"L’OPERA DI PECHINO 京剧 ĴINGÚ" di Carla Amirante

Tra il 1770 e il 1870 si formò il  jīngxì   (teatro della capitale), un nuovo stile teatrale che sfruttava diverse aspetti locali conosciuto anche con il termine 京剧 jīngjù (“opera di Pechino”) e univa lo yabu 雅部,una varietà teatrale raffinata, eseguita per intrattenere la nobiltà, e lo huabu 花部, una  forma  più  semplice e volgare ricavata dalle tematiche contadine e popolari. L’Opera di Pechino ha mantenuto la sua tradizione quasi fino ai tempi recenti con i testi che rielaborano le opere precedenti, le trasformano in collages e valorizzano tutti gli aspetti teatrali come: canto, chàng , declamazione, niàn , acrobazie, zuò , trucco elaborato, ,e gli altri elementi di recitazione, mimica, musica, e danza.

  Sulla scena quasi inesistente, il fondale ha una tinta unica e può creare l’illusione di   unità di luogo, che invece non c’è nella trama dell’opera. La scenografia presenta solo qualche raro arredo di elevato valore simbolico, che deve suggerire l'ambientazione piuttosto che rappresentarla. Tavoli e sedie si spostano facilmente e possono indicare cose diverse come troni, montagne, ecc.. Il testo scritto fornisce una traccia narrativa agli attori, i quali con le parole, la mimica, i colori dei costumi e il trucco, molto curati, comunicano al pubblico le caratteristiche distintive del personaggio interpretato. La storia, sempre a lieto fine, è ricavata dai drammi più diversi, che si svolgono in più episodi di cui alcuni possono presentare una certa autonomia dal resto della rappresentazione. I vari atti inoltre vengono intervallati dai musicisti con strumenti a percussione, ritmati dai movimenti degli attori e con l’inserimento di numeri acrobatici.

  Gli attori, un tempo socialmente poco stimati, anche se spesso erano ben pagati, interpretano i ruoli fissi, stabiliti dalla tradizione del teatro Zàjù,   e si  alternano sulla scena, come shēng , il principale ruolo maschile, dàn , il ruolo femminile, jin, una figura soprannaturale dal viso dipinto, mo, un uomo di mezz’età, e chǒu , il clown. I costumi sono sgargianti, ricchissimi; il trucco del viso è caricato; le acconciature dei capelli sono molto elaborate; i colori e le decorazioni rispondono ad una complessa simbologia, comprensibile solo a un pubblico esperto; la gestualità è regolata da precise esigenze sceniche; l’orchestra si pone di lato sulla scena.

  I ruoli fissi sono facilmente identificabili sulla base delle caratteristiche dei costumi e dei particolari del trucco assumono un’importanza fondamentale per la comprensione dell’intera opera. I colori usati con una tecnica particolare, quella del liǎnpǔ 脸谱/臉譜, hanno la loro origine nel simbolismo e nella tradizione delle tecniche divinatorie che davano ai tratti del viso identità e significato preciso ai personaggi del dramma. Infatti l’esperto pubblico cinese, al solo comparire in scena del personaggio, dai dettagli del trucco e del viso, ne comprende immediatamente la storia, la personalità e lo stato d’animo. Inizialmente, i colori usati erano tre: il rosso, il bianco e il nero, i disegni erano semplici, ma esagerando le linee del volto si enfatizzavano e aumentavano le caratteristiche del personaggio. Più tardi, a cavallo tra il’700 e l’800 la tecnica è divenuta più raffinata, i colori e i disegni si sono moltiplicati, assumendo anche una funzione ornamentale.

