I Capitolo - "La mia vita" di Antonio Saccà
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- Category: Scritture
- Creato: 02 Ottobre 2023
- Scritto da Redazione Culturelite
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E dunque, la mia vita, non soltanto la mia vita, è la vita di una generazione che in grandissima parte ebbe una speranza, un'ipotesi di avvenire favorevole, speranza atterrata, ne cercò altre, le distrusse tutte, ed ora sta nel vortice di scelte, precipizio o scalata alle cime. A quale uomo, a quale umanità? Vedrò, vedremo. Dopo la guerra cercammo la vita ancor più della pace, o altre guerre ma per la libertà, la giustizia, il benessere. Ideali, traversie, tempo dei sacrifici, tempo dei risultati, anni Cinquanta, Sessante, Settanta, verso la giovinezza. Fino al presente. Molta preoccupazione, oggi, per il tempo a venire. E, dietro, il (mio) passato, ucciso dal Tempo. (Auto)biografia di una generazione che incarno perché ho vissuto me stesso in quelle speranze, illusioni, delusioni. E' del tutto la mia biografia ed una autobiografia indiretta degli altri. Ciascun individuo è intrecciato a ciascun individuo restando solo. L'individuo è un assoluto. Donne, amici, opere, viaggi, coscienza di vivere, e di non vivere, di incoscienza interminabile. Narrare, tutto diviene narrazione, il passato subisce questa mutazione,si fa narrazione, dall'universo alla più minuziosa formica, tutto sotto il segno del Tempo, il grande narratore. In questa trama sterminata vi fu, vi è ancora un io soggettivo consapevole di esistere. Un io che è stato e resterà: Antonio Saccà.
LA MIA VITA
Nell'anno 1936 il 10 maggio alle due della notte feci ingresso nella vita , ultimo di una coppia, i miei genitori, prolitici, quattro figli . Ne venni fuori di sette mesi, ignoro se per mia voglia di esistere nel mondo o perchè mia madre subì timore per qualche avvenimento che rese precoce la nascita. Non so con certezza, credo nello spavento di mia madre. Pesavo al minimo, minimamente, questo continuamente dichiarato da mia madre, una misura di pane, non oltrepassavo una misura di pane, esattamente un chilo e dueento grammi, un residuo, fu utilizzato latte di asina, suppongo anche latte di mia madre, per qualche mese, come dirò. La disposizione vitale mi diede forza suppletiva tanto neccessaria difettivo come ero. Ritengo ci fosse meno capacità scientifica per la sopravvivenza, allora,dunque la disposizione alla vita costituiva il fondamento. Vivere, dunque, amato, amatissimo, mio padre aveva dichiarato che io concludevo la famiglia. Quand'ecco, una vicenda da manicomio, la pazzia in uscita, l'inimmaginabile realizzato,sconvolgente, sconvolgentissimo, su di me, la mia famiglia, noi, eravamo padre, madre, quattro figli, mio padre di 36 anni, mia madre di 29 anni, una coppia appassionatamente avvinta, si amavano, mia madre era innamoratissima, mio padre credo senz'altro lo stesso, la tradiva, rientrava nel dongiovannismo, il modello dell'epoca, oltretutto mio padre era bellissimo. Qualche sua immagine, la serenità dello sguardo, la signorilità dei tratti, siciliani come nettezza e tuttavia raffinati, una certa malinconia di persona pensosa, tutto di lui è dignitosa distinzione, persona matura, responsabile, forza contenuta che può erompere, lo sguardo del sognatore. Forse il tempo lontano dell'immagine trasfigura quel presente andato in questa sospensione vagheggiante. O forse è la vicenda che dirò a trasformare l'immagine, quella vicenda. Eccolo, seduto, vestito a puntino, sicuro, in se stesso, giovame ma di virile serietà matura, a quel tempo gli anni si valutavano non come oggi, gambe accavallate, in abbandono, capelli nerissimi, levigati all'indietro. Mia madre, in altra immagine, abito cincischiato, gli occhi anneriti, accesi, sprofondati, chi sa, per gli inganni di mio psdre, per eccessi di amore, una donna degli anni trenta, la manifestazione dell'essere donna femmina, abiti serici stretti al corpo, e lo sguardo appassionatissimo, gli occhi avidi e sprofondati come da insonnia o eccesso di amore, dicevo,o angoscia, immagini che sembrano statuarie, “pose”, quando ancora esisteva una ritualità individualistica. Negli otto anni anzi nove anni di matrimonio, anche se allora avveniva comunemente, non vi era risparmio della paternità e della maternità, figli a mareggiate,, ho detto, quattro, inizialmente donne,Caterina, otto anni più di me, Ermanna, sei anni più di me, Francesco, quattro anni più di me, ed io. Mio padre era geometra,di sicuro faceva misurazioni, agrimensore, aveva un suo potere, estimazione da colleghi e dipendenti, un titolo di studio allora riceveva considerazione e prevalenza, anche autorità e autorevlezza. Anni, molti anni dopo, incredibilmente incontrai il genitore di un mio conoscente, era stato al servizio di mio padre, incredibilmente, insisto, mi disse che mio padre era valentissimo parlatore e bellissimo uomo. Fu il solo estraneo a dirmi su mio padre, certo me ne parlavano mia madre, i miei fratelli, poi conobbi fratelli e sorelle di mio padre, conobbi anche genitori, sorelle e fratelli di mia madre.
Io ero, mi diranno, un esserino felice, anche se mia madre soffriva gli inganni del coniuge, si amavano ed amavano i figli, ed i figli, anche io, con qualche spicciolo di esistenza, pare che manifestassi gioia al loro amorevole sguardo. Mi canticchiavano questo motivetto:”Povero, povero zucca pelata, son venti soli, che bella risata”, ed io scambettavo festoso. I miei capelli erano quasi inesistenti. Poi ne ebbi e li mantengo.
Vivevamo a Catania, non la “nostra” città, mio padre e mia madre erano del messinese, mio padre di Messina, mia madre di un psesino non lontano da Messina. Una famiglia dall' avvenire certo. Ma vi è vi è qualcosa nel giro delle sfere, una zampa di gatto, una mescita avariata, un pendolo senza l'asta,un binario arruginito, un'onda irregolare, tu guardi il cielo, fiducioso,e ti sprofonda il piede! Mio padre viveva per i figli. Mio padre fu ucciso! Millenni passati, e passeranno millenni, io voglio, io devo ricordare. Io non posso dare la vittoria al silenzio. La morte di mio padre. Io devo risarcire la sua morte. Io che non conobbi mio padre ho l'obbligo di farlo conoscere. Ora, prima che il Tempo si ritragga anche da me. Non può, non posso lasciarlo smarrito nella dimenticanza, lui giovane, bello, così appartenente alla vita, ombra svanita. Mio padre fu ucciso, lui che viveva per noi figli, li aveva generati per la vita con noi. Assurda l'intera esistenza, forse, ma di certo si aggira la follia. Mio padre, vedere i figli, Villa Pricipessa Mafalda,estate, nel 1936,forse primi giorni di settembre. io di pochi mesi, la domestica mi reca in Villa, mio padre giunge dal lavoro, vedere presto i figli, scorge sulla panchina un ragazzo che dà fuoco ad un anziano per scherno, mio padre lo schiaffeggia o altro,il ragazzo corre dal padre, costui si intossica di umori vendicativi, si arma, corre, cerca mio padre, lo scorge, lo uccide. 1936, io sono appena nato, mio padre appena ucciso
(CONTINUA).