Maria Concetta Ucciardi, “Una Stella di Nome Marta” (Ed. Thule) - di Antonino Schiera
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- Category: Scritture
- Creato: 03 Agosto 2023
- Scritto da Redazione Culturelite
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“È amore Laura! La forza dell’amore di madre vive oltre la morte e supera ogni barriera”. Inizio la recensione del racconto Una stella di nome Marta, prima opera in prosa della poetessa Maria Concetta Ucciardi scritta nel 1994 e pubblicata nel 2021, riportando il virgolettato di uno dei protagonisti. Un’affermazione che racchiude in poche parole, ritengo, la genesi del racconto che si alimenta, in tutto il suo percorso, dei valori che caratterizzano la vita dell’autrice.
Non è un racconto autobiografico, “in questa storia i personaggi sono inventati; mentre i luoghi e i monumenti citati, sono realmente patrimonio culturale della Sicilia” scrive l’autrice al termine del libro. Ma è come se Maria Concetta Ucciardi avesse voluto cristallizzare, attraverso il testo, i valori che accompagnano la sua esistenza di figlia, moglie, madre, nonna e sullo sfondo, ma non meno importante, il valore dell’amicizia, quella vera, sincera senza nessun secondo fine. E poi l'amore per la storia, per i monumenti descritti e trattati con rispetto di un animo nobile e sensibile.
Il racconto prende forma in un crescendo che raggiunge il suo apice nelle pagine finali, dopo che la protagonista, Laura, “in una caldissima notte d’estate” sogna, immagina, vede una fontana e una bimba dai lunghi capelli biondi e un esile corpicino. Non un semplice sogno ma qualcosa che viene percepito dalla protagonista come un fatto realmente accaduto che, nel contempo, non può avere una spiegazione logica e razionale. Una situazione ossimorica che si insinua nella testa di Laura: “la parte razionale di me contrastava gli eventi della visione turbando in parte l’equilibrio interiore, in quanto il mistero mi intrigava”. Lo stesso turbamento e la stessa curiosità che prende corpo, pagina dopo pagina, nella testa dei lettori.
Inizia nella protagonista del racconto, dopo la visione precedentemente descritta, un intenso dialogo interiore, che sfocia nella urgente necessità di avere delle risposte che la portano a rintracciare eventuali testimoni con il piglio dell’investigatrice improvvisata: “Vi sono avvenimenti che conducono l’essere umano alla ricerca di un perché…” scrive Maria Concetta Ucciardi nel prologo del racconto.
E poi ricerche bibliografiche e storiche che en passant riportano alla mente fatti incresciosi quali il sacco edilizio che, in nome di un progresso insensibile, ha spesso sacrificato testimonianze architettoniche: “perché la fontana venne demolita per far sorgere la zona residenziale dove io abitavo?”.
Ma tornando al tema principale del racconto che si può sintetizzare in tre parole, sogno, immaginazione e illusione, desidero scomodare il grande poeta italiano Ugo Foscolo che a tal proposito enunciava:
“l’illusione non è sinonimo di falsa verità, di utopia irrealizzabile, di fantasticheria vuota, ma è fiducia negli ideali più alti, è speranza, tensione, quasi sicurezza di proiettare tali ideali (libertà, patria, virtù, onore, fama di sé) nel futuro con la speranza che saranno di nuovo compresi, condivisi e recuperati da altri uomini. La memoria recupera il passato e celebra il suo valore ideale”.
Concetti che ritrovo nella personalità dell’autrice che trasferisce nel racconto e nei suoi personaggi il desiderio della magica affermazione di una realtà inconsciamente creata che, pur nella soluzione finale fornita dalla lettura del racconto, conserva l'incantesimo di una dimensione sovrumana. I fatti raccontati nel libro esulano dallo stretto pragmatismo e realismo, che caratterizzano il desiderio dell’umanità di dare una spiegazione razionale a tutto, con lo scopo di generare l’illusione del controllo totale sul pianeta in cui viviamo comprendendo anche quello sull’immensa potenza e bellezza di madre natura.
Chiudo la mia breve recensione riportando la bella dedica che Maria Concetta dedica alla mamma: “Alla mia cara e indimenticabile mamma maestra di vita e fonte inesauribile di amore” parole che assumono un grande valore in una società talvolta caratterizzata dall'anaffettività delle persone.