Profili da Medaglia/35 - " Francisco Elias de Tejada y Spinola" di Tommaso Romano

Nato a Madrid nel 1917, morì a Madrid nel 1978.
Personalità poliedrica ed eccezionale uomo, il de Tejada. Miguel Ayuso ha scritto che «Paco Elias tenia una mente de superman, como repetía nuestro llorado amigo y maestro el professor Sciacca». Dotato di una strabiliante memoria, infatti, e di un acume perfetto, de Tejada completò gli studi con straordinaria celerità e senza apparente fatica. Ventenne prese parte alla guerra civile, combattendo valorosamente nelle file della gloriosa milizia carlista. Fu ferito in battaglia. Ancora giovane scalò i gradi della gerarchia accademica e diventò cattedratico di Filosofia del Diritto. Juan Vallet de Goytisolo ha definito la filosofia tejadiana Antropocentrismo relativo, en quanto es, a sua vez, radicalmente téocentrico.
In Italia collaborò intensamente con Silvio Vitale e con il gruppo de “L’Alfiere”, fondando l’Associazione dei Giusnaturalisti Cattolici Filippo II, che ha svolto quattro convegni. Le relazioni tejadiane sono raggruppate nel volume Per una cultura giusnaturalista, Thule, Palermo (1981).
A de Tejada si deve l’elaborazione di una dottrina federalista conforme agl’ideali della tradizione cattolica, ben espressa nel volume Il Carlismo (1980), cioè una soluzione contemplante le autonomie reali ma riconducibili allo Stato, che organizza e difende la complessità prodotta dalla storia e dalle usanze locali. In altre parole, un sistema di repubbliche “coronate” dallo Stato nazionale.
Nella sua non lunga esistenza, tuttavia, don Francisco ci consegnò grandi opere, come: la filosofia del Diritto in tre volumi; Napoles hispanico in più volumi, poi tradotti e pubblicati in Italia da Controcorrente di Napoli; la Monarchia Tradizionale e, da me editi in italiano, Il Carlismo, Il mito del marxismo e Per una cultura giusnaturalista, che raccoglie i suoi interventi e lezioni, comunque magistrali, ai quattro convegni italiani.
La biografia di de Tejada e l’analisi del suo pensiero sono rinvenibili nel saggio di Miguel Ayuso, La filosofia juridica y politica de Francisco Elias de Tejada, Fondazione Tejada, Madrid (1994), nel testo di Consuelo Caballero Baruque e Paolo Caucci von Saucken, che hanno redatto la Bibliografia di Francisco Elias de Tejada, Università di Perugia (1974), ed ancora in Aa. Vv., numero speciale della rivista Traditio, a cura di Tommaso Romano, Thule, Palermo (1988), e ne Il cammino della Tradizione di Pino Tosca, Il Cerchio, Rimini (1997).
Il fronte dei cattolici fedeli alla Tradizione, a partire dalla prima comparsa di opere e articoli tradotti in italiano da Alfredo Cattabiani, Giovanni Cantoni, Silvio Vitale e Gianni Allegra, ebbe fra i suoi magistrali riferimenti la figura e l’opera di Francisco Elias de Tejada y Spinola.
Un personaggio, oltre che uomo di spessore e autentico erudito, maestro del XX secolo del pensiero carlista e fiero oppositore, prima e dopo l’instaurazione, della monarchia spagnola dei Borbone, ritenuta avversaria in nome di un’Europa che, storicamente e nella realtà, don Francisco non amava; anzi, combatteva. Personalmente ritenni invece giusta la scelta del generalissimo Franco per Juan Carlos, tanto da pubblicare uno scritto (curato da Michele Rallo) di Blas Pinar, il capo di Fuerza Nueva, che era un vecchio falangista e seguace di Josè Antonio Primo de Rivera. Feci amicizia con Pinar, prima a Roma e poi nella lunga settimana del 1978 in giro per la Sicilia con l’Eurodestra (sedevo a pranzo con Fini e, nell’occasione, avevo pubblicato l’Intervista sull’Eurodestra di Almirante, che si diffuse enormemente in quel frangente e fu presentata, con lo stesso Almirante, a Palermo). Di quel giro siciliano furono protagonisti don Sisto di Borbone-Parma, Tixier Vignancour, un deputato greco ed esponenti della fiamma francese.
De Tejada, invece, propugnava il Carlismo storico e dottrinale, basato sulla visione della società e sulla monarchia tradizionale, sui fueros, le autonomie locali che, intese come affluenti, sboccano sul grande fiume della nazione, secondo l’immagine che ne faceva un altro teorico carlista, Juan Vázquez de Mella.