   Dan ,  è il ruolo femminile, caratterizzato da un trucco giocato sui toni del rosa e del bianco, che conferisce al viso una forma ovale, detta “viso a uovo d’anatra”. Il ruolo dan si suddivide a sua volta in donna giovane, matura, anziana, fanciulla virtuosa, donna di facili costumi, popolana intrigante, ragazza scaltra, guerriera. I particolari del trucco, del costume o dell’acconciatura caratterizzano le diverse specialità di dan ma il suo ruolo non deve necessariamente essere interpretato da una donna. Anzi in un celebre editto del 1777 dell’imperatore Qianlong della dinastia Qing (1644-1911), per ragioni di moralità, si proibì alle donne di calcare le scene e d’allora i ruoli femminili furono interpretati da giovanetti che dovevano imparare ad atteggiarsi, a muoversi e cantare come donne  Alla caduta dell’impero sorsero compagnie teatrali composte di sole donne, che interpretavano anche i ruoli maschili vestite da guerriere con una acconciatura militare e maneggiando le armi con una padronanza eccezionale delle arti marziali.

   Sheng invece è il ruolo maschile che può rappresentare l’uomo giovane, maturo, anziano, di alto lignaggio, popolano, civile, militare. Il giovane sheng ha un trucco essenziale quasi inesistente e senza barba, è abile nel maneggiare il ventaglio e a cantare in falsetto, perciò oggi, il più delle volte viene impersonato da attrici con voci chiare ed agili. Invece lo sheng, l’uomo maturo anziano, ha lunghe barbe brune o bianche.

   Jing (viso dipinto) impersona i guerrieri coraggiosi, i ministri, i funzionari abili o traditori, i giudici, i governatori, gli esseri soprannaturali: mostrando una corporatura imponente, indossa costumi con spalle imbottite e calzature con zeppe molto alte. La sua personalità è definita dalla voce tonante, da un trucco del viso coloratissimo e complicatissimo, in cui ogni colore, disegno o sua combinazione ha  un preciso significato, così: rosso-lealtà, giallo-astuzia, nero-semplicità- rettitudine, bianco-tradimento, blu-crudeltà, rosa-vecchiaia, verde-soprannaturale. Più i disegni e i colori dipinti sul volto sono complicati e asimmetrici e più il carattere del personaggio è psicologicamente complicato, pieno di contraddizioni, incertezze e combattuto tra sentimenti opposti. Questo tipo di trucco così complesso risale a quando gli attori interpretavano le pantomime di carattere religioso e portavano maschere di cartapesta colorata.

   Lo chou , il comico, il clown è anch’egli un personaggio molto importante; come servitore, mezzano o popolano interviene nella vicenda con una battuta o con la mimica per sdrammatizzare un’atmosfera tesa o drammatica o romantica. Egli spesso è un ottimo acrobata, un esperto mimo, un vero comico e, come personaggio ambiguo e intrigante, porta il trucco bianco a forma di farfalla o una mascherina tra gli occhi e il naso. Spesso il chou interviene per ingarbugliare o risolvere la vicenda.

   Anche i colori, i dettagli e i motivi decorativi dei costumi, confezionati con tessuti pregiati, hanno un significato simbolico di estrema importanza per fare comprendere la vicenda rappresentata e i caratteri dei personaggi; così si usa il giallo per indicare i membri della famiglia imperiale, il rosso per personaggi di alto rango, il viola e il blu per i funzionari di stato ed il nero per popolani. .

   Particolari sono le cosiddette shuixiu 水袖, le maniche d’acqua, lunghe bianche fluttuanti, che sporgono dalle maniche dei costumi di tutti i personaggi: in genere l’attore le tiene arrotolate sui polsi e poi, in determinati momenti e per esigenze mimiche, le scioglie e utilizza per esprimere, con precisi gesti, il proprio stato d’animo. 

   Altri elementi singolari e importanti dei costumi dei ruoli militari sono le bandiere che il personaggio può portare sulla schiena e che rappresentano le armate che combattono agli ordini del condottiero, come pure le ampie cinture, esageratamente larghe che indicano la potenza e l’autorevolezza del personaggio. 

   Negli ultimi cinquant'anni l’Opera di Pechino ha subito un forte calo di pubblico con un lento e inesorabile declino, dovuto all’abbassamento della qualità delle rappresentazioni, all’incapacità di adattare la trama delle opere alla vita odierna e all’uso d’un linguaggio arcaico, quasi incomprensibile per le nuove generazioni. Dagli anni ottanta l’Opera di Pechino ha tentato di rinnovarsi con nuove tecniche e maggiore libertà di sperimentazione, sperando di attirare un pubblico più vasto.
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