Pubblichiamo la postfazione di Tommaso Romano al volume "Mercato e progresso" di Pasquale Attard (Ed. Thule)

 
 
Pasquale Attard è poeta delle amare verità, delle lucide sequenze del pensiero, delle parole scolpite sul marmo e mai sulla sabbia.
Nella escatologia fedele al Verbo, Attard continua in beata solitudo ad ammonire con fare da novello Savonarola, incurante delle mode, delle pseudo idee correnti viltade degli uomini e del politicamente e teologicamente corretto, la sua opinione è suffragata da spirito libero che non risparmia il fare mondano che si atrofizza e si misura con il nichilismo pratico. Uomo di fede robusta, Attard non considera la parola di salvezza un genere del passato, mette coraggiosamente ad apertura una frase di mons. Marcel Lefebvre che, come Atanasio, non si rimise al comune procedere, anzitutto nella Chiesa, per testimoniare il Dio della salvezza.
La poesia di Attard è luce fra tante tenebre: Sortisco assorto / dagli argini del buio, / e cerco luce /con fame di deserto, basterebbero questi versi per conclamare non solo l’intento e il richiamo veritativo, quanto la Poesia che diventa così - come scrive - Luce sull’uomo, attesa di redenzione. Forte e sentita è in Attard la creaturalità, il legame con il Creatore e Signore, la Pura visione che dalla natura si trascende verso il cielo e la gloria, nel tutto eterno. Ancora nella splendida lirica Nel regno del silenzio Attard si misura efficacemente con la metafora, il suo aquilone è vettore di riflessione profonda, ma anche di bellezza pura.
Certo, Attard non usa schermi e mezzi termini nei confronti dei potenti e dei poteri dominanti, degli atei di mestiere che esibiscono la loro spocchia e trova più autenticità in Hackiko nel passerotto, nel gatto che in tanti servi delle tenebre e nanerottoli.
Attento cantore delle tradizioni profonde (si veda Il Re è morto, dedicata al sovrano della Thailandia), grida impavido all’impostura, all’eresia, al rinnegamento (Francesco e Colpevole servo), d’una misericordia / rubata dal cassetto / delle seduzioni / del serpente antico, / tu trascini / le pecore nel fosso, senza scivolare sulla polemica ma, piuttosto, alzando lo sguardo, metafisicamente, verso la grande promessa, in celeste volo, la Parusia dell’Amore, della bontà infinita e la vera rinascita da tutti i virus pestilenziali e annichilenti, perché, come lucidamente afferma nei suoi versi, nell’acqua putrida / galleggia solo pianto!
Cadute umanissime e risalite aspre ma che si schiudono alla beatifica visione di Dio, si misurano con i mali del quotidiano, la mafia, la menzogna che si oppone al vero, in quella lotta fisica e metafisica (L’inganno della carne) che non ammette chiaroscuri, e che ci ricorda l’Arcangelo.
Il breve passaggio vitale, schiude al nesso, all’amore che dà pace, all’eterna vita se questa sarà conquistata e non come presunto atto dovuto, come i relativisti, chierici e laici, i pacifisti senza pace, vanno sostenendo.
E la poesia si fa preghiera in Attard, invocazione di nuovi cieli e nuove terre, attesa d’una giustizia dove vige il sì sì no no il resto è del maligno: Sola salvezza l’eremo / e sabbatico l’andare, / chiuder la porta d’anima / al vento suo infernale.
In questa Sfida a Dio, nella Babele delle genti, nel delirio d’onnipotenza, nel secol del matto orgoglio, ci consolano i versi sublimi sul pianoforte della Luna, / divinamente / il Buon Pastore suona. / Brividi d’immenso / sulle celesti note / carezzano lo spazio, / sussurrando amore.
Il Deus Absconditus si svela a chi lo invoca e, scrive Attard, Nell’adeguata ora della vita / s’accende delicata sinfonia, / che spegne le candele della notte / per suonar soavemente /la musica del Vero nelle vene.
Anche le Dediche confermano la duplice valenza dei motivi ispiratori della poesia di Pasquale Attard, specie riguardo i versi dedicati alla musica, alla pittura, alla luce-speranza.
Con gli altri due volumi di liriche questo forma una grande triade di vibranti sostanze, di animose riflessioni esistenziali, etiche e al contempo sapienziali, a volte urticanti alle anime deboli, ma sempre intrise di umile passione cristocentrica, di un viandante che indica una via, la via, della propria e dell’altrui salvezza.
Ricapitolare il profondo significato e valore apocalittico e insieme liricamente struggente di questi versi, significa riconciliarsi con la vera e più alta Essenza, con l’Unità incorrotta, con lo sguardo assorto di chi, con Attard, sa essere interamente uomo, poeta e credente.
 
 
 
 
 
 
 
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