LA “SMITIZZAZIONE” MODERNA E LA “NUOVA MITIZZAZIONE” POSTMODERNA DEL MONDO – RICERCA STORICO-LETTERARIA DI GIOVANNI TERESI

 

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     Alexander Freiherr Von Hubner 

 

 

 Quando nel tardo Medioevo, con l’Umanesimo, maturò un acuto senso filologico ed anche teologico nell’esame della tradizione testuale, si prestò attenzione ad alcuni controsensi e si scoprirono numerosi falsi. Lorenzo Valla (m.1457) dimostrò con argomenti prevalentemente linguistici che la donazione di Costantino era un falso. Niccolò da Cusa (m. 1464) era pervenuto allo stesso risultato e aveva inoltre attestato la non autenticità di alcune delle più diffuse decretali pontificie dei tempi antichi. Ma per questa via nessun pericolo minacciava la Chiesa e il papato, e gli autori fecero carriera nella gerarchia ecclesiastica e vissero di prebende.

La Chiesa ufficiale reagì invece con estrema suscettibilità  quando, ad esempio nel XII secolo, i seguaci di Arnaldo da Brescia (m. 1155), i valdesi e poi gli ussiti, respinsero la donazione di Costantino. Vennero considerati eretici e processati non perché avevano esercitato sul testo una critica formale, di tipo storico-filologico, ma perché avevano messo in dubbio il suo contenuto e la sua validità, e perciò minacciato i fondamenti ecclesiastici e materiali della Chiesa.

Gli umanisti e teologi, che procedevano armati di agguerriti strumenti filologici e che si mostravano all’apparenza incorruttibili, criticavano in larga misura la fede ed il loro pensiero rimaneva pertanto medievale.

Scoperti e provati i primi falsi. Gli occhi erano spalancati e pronti a trovarne altri, e ci si chiedeva come mai non si fossero individuati prima errori tanto palesi.

All’emancipazione nella fede seguì l’emancipazione dalla fede, cioè l’Illuminismo: il tentativo dell’uomo di trovar se stesso e di mettere fine alla deformazione dell’esistenza umana, dovuta a dottrine religiose non accertabili razionalmente. Secondo la concezione illuministica l’umanità camminava sulla strada che conduceva da una populace barbara e superstiziosa a una comunità retta dalla ragione. Solo in epoche irrazionali le falsificazioni potevano restare ignorate e i dogmi della Chiesa mostrarsi efficaci. Con la vittoria della ragione questo non sarebbe stato più possibile; perciò “écrasez l’infâme”, come Voltaire (1694 – 1778) firmava le sue lettere: abolite la Chiesa e la vergogna dell’irrazionalità religiosa. Pierre Simon Laplace (1749 – 1827) rispondeva testualmente alla questione dell’esistenza di Dio affermando:

Non ho bisogno di questa ipotesi”.

La convinzione della possibilità di comprendere il mondo attraverso l ragione diede alla scienza la grandiosa prospettiva che, come diceva Max Weber (1864 – 1920), “se solo si voleva, si poteva in ogni momento vedere che non esistevano in linea di principio forze misteriose e imponderabili … Questo significa però una smitizzazione del mondo”.

Forse rientra nei grandi errori dell’illuminismo e della sua fede nel progresso scientifico inteso come emancipazione l’idea che l’uomo possa diventare libero infrangendo le catene di una fede inconcepibile dal punto di vista razionale che erano state imposte alle generazioni precedenti.

Ci sono state sempre persone dubbiose e perplesse di fronte a questa esaltazione del progresso, ma in un’epoca in cui lo sfruttamento della natura, legato alla “smitizzazione del mondo”, pone all’uomo nuove catene, si moltiplicano le voci che diffidano della ragione come strada per la felicità, malgrado la tesi molto suggestiva di Lucien Lévy-Bruhl  (1857 – 1939), secondo cui anche nel pensiero dell’uomo moderno privo di pregiudizi l’elemento logico convive per natura accanto a quello illogico (o prelogico), l’aspetto razionale accanto a quello irrazionale.