Grazie a Silvio Vitale e al Convegno de “L’Alfiere” del 1973 a Napoli, conobbi de Tejada, approfondii la sua dottrina e ne apprezzai la sconfinata cultura.
Rimando al profilo su Silvio Vitale e su Michele Federico Sciacca per i particolari riguardanti i quattro convegni di Genova, Bari, Palermo e Roma (San Tommaso d’Aquino e Vico e, nodali, per l’interpretazione autentica dei fatti storici, quello sulle Insorgenze antigiacobine e antinapoleoniche e i relativi movimenti popolari, nonché quello sul Risorgimento italiano). Perni ideativi di questi Convegni furono, oltre a de Tejada, Vitale, Vassallo, Tosca, Paolo Caucci e chi scrive.
Era un uomo certamente superiore alla media, anche aduso al fare cameratesco, e risultava perfino simpatico; ma aveva un’enorme considerazione di se stesso, non sentendosi – a torto o a ragione – secondo a nessuno, persino come cattedratico.
l’impalcatura dei quattro incontri della sezione italiana dell’Associazione Internazionale dei Giusnaturalisti Cattolici, intitolata a Filippo II (1527-1598), era più che valida; non altrettanto sopra le parti e serena si mostrò la posizione, sempre predominante peraltro, di de Tejada. Asserisco tutto questo non per sminuire la sua grande opera storica, filosofica e sul diritto naturale (che insegnava a Siviglia), quanto per gli “incidenti” con il cardinale Siri, con panunzio e per le sue dichiarazioni, sotto la temporanea presidenza palermitana di un mio Amico, il francescano rinnovato padre Antonio da Città Ducale, allorché don Francisco ebbe a chiamare pubblicamente il Papa Paolo VI come Mao VI... Si può ben comprendere lo stupore di tanti e il mio disappunto di padrone di casa, che certo peraltro non lesinava critiche al magistero ordinario di quel papa (che, al confronto dei tempi correnti, mi appare un gigante dell’ortodossia, non foss’altro per il Suo Fidem servavi, sul cui contenuto pubblicai un libretto di Piero Vassallo, che ci procurò nell’ambiente non poche incomprensioni e qualche nuovo nemico).
Anche le tesi sul Risorgimento di de Tejada furono alquanto discusse al Convegno romano, con epici “scontri” fra Vitale, Belfiori, Carlo Casalena e Tosca.
Si può ben affermare che de Tejada fu un Maestro e il suo pensiero e la sua ricerca degli spartiacque furono basilari onde contribuire a rileggere per intero la cultura mediterranea e l’identità stessa napoletana e italiana. La sua influenza e il suo insegnamento metastorico e metapolitico rimasero, anche dopo la morte, fondamento di riflessione per vari uomini e donne di fede e cultura tradizionale e anche assai utili nell’azione che esprimemmo – specie con Tosca e Vassallo, nonché attraverso alcune riviste (“traditio”, “La Quercia”, “Tradizione” di Angelo Ruggiero); i movimenti culturali e quelli politici, intitolati al tradizionalismo sotto varie denominazioni (RCTM, Tradizionalismo Popolare, Tradizione Futuro, Comunione Tradizionale di Pucci Cipriani, PTP e movimento “i tradizionalpopolari”) – e che può sostanzialmente datarsi in continuità dal 1972 in poi, ossia, appunto, dal Convegno napoletano del 1973.
Oltre quaranta gli anni, quindi, che sono stati dei segnavia per intere generazioni.
Miguel Ayuso e la Fondazione Tejada a madrid attualizzano ancora e positivamente il lascito tejadiano.
Il mio ricordo è, quindi, colmo di gratitudine e ammirazione per questo hidalgo del XX secolo, quale fu appunto de tejada, che amava visceralmente Napoli e considerò Palermo una capitale.
Nei giorni palermitani, oltre al Convegno antigiacobino, vi fu una parentesi girgentana di un’intera giornata, in cui don Francisco si accompagnò con Virgilio Titone e Calogero Messina nella città dei Templi, unitamente alla consorte, la bella donna Gabriella Percopo, che non sopravvisse tanto tempo alla scomparsa del marito. A Palermo de Tejada gustò le nostre specialità e si divertì all’Opera dei pupi del maestro mancuso, allora con teatrino a Piazza Sturzo. E, quando si fermò al centro della Piazza dei Quattro Canti, che più ispanica è difficile, sentenziò solenne, incurante del traffico e dei vigili urbani: «Questa è la più bella piazza del mondo».
Eccessivo, ma tanto generoso, come sempre.
 

nella foto da sinistra: T. Romano e de Tejada

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