“Non basta la felicità. Occorre la gioia. Ludwig Van Beethoven!” di Antonio Saccà

Non avendo conosciuto mio padre, che finì l’esistenza mesi dalla mia nascita, cercai padri, e  da bambino erano questo, quello, quell’altro, da ragazzo aspirai a padri consistenti, una sorta di “ideale dell’io”,   come scrivo nel  libro “La memoria dei ricordi”(Editore Armando) ebbi  filiazione fantasticata con Stalin, eravamo innumerevoli, allora, e fu un padre che resse qualche anno, ma ebbi un padre eterno, non Dio, un uomo al quale fui talmente appassionato da leggere quanto di Lui veniva scritto, da mantenere in giacca la biografia concepita da Romain Rolland(edizione tascabile Universale Rizzoli), e da voler conoscere il conoscibile della Sua creazione musicale. Considero Ludwig van Beethoven il più riuscito congiungimento dell’arte con la filosofia. Precisamente, la musica in Beethoven manifesta concezioni della vita. Parla, argomenta, è musica dialettica, non si limita alla bellezza melodica o armonica , esprime una concezione sulla vita, è musica concettuale. Intendiamoci, pure Johann Sebastian Bach è un musicista concettuale, Bach però delimita la Sua concezione alla religiosità( mi vergogno a semplificare in tal modo ma non è possibile in circostanze di una Nota diversamente), Beethoven spazia nell’umano . Quanto di più tragico sopporta, subisce l’uomo, quanto di più volitivo si impone in risposta  l’uomo. Beethoven  assomma gli estremi, il massimo di potenza, la massima derelizione. Ora sembra così disperato da crollare, poi insorge, vuole vivere, si trae per i capelli, scatena  forza massima. Questo andamento, vita-disfatta, risorta-vita non meccanico, ha intarsi di una serenità  che riempie,  l’ascoltato della totalità armonica. Il pieno orchestrale di Beethoven  suscita,  non so che dire, se ascolti il Secondo Tempo del V Concerto per piano, non so, è la centralità del suono,  il suono centrato, il “suono”, come talune voci  che manifestano l’interiorità, musica baritonale, calma, solenne però laica, il sacro laico, totalmente mondano. Di recente mi sono preso di passione per l’ultimo tempo della Terza Sinfonia,  suono rotondo, maestoso,senza oltre, riempie, avanza lento in pienezza, nessuna esagerazione, nessuno sforzo, potenza sicura. Credo che un degno direttore si ritenga padrone del mondo a dirigere questa corrente melodico.armonica, un comandante di nave nell’oceano.Sarebbe interessantissimo confrontare il “maestoso”in Beethoven, Bruckner, Mahler

Sto in difficoltà, non so dove prendere, in passato ero abbacinato dalla Sesta Sinfonia,  eseguita da Arturo Toscanini, il disco con il cane, l’apertura ariosa del Primo Tempo, e quel vagheggiamento eccitato del Secondo Tempo, un piccolo delirio estatico di amore del vivere… No, non intendo trasformare la musica in pensiero, vi è la specificità del suono, della strumentazione, dei “motivi”, delle arie, ma in Beethoven la relazione musica-pensiero è consustanziata, non è esclusivamente bella musica. Anzi, talvolta non lo è, Beethoven ,  specie in ultimo, è “dissonante”.  Riduco la notazione a tale dicitura.

Incredibilmente. Ho conosciuto la Nona Sinfonia tardi . L’inizio michelangiolesco del Primo Tempo … Credo che gli uomini sarebbero meno pazzi, scontenti, rissosi godendo quel che altri uomini hanno donato. Ammirare sana, rende magnifica l’esistenza. A proposito, Lenin(!) non voleva ascoltare bella musica in quanto lo strappava alla violenza rivoluzionaria!

Tuoni sereni, è possibile un tuono sereno? Ecco ,l’inizio del Primo Tempo, musica fatta da Giove, musica colossale, montagne in spostamento, l’orchestra  interamente mobilitata, imperiosa, vuole suonare in ogni strumento, esprime la sua potenza, il terremoto , armonioso, l’apologia della volontà, assai più dell’inizio della  V Sinfonia, poi, come avveniva a Beethoven, la caduta nella mestizia o una sorta di delirio di felicità non raggiunta, il Secondo Tempo, aspirazione, tensione, ma non vi è presa ,sfugge ciò che vorremmo. Il Terzo Tempo è messo come un inciampo, è deliberatamente ripetitivo, la musica inciampa, torna,  cozza, sempre ostacoli. No, così non è possibile vivere, occorre supremizzarsi, occorre gettare la volontà contro l’ostacolo, spezzare la muraglia della negazione, non basta la felicità, qualcosa di assai possente, occorre la volontà della GIOIA, LA  VOLONTA’ DELLA GIOIA,ecco quel che può SUPERARE le scorie dell’esistenza svalutata, scadente, litigiosa, nemica di sé. Occorre che l’umanità prenda coscienza di essere individuata in ciascun singolo, accomunata come umanità, come specie. LA GIOIA DEL SINGOLO NELLA TOTALITA’ UMANA. Beethoven ha la massima intuizione nella storia della musica. Per rendere chiarissimo il Suo fine FA PARLARE LA SINFONIA. Vuole che sia compreso il Suo scopo. La gioia dei singoli nell’insieme della totalità della specie. Tenore, soprano,contralto, baritono, il Coro, a squarciarsi la gola, canto che diventa grido da spaccare la mente , da penetrare nel sangue. PEDAGOGIA ESTETICA. DOVETE AMARE LA VITA, UNO AD UNO , INSIEME. UMANITA’, AMA LA VITA. GIOISCI DI ESSERE VIVA! Uno squallore   non fare di queste opere culto a favore della bellezza dell’esistenza. Non si riesce a comprendere come gli uomini avendo a disposizione tale godimento si dedicano a rovinarsi. E’ ANCHE PERCHE’ LO IGNORANO! Ma altri uomini si dedicano a onorare chi onora l’umanità. Che nelle Scuole sia estranea la Musica la giudico privazione irriflessiva.

Beethoven compose la Nona Sinfonia nel periodo infelicissimo della Sua infelicissima vicenda. Il nipote Karl che Egli amava estremamente lo respingeva e conduceva sorte che Beethoven orripilava. Eppure Ludwig van Beethoven alla preziosissima VITA mai disse: NO!

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