Non a caso si proclama da parte filosofica La verità del mito (titolo del libro di K. Hübner, Die Wahrheit des Mythos, 1985), intendendo quell’esigenza di mantenere in equilibrio la nostra cultura e la nostra scienza: il bisogno e la venerazione del divino. Fino a non molto tempo fa la coscienza della cultura laica era caratterizzata dall’aspettativa che la “smitizzazione del mondo”, descritta da Max Weber, progredisse costantemente verso un livello sempre più alto di comprensione scientifica della realtà, la cui meta finale rimaneva però indistinta. Tuttavia a poco a poco guadagna terreno la convinzione che lo svuotamento di contenuto legato alla modernizzazione non sia più tollerabile. Morris Berman (n. 1944), in contrasto con Max Weber, definisce allora il suo tentativo di rimediare all’alienazione psichica come una “nuova mitizzazione del mondo” (The Reenchantment of the World) e scrive il libro Alla fine dell’età newtoniana (pubblicato in inglese nel 1981 e in tedesco nel 1983). Morris Berman milita tra i storici che aderiscono al movimento Nuvage, nato negli USA, specie in California, e che, sotto l’influsso della religiosità orientale, sono alla ricerca di una spiritualità “totalizzante” che si allontani dalla società “meccanistica”.

Questi e simili tentativi indicano l’aspirazione dell’uomo moderno a un orientamento che vada al di là di quel che offre il razionalismo. Le esperienze negative fatte con la cosiddetta ragione autonoma e lo svincolamento della scienza moderna dagli scrupoli morali hanno creato un vuoto, in cui si sono potute e si possono affermare nuove dottrine della salvezza “in una libera scelta personale” (W. Pannenberg).

Già alla vigilia della prima guerra mondiale Ernst Troelsch (1865 – 1923) aveva descritto la confusione prodotta dall’autonomia della ragione:

La conseguenza immediata di una tale autonomia è … necessariamente un individualismo sempre crescente nelle convinzioni, opinioni, teorie e finalità pratiche”; si è formata una sorta di “passerella di innumerevoli rivoluzioni e emancipazioni che oggi servono a dare a buon mercato effimera celebrità agli ambiziosi e forti suggestioni a chi è sensibile al fascino altrui”.

Da questo punto di vista abbiamo oggi di nuovo molti Medioevi, se non facciamo così torto al Medioevo storico: le sette Mun, i seguaci dei Bhagwan, le ideologie politiche e le dottrine ecologiche, e anche le cosiddette ipotesi scientifiche. Ricordiamoci delle caustiche parole di Bernard Shaw che affermava che le teorie sull’universo dei nostri fisici e astronomi e la nostra fede verso di esse “avrebbero fatto esplodere il Medioevo in uno scoppio di scettica ilarità”.

In ogni credente – nel senso più ampio della parola – c’è un ambito che rinuncia a dimostrazioni razionali: chi mai può dimostrare Dio, la vita dopo la morte o addirittura la Trinità, che Thomas Mann ha definito “la più singolare delle pretese dogmatiche”, mai avanzate nei confronti della fede?

Tutto questo viene divorato dall’aspirazione a una verità esistenziale, irraggiungibile per la ragione analitica, che spesso finisce con il disgregare la realtà; e anche se il matematico Douglas R. Hofstadter  ci assicura nel suo best-seller Gödel, Echer, Bach che “La dimostrabilità – perfino matematica – è un concetto più debole della verità”, allora il mondo medievale appare riabilitato. Medioevo non è solo un’epoca passata, è anche la convinzione attuale ancora oggi di possedere la verità o almeno un brandello di verità a cui subordinare tutto il resto, ferma restando ogni considerazione razionale.

 

Giovanni Teresi

 

Bibliografia: Horst Fuhrmann “Guida al Medioevo” – Biblioteca storica

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