Ornella Mallo, “Scriverti” (Ed. Kemonia) – di Guglielmo Peralta

 Ogni poesia di questa raccolta è una lettera indirizzata al Tu che abita la mia anima.

Questa dichiarazione di Ornella Mallo, posta in apertura della sua silloge intitolata Scriverti, trova riscontro nel lavoro interpretativo della psicoanalisi riguardante il linguaggio, e dunque, la scrittura. Sostiene Carlo Sini che le parole non sono mai pronunciate a caso, ma esprimono ciò che in esse è già contenuto e le precede. La scrittura, pertanto, è un processo inconscio che lascia emergere dall’io profondo “alcuni archetipi figurali”: emozioni e quant’altro custodiamo dentro a nostra insaputa. Quel «Tu», allora, è una sorta di alter ego che ‘incarna’ la vita sotterranea e a cui la Mallo chiede corrispondenza “epistolare” in forma poetica, perché mediante la poesia ella ritiene di potere stabilire un contatto con l’interiorità, ovvero, con l’essere che - asserisce Heidegger - dimora nel linguaggio. Poiché la Poesia ci trascende in quanto è il Dire originario, al di là del pensiero e delle parole, il Filosofo ne deduce che «noi non parliamo un linguaggio, ma siamo parlati dal linguaggio», in particolare da quello poetico che parla dentro ciascuno di noi quando ci volgiamo in ascolto di una verità che fa pensare, ma che resta ineffabile, al di fuori di ogni sapere, di ogni comunicazione, di ogni scrittura, per la quale, essendo essa stessa linguaggio, vale anche l’affermazione di Jean Cocteau: «Noi non scriviamo, siamo scritti». “Scriverti”, allora, è interrogarsi consegnandosi al linguaggio, mediante il quale si “rivela’ quel «Tu» che è l’«Io» profondo. E a manifestarlo è la poesia. Perché «poeticamente abita l’uomo su questa terra» - ci ricorda ancora Heidegger citando Hölderlin - in quanto «Poetico» è l’esserci nel suo fondamento, il quale è quel Dire originario, la Parola trascendente e, al tempo stesso, immanente, perché Linguaggio che ci abita, che abitiamo quando, per sua virtù e in solitudine, ci eleviamo alle alture della profondità e dell’immaginazione creatrice. Relazionarsi col «Tu» è, come si evince dalle sezioni della silloge intitolate Solitudine e Introspezione, avere cura dei rapporti familiari e interpersonali, dei comportamenti verso gli altri, superando l’indifferenza che affligge la società; è riflettere sulla dimensione esistenziale dell'essere umano e accostarsi alla sofferenza altrui con sentimento di partecipazione e solidarietà. Ma quel «Tu» è anche il modo per avvicinarsi all’impensabile, per cogliere la trascendenza nell’immanenza del linguaggio, e in questo orizzonte oltrepassarsi, liberarsi del vezzo di dire «Io» per accogliere l’Altro. Il quale, per la Mallo, è sia l’Assoluto, al quale si concede ‘obbedendo’, cioè, ‘ascoltandone’ l’eco nel silenzio della scrittura che promette un nuovo approdo, una nuova terra, sia il ‘soggetto’ indeterminato, che occupa l’intera silloge, col quale ella interloquisce a partire dal titolo e che è il suo stesso ‘io’ lirico. In questo caso, “Scriverti” è cor-rispondersi, ricercarsi En attendant Godot: un “dio” che può mettere in cammino verso il Linguaggio, anche se tarda ad arrivare, anche se si fa attendere all’infinito, oppure un “uomo”, qualcuno in cui rispecchiarsi, in cui confidare, nella certezza dell’incontro facilitato dalla poesia, la quale è la sola in grado di approssimarci, di farci, reciprocamente, l’uno prossimo dell’altro e consentirci di spezzare il silenzio facendo esplodere la parola contro l’afasia, facendo della parola un evento poetico, un modo di esistere, di riconoscersi attraverso l’altro svelandosi, non restando, come gli amanti di Magritte, incappucciati, celati a sé stessi e agli altri. Così si realizza l’incontro tra due anime, tra due esistenze. Come chiarisce la nostra poetessa con i seguenti versi della IV sezione della silloge Amore e disamore:

E quel giorno / s’aprì il mare / E vi discesi dentro / Nitidi / i miei abissi. / Tu li illuminavi. / Come la luna /di me / conoscevo / solo una faccia / Quella che mostravo / immaginando di vivere.

