Giuseppe Mazzara: "Platonismo ed Eraclitismo nella visione del bello in “L’airone celeste” di Tommaso Romano"

 
Omaggio
al poeta airone che,
come il filosofo del Teeteto,
guardando le Idee,
riesce a misurare da lassù,
dall’Inifnito celeste,
– per dirla con Pindaro e con Platone –
«“la profondità della terra”
e la sua superificie» (173e5-6).
 
Premessa
 
Diverse volte ho provato a scrivere qualcosa sugli aspetti filosofici della poesia di Tommaso Romano in L’airone celeste senza riuscirci. Ci riprovo ancora, spero questa volta di essere più fortunato. Il fatto è che la poesia di T.R. è talmente intimistica, intricata e profonda, oltre che molto allusiva, metaforica e dotta, che se la si prende da un lato sfugge da un altro lato. Fra l’altro ci vorrebbe uno scrittore non estraneo alla poesia come sono io e dalla penna molto più duttile della mia quale io proprio non ho. Farò quello che potrò.
Per facilitarmi il campo ho scelto di delimitarmi a due temi che mi sono sembrati in vari modi presenti in diverse poesie e che talvolta si intrecciano tra di loro.
1) Il primo tema è quello che si può ricondurre ad Eraclito: a) il filosofo cosiddetto “oscuro” (22-DK-B 10); del panta rhei, “tutto scorre” (Platone, Cra. 402a2-8); b) ma anche del logos che sta sempre sotto a quello che scorre (22-DK-B 1,50,72); e c) della famosa sentenza: «Per quanto tu vada non potresti trovare (ouk an exeuroio) i confini dell’anima, essendo impercorribile ogni via (pasan epiporeuomenos hodon); così profondo ha il logos (hautō bathoun logon echei)» (22-DK-B 45).
2) Il secondo tema è quello che si può ricondurre a Platone, il filosofo: a) delle Idee come condizioni di conoscenza (Fedone); b) dell’Idea del bello che si presenta d’improvviso agli occhi della mente di chi la cerca con il giusto metodo (Simposio); c) dell’occhio della mente che guarda se stesso nella propria coscienza (o anche nella scrittura, dirà T.R.) (Alcibiade I); d) della nominazione che, per un verso, rigetta l’identificazione della cosa con il nome (Cratilo), per un altro, equipara i logoi (che sono costituiti da nomi) agli erga (Fedone).
Degli aspetti riguardanti la trascendenza e l’immanenza dell’Idea del bello di Platone e della concezione del logos di Eraclito relativa all’anima me ne occuperò principalmente nella Parte II.
Nella Parte I, invece, metterò in evidenza l’uso di tre tipi diversi di kairos inteso come “momento” o, più in generale, come “tempo opportuno”: 1) uno “istantaneo”, simile a quello che descrive Platone nel Simposio come di qualcosa che ci appare d’improvviso e che si eleva al di sopra dell’esperienza quotidiana dopo essersi servito di essa; 2) un altro “bascolante” d’ispirazione sofistico-eraclitea, simile all’aprirsi e al chiudersi di una finestra o all’acqua di un fiume che non c’è intanto che c’è e che scorre (22-DK-B 49a); 3) e un’altro ancora che io chiamerei “permanente”, nel senso che permette di godere di una felice situazione senza limiti temporali.

 

 clicca qui per continuare a leggere

Pin It

Potrebbero interessarti

Articoli più letti

Questo sito utilizza Cookies necesari per il corretto funzionamento. Continuando la navigazione viene consentito il loro utilizzo.