Recuperi/10 - "Almanaccando Almanacchi" di Tommaso Romano
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- Category: Scritture
- Creato: 29 Maggio 2018
- Scritto da Redazione Culturelite
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La voce Almana-cha e Almanachia quale voce antica la ritroviamo in Eusebio e ancora nel greco Almenachòn con composto dell'arabo AL articolo determinativo MANÀKH (clima) e MANATH (mese), a cui il Mahn più regolarmente sostituisce il greco Ménachos giro della luna; per altri è valida l’origine ebraica di MANAH, che vuol significare distribuzione, computo da MANA'HA numerare, e MEN numeria. I latini dal termine MÉNACHOS (lunazione) fecero derivare MENACHUS, cerchio dell'orologio solare, il quale, mediante l’ombra dello gnomone indicava le ore, i giorni, le fasi lunari, i mesi e i segni dello zodiaco.
Le lunazioni rappresentano lo spazio di quasi trenta giorni in cui la luna compie le sue fasi. Gli ebrei e gli arabi furono primi a fabbricare tali calendari (da 4000 anni, comunque, in Cina si pubblicano i Ching); il vocabolo fu poi introdotto in Europa dagli spagnoli. Se ne ha già traccia nel 1088 e nel tardo Medioevo.
In versione popolare (annuale o perpetuo) erano composti in grandi fogli murali, con incisioni tipografiche e disegni, notizie astronomiche, agricole, mediche, fiere, posizioni di stelle, pianeti, costellazioni e indicazioni relative all'alternarsi delle stagioni. Dal 1500 con l’avvento della stampa, si ampliò di molto la diffusione degli almanacchi, sempre più ricchi di pagine, illustrazioni e informazioni, divenendo così strumento privilegiato di consultazione e visione domestica fra contadini, artigiani e piccola borghesia.
Il primo almanacco stampato si ha, comunque, nel 1548 nella città di Lipsia.
Giustamente famoso è l'Almanacco Perpetuo del cosentino Rutilio Benincasa, pubblicato per la prima volta a Napoli nel 1553, undici anni prima della riforma del calendario stabilita da papa Gregorio XIII.
Tale Almanacco, poi detto del Benincasa, nel Settecento, fu illustrato e diviso in cinque parti da Ottavio Beltrano di Terranova di Calabria Citra, e si autodefiniva quale «Opera molto necessaria e dilettevole, come anco di gran giovamento, ed utile a ciascheduno, e particolarmente ad Astrologi, Fisionomici, Medici, Fisici, Chirurghi, Barbieri, Distillatori, Alchimisti, Agricoltori, Pittori, Nocchieri, Viandanti, Mastri di Campo, Sergenti Maggiori, Aiutanti e qualunque altra persona curiosa». L’edizione più accessibile è quella del 1754, stampata a Venezia presso la stamperia Remondini, rimasta quasi inalterata fino alla fine di quel secolo; nell’Ottocento si ebbero più edizioni non sempre fedeli e nel Novecento, fino agli anni Novanta, fu sfruttata come titolo con alterazioni radicali. Numerosi gli argomenti trattati dal Benincasa, fra i quali ritroviamo nel tempo le tavole per calcolare le fasi lunari e tutte le configurazioni della luna in perpetuo con i loro effetti sul piano atmosferico; le previsioni astrologiche annuali che si rinnovano ogni 28 anni secondo il ciclo solare; le tavole relative alla struttura del calendario e alle feste mobili; la cronologia di tutti gli avvenimenti storici più rilevanti dalla creazione del mondo; un trattato di fisiognomica; nozioni di geografia e cosmografia; un trattato sull’arte della navigazione e sull’orientamento; nozioni di aritmetica con le loro applicazioni in svariati campi.
