e Ardengo Soffici, autori sui quali riflette trascrivendo impressioni e considerazioni in un suo libro mastro, ritirato fuori periodicamente dal cassetto in un percorso di continuo approfondimento e di autocoscienza.

A un certo punto del racconto l’autore ci porta al culmine e insieme alla svolta della carriera di collezionista dell’Ammiraglio che, fino a quel momento, ha creduto “che il dialogo segreto con gli abitanti della sua casanima fosse nient’altro che un solitario monologo”. Mai avrebbe pensato ad una trasmutazione di Cometa, la statua di marmo di una fanciulla entrata nella sua collezione, “in voce di anima viva, maestra d’incanto dei suoi sodali immobili”.  Se ne accorge una notte. Immagina però di aver sognato, il giorno dopo, ma si dovrà convincere assistendo di persona ai discorsi che Cometa mette in moto con gli altri oggetti, rivelandogli che tutti loro, proprio per merito suo e della sua capacità di scegliere, “sono sostanza viva della bellezza”.

 “Smarrito rispetto alle sue radicate convin-zioni e abitudini, frutto del realismo della ragione che praticava quasi come una religione”, l’Ammiraglio pensa allora di rivolgersi a un vecchio prete, teologo nella locale Facoltà, che lo tranquillizza sulla veridicità dell’esperienza che ha fatto, come poco dopo gli dà conferma addirittura la voce della Madonna che si leva nella Cappella a confortarlo in quella sua missione in nome della bellezza, che gli riconoscono gli oggetti della “casanima”.

L’Ammiraglio tuttavia dubita, riconoscendo come sua condanna l’aspirazione alla perfezione dell’impossibile. Quelle esperienze straordinarie fatte nella “casanima” accendono in lui il desiderio di riprendere i contatti con alcune persone che erano state significative nel passato. Non lo delude Bellanti, un vecchio professare cultore di esoterismo, e neppure padre Nuaranti, anche lui esperto di pratiche esoteriche: entrambi tendono a riportare nella pratica del possibile gli eventi fuori dall’ordinario di cui è stato partecipe e testimone.

La vicenda narrativa si compie nella finale visione dell’Angelo, che l’Ammiraglio ha prima di addormentarsi “fuori dal tempo” e la frase che pronuncia ne illumina l’improvvisa consapevolezza: “Ho compreso che lo Spirito soffia dove vuole, ho visto lo straordinario, ho sentito le voci dell’anima che in voi hanno avuto l’Eco della comprensione e della compassione anche per me, in queste stanze che tanto ho amato e amo.”

Con la competenza di chi conosce il mondo degli scrittori e quello delle arti, Tommaso Romano racconta la drammatica storia della vocazione estetica del suo protagonista, vissuta nella ricomposizione dell’apparentemente insanabile frattura tra l’aspirazione ideale e la realtà, in pagine ricche di implicazioni psicologiche e filosofiche e piene di suggestioni. “La casa dell’ammiraglio” è un romanzo sorprendente in cui l’autore realizza una misura originalissima che si appoggia stilisticamente a passaggi focalizzanti per creare effetti soprattutto visivi e percettivi e suggerire alla lettura immagini ed atmosfere coinvolgenti, costruendo una dimensione intrigante di radiografia del profondo e di intensa interrogazione metafisica.

Paolo Ruffilli

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