Si svela, qui, l’anima rimasta per molto tempo celata. Alle ‘lettere’ poetiche risponde il Linguaggio esponendo di volta in volta il mondo interiore della Mallo. È un’autorivelazione che soddisfa in gran parte la ricerca dell’Io, sollecitata dalla condizione esistenziale di partenza, cioè, dalla ”privazione”, dal sentirsi “donna irrisolta” e desiderosa di colmare la solitudine causata dall’incomprensione, la sofferenza generata dall’indifferenza degli “ego ipertrofici”, il vuoto scavato dall’incomunicabilità, dalla difficoltà di stabilire una relazione intersoggettiva, una corrispondenza tra spiriti affini, ma anche tra e il proprio io proiettato, rappresentato e versato nel linguaggio della poesia. La donna è eletta a protagonista per la sua grazia e per il suo ‘intelletto d’amore’, virtù, quest’ultima, riconosciuta e cantata da Dante. E non è certo un difetto l’irrisolutezza che le attribuisce la Mallo e che è espressa e simboleggiata soprattutto da ‘personaggi’ del mito e della cultura greca quali, ad esempio, le sirene, cui è negato l’amore a causa della loro natura ibrida. Tale ‘privazione’ è compensata dal canto che, al tempo stesso, ammalia e dà la morte: un dono ‘anfibio’, dagli opposti effetti. “Scriverti”, dice la Mallo, è “il libro degli opposti”, delle ambivalenze, giocato sull’essere e l’apparire, sulla presenza/assenza della verità, riferita sia al mondo della realtà concreta, visibile, sia alla realtà assoluta, invisibile. Della verità abbiamo solo dei “barlumi” e non abbiamo certezza nemmeno di ciò che ‘tocchiamo’ con i nostri sensi e che si concede solo apparentemente e illusoriamente alla comprensione. Solo la poesia, l’immaginazione creatrice ci fa prossimi all’assoluto, che tuttavia mantiene la sua infinita e incolmabile distanza. E quel «Tu», che fa capolino dall’interiorità profonda e si sottrae a ogni definitivo contatto, è l’essere nostro e del mondo che si dà nel Linguaggio nascondendosi. Questa apparizione/sparizione ha una ‘rappresentazione’ in quella lettera «A», con cui iniziano le parole che compongono la prima poesia che apre la silloge, a significare il Principio da cui tutto proviene: il Verbo, che nella creazione umana parla per ‘sottrazione’, che dice e non dice; l’‘alfa’ del linguaggio, privato dell’alfabeto universale, distrutto e sepolto nella babele delle lingue; l’aleph: il microcosmo borgesiano, «uno dei punti dello spazio che contengono tutti i punti». la cui visione è troppo grande e complessa, sfuggente, inafferrabile, impossibile da com-prendere. Tutto questo è “Scriverti”: il sogno della parola infinita, compiuta, chiara, che ci parli, ci dica, ci ‘risolva’; che risponda all’esortazione delfica rendendoci consapevoli di noi stessi e della verità del mondo; che ci liberi dal caos delle forme, dalla complessità delle regole, dalla sovrabbondanza dei significati, dall’esigenza dell’interpretazione, dalle formule abituali, a cui la Mallo sembra porre rimedio componendo giocosamente e gioiosamente dei tautogrammi (I II IV sezione) che conferiscono leggerezza a tutta la silloge, mentre nella quinta e ultima sezione: Aghi di luce, ricorre a certe forme ludiche del linguaggio, nonché categorie poetiche, quali l’haiku, il tanka, il senryū, il petit onze e ad aforismi in dittici che, in quanto tendono ad esprimere “il più possibile col meno possibile” usando le parole essenziali, restituiscono l’innocenza al linguaggio rendendolo prossimo al tempo poetico del silenzio. Ed è in questa ‘solitudine’ feconda che si fa fiduciosa l’attesa di Godot, più viva e più vera la presenza dell’Altro, meno vana e più determinata la ricerca dell’uomo:

Come Diogene cerco l’uomo […] cerco l’uomo nel dondolio dei rami d’abete, nel silenzio che sovrasta la retorica delle parole inutili […] l’abbraccio nei giacigli dei barboni sotto i portici, nei reietti, nei diversi…  

Il linguaggio poetico è ‘essenziale’ nel senso che tende all’essenza, cioè, alla conoscenza e rappresentazione della natura autentica delle cose, di tutto ciò che ci circonda ma anche dell’invisibile per cui necessita l’immaginazione. Ed è salvifico se può farci amare il nostro ‘prossimo’, se ci rende compassionevoli verso gli ultimi, i bisognosi, i diseredati; se l’amore investe tutta la natura, tutti gli esseri viventi. Allora quel silenzio, che è dentro il linguaggio che ci abita e ci parla,  ci consegna all’ascolto del «Tu» che è la coscienza del cuore e della mente e ci fa capaci di relazionarci e comunicare con i nostri simili. In questo incontro, in cui l’«Io» e il «Tu» coincidono, la scrittura si fa ‘terra promessa’, traccia il cammino verso l’umano, sana la spaccatura tra il soggetto e il mondo esterno aprendo un nuovo orizzonte di comprensione. “Scriverti” è questo viaggio fuori di sé a partire da sé stessi, che può cambiare la vita, trasformarla. Vi cogliamo tra le ‘righe’, oltre i versi, l’aspirazione di Ornella Mallo, e cioè, di completare il detto di Freud: «Dove c’era l’Es, l’Io deve divenire» con «Dove sono Io bisogna che emerga l’Es», come suggeriva il filosofo, sociologo, psicoanalista Cornelius Castoriadis. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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