A partire dal 1550 è il celeberrimo Almanacco delle Centurie astrologiche di Nostradamus, che con linguaggio criptico ed esoterico, predisse molti fatti, alcuni poi avvenuti (come la sciagura delle torri gemelle negli USA) e più in generale prevedendo la fine dei tempi che non è da intendersi come la fine del mondo (è anche il caso dei Maya e del loro Calendario e di una data simbolica a cui siamo “scampati” il 21 dicembre 2012) ma piuttosto il ribaltamento - anche etico - di un mondo che finisce per un’altra dimensione avvenire. Tesi e previsioni già presenti nelle dottrine orientali delle Quattro Età e nel Kaly Yuga. Nostradamus è ancora molto consultato.
Dal 1732 è la volta dello storico Almanacco del povero Riccardo, americano, diretto per 25 anni da Benjamin Franklin e ancora stampato.
A Pavia, nel 1742, nasce l’Almanacco universale del Gran Pescatore di Chiaravalle, edito a Milano da Carlo Antonio Lucca, dal 1770 si continuò a stampare in Tortona ed è oggi pubblicato annualmente ancora dalle edizioni Amedeo di Torino in varie edizioni regionali. Conteneva e contiene informazioni della vita agreste e memorie della civiltà rurale. Oltre a sagre, fiere, feste, lunazioni, si occupa di agricoltura tradizionale e biologica, astrologia, cabala, zodiaco, tariffe varie.
Altrettanto importante e longevo è stato il monumentale Almanacco di Gotha edito in Germania nel 1763 e pubblicato fino agli anni Quaranta del Novecento, in più lingue. In esso si trovano la genealogia accurata di tutte le casate reali e nobili più importanti con l’indicazione di storie, avvenimenti, descrizioni di ordini cavallereschi e al merito. Nello stesso periodo nasce in Francia l'Almanacco delle Muse (1765 - 1833) con edizioni anche in Germania; del 1765 è la prima comparsa in Inghilterra dell'Almanacco Nautico per astronomi e naviganti.
Sarebbe impossibile in questa sede enumerare tutti gli almanacchi e le varie tipologie di questi da tre secoli a questa parte editi nell’intero globo.
Ci limiteremo quindi a citare quelli fra i più curiosi e celebri, a partire dal Milano Sacro Almanacco del 1789, dedicato a tutto il clero delle città e Diocesi di Milano, per opera di Gianni Montani “con permissione”. Altro Almanacco settecentesco e ottocentesco lombardo è quello denominato La luna in corso del dottor Testaverde, prodotto dai fratelli Vigoni, dai Galeazzi, Ribaldi e Motta.
Pietro Verri, annotava scandalizzato che nella Milano di Maria Teresa d’Austria, si vendevano ben tremila copie dell’Almanacco La pellegrina celeste mentre falliva l’edizione del Censimento, tanto da fargli decidere di pubblicare anonimi, con sarcasmo e burla e con sottofondo riformista, gli Almanacchi II gran Zoroastro, e il Mal di milza. Ancora in area lombarda ritroviamo gli Almanacchi per ogni condizione sociale e professione: dallo Zaccagnino indovino, al Tolomeo Rabi d’Astriboli, ricco di consigli pedagogici, e ancora: La galleria delle stelle; Il cieco indovino; Il girasole; Il meneghino critico; L'incognito astronomo; Il rustico indovino. A proposito di indovini il diffuso Barbanera si stamperà, ininterrottamente, dal 1762, ma non mancherà con minor fortuna l’Almanacco Barbabianca.
Nell’Ottocento si ha un ricco fiorire di almanacchi di ogni genere e qualità: nobiliari come il Calendario d'Oro, e l’aggiornatissimo per i tempi Almanacco Reale del Regno delle Due Sicilie, specie l’edizione napoletana del 1857.
La celebre casa editrice Bemporad di Firenze nel 1896 dà alla stampa l’Almanacco Italiano “enciclopedia popolare di vita pratica” (nel 1938 a causa delle famigerate leggi razziali le Bemporad dovrà cambiare nome in Marzocco). Le copertine tricolori di questo diffusissimo Almanacco segnarono la fortuna che gli arriderà fino al secondo dopoguerra. Da notare che sempre per la Bemporad, diretta dalla moglie del titolare Enrico, Silvia De Benedetti, dal 1920 al 1940 si pubblicherà l’interessante Almanacco della Donna Italiana, ricco di fotografie dei fratelli Alinari, caricature e vignette, biografie, consigli pratici ed estetici, indicazioni di solennità civili e religiose. Vi collaborerà anche il Premio Nobel, Grazia Deledda.
Altri diffusi Almanacchi fra Otto e Novecento saranno: il Frate Indovino; l'Agendina Barlassina; la Collezione Almanacchi Regionali diretta da R. Almagià per le torinesi edizioni Paravia (per la Sicilia fu redatta da Ernesto De Franco); litografati i deliziosi calendarietti - almanacco liberty e profumati della Società Albertelli di Milano; l'Almanacco (1914) della libreria Carlo Camilla di Saluzzo; quello sportivo della ditta Puglisi e Manera di Catania di inizio XX secolo; il milanese Migone; il calendario cesariano Vico Tusco di Milano e ancora numerosi altri che, pur prendendo nome di Almanacco, in realtà sono soltanto calendarietti, capolavori mignon di arte tipografica illustrati da grandi firme come il palermitano Aleardo Terzi.
Il Novecento letterario deve molto a Valentino Bompiani. A lui si deve l’edizione dell'Almanacco Letterario Italiano per antonomasia (1930 - 1942), curato con Cesare Zavattini e Prampolini nel 1931. Tuttavia le prime due edizioni del 1925 e 1926 furono curate, per la Mondadori, da Umberto Fracchia, che ne era responsabile letterario nonché direttore della “Fiera Letteraria”. Morto Fracchia, fu proprio Bompiani segretario generale della casa editrice, che ne continuerà la compilazione, con Enrico Piceni. Lasciata la Mondadori, Bompiani dirigerà per poco tempo l’Unitas, portandosi dietro “quale grazioso omaggio” la testata dell'Almanacco letterario, che ovviamente, dal 1930, sarà il fiore all’occhiello del raffinato gentiluomo-editore, che arriverà a stampare oltre 15 mila copie dell’Almanacco. Sarà bene leggere direttamente, dalle parole che troviamo nel catalogo Bompiani del 1934, traendo la vocazione e consistenza di tale storico Almanacco italiano: «è una rassegna completa dell’attività letteraria e artistica del mondo intero. Rassegne nutrite dovute alla penna dei migliori critici informano il lettore sulle principali manifestazioni letterarie e culturali di tutte le nazioni nel corso di un anno. La ricca documentazione fotografica illustra i grandi avvenimenti di politica e di cronaca mondiale, mostra altresì gli aspetti della vita intima dello scrittore in modo piacevole e scanzonato: di guisa che quest’altro modernissimo e accurato può servire ottimamente per conoscere anche i retroscena del nostro mondo letterario». Una pubblicazione, insomma, di grande spessore e originalità che avrà un seguito monografico nel 1977, con l’antologia critica Almanacco degli almanacchi. Potere e cultura in Italia dal 1925 al 1942 a cura di Rita Cirio, Pietro Favari e Giovanni Raboni, che è una rassegna, fra consenso al regime fascista e ironia, fra tradizione e innovazione (basti pensare all’apporto di Bruno Munari). Nel 1999, Matteo Collura dedicherà uno splendido numero monografico dell’Almanacco Bompiani a Leonardo Sciascia.
Del 1928 è l'Almanacco di Strapaese per Vanno MCMXXIX, con la copertina e l’edizione “L’Italiano in Bologna” di Leo Longanesi, pagina importante della cultura italiana novecentesca, con, fra gli altri, la collaborazione di Riccardo Bacchelli, Curzio Malaparte, Mino Maccari, Ardengo Soffici, Camillo Pellizzi, Giuseppe Ungaretti, Enrico Falqui.
Nel 1928 e fino al 1930 vede la luce l'Arcilibro. Almanacco dell'Alleanza Nazionale del Libro, con racconti illustrati, dal milanese editore Rovagliati. L’alleanza era l’associazione con cui il regime intendeva “svolgere con ogni mezzo un’attività ed efficace propaganda a favore del libro italiano, nel Paese e all’estero”. Caricature, fotografie, opere d’arte con notizie bio-bibliografiche degli scrittori italiani, elenchi di editori, biblioteche e periodici, i nomi degli Accademici d’Italia, contrassegnavano l'Arcilibro diretto da Ismaele Mario Camera.
Nel 1931, sempre per la stessa associazione, l'Arcilibro muterà il proprio titolo in Lunario delle Muse. Nel 1939 - 40 edito da Primi Piani esce l’Almanacco Letterario e d’arte Tesoretto a cura di Beniamino Del Fabbro, Giansiro Ferrata, Arturo Tofanelli e Leonardo Sinisgalli. Nel biennio successivo l'iniziativa prenderà il nome di Almanacco dello “Specchio”, prestigioso repertorio letterario mondadoriano edito - fino ad oggi - con qualche interruzione.
Nella prima edizione troveremo fra i curatori Alfonso Gatto, Salvatore Quasimodo, Arturo Tofanelli e Sinisgalli, con le più prestigiose collaborazioni.
Dal 1940 al 1942 esce l’Almanacco letterario Beltempo per i tipi delle Edizioni della Cometa di Roma, a cura di Enrico Falqui e Libero De Libero, espressione emblematica del travaglio del tempo tra realismo ed espressionismo, ricco di testi narrativi, poetici e rubriche varie per la penna di Brancati, Ungaretti, Contini, Comisso, Delfini, Gadda, Landolfi, Savinio, Vittorini, Gatto, Luzi, Montale e per l’arte con riproduzioni di Capogrossi, Casorati, De Pisis, Guttuso, Maccari, Mafai, Longanesi, Severini ecc.
Solo nell’anno 1941 uscirà la milanese La Luna nel corso, pubblicata da Corrente, con collaboratori quali Luciano Anceschi, Ernesto Treccani, Giansiro Ferrata. Mondadori, nel 1945, affiderà a Mario Vinciguerra, l’Almanacco II Presagio con collaboratori Alvaro, Bontempelli, Benedetto Croce, Alberto Savinio.
All’editore fiorentino Vallecchi, il merito di aver pubblicato, dal 1937 al 1940, l'Almanacco dei Visacci e, nel dopoguerra, L’Antipatico.
Fra il 1932 e il 1940 a Napoli, “I Quaderni di Athena” pubblicheranno l'Almanacco degli Scrittori Nostri. Non dimenticheremo, in questa veloce rassegna di almanacchi letterari, da ricordare l'Almanacco dell’Apollo buongustaio fondato a Roma da Mario dell’Arco negli anni ’50 e l'Almanacco del Pesce d’Oro del 1959 di Vanni Scheiwiller, un piccolo capolavoro anche grafico con copertina di Munari e molte illustrazioni di Campigli, De Chirico, Clerici, Cocteau, Morandi, Morlotti, Vespignani, fra gli altri, e testi curati da Antonio Delfini, Ennio Flaiano e Gaio Fratini. Di pirotecnica artecrazia fu l’ultimo Almanacco Futurista 1987, curato da Enzo Benedetto a Roma. In area sicula, l'Almanacco per il Popolo Siciliano di Francesco Lanza pubblicato a Roma nel 1924, ricorderemo l’impresa poderosa, per quantità e qualità, di Plumelia, Almanacco di cultura/e, diretto a Palermo da Aldo Gerbino.
Per concludere, il lettore curioso di almanacchi - non solo del Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passegere (1832) di Leopardi di nobile memoria letteraria - troverà cento e cento altri titoli (da non confondersi con le agende letterarie) di almanacchi settoriali e non, di scienza, sport, astronomia, del lavoro sociale, cinema, storia, gastronomia, cultura varia, di periodici, di imprese commerciali, di bibliofilia e di collezionismo, di partiti politici, turismo, mistero, artistici dell’eccellenza italiana e molto altro ancora.