Serena Lao, “L’abominevole diadema” (Ed. Thule) - di Antonino Schiera

La piacevole lettura del racconto “L’abominevole diadema” di Serena Lao mette in evidenza due aspetti dell’autrice, che in via generale vengono considerati idiosincratici. Ovvero l’approccio alla vita pragmatico e poetico, artistico più in generale, considerato il vasto e importante repertorio creativo dell’autrice poetessa, attrice, scrittrice e compositrice di testi e opere di teatro musicale.

“L’abominevole diadema” è un diario che ripercorre le fasi, maggiormente invasive della nostra quotidianità a partire dal 22 marzo 2020, caratterizzate da una serie di provvedimenti finalizzati a bloccare la pandemia da Covid-19. Diario nel quale l’autrice descrive in maniera dettagliata le sue sensazioni, ansie, paure, considerazioni, ma anche attente e ponderate critiche che in quel periodo hanno assunto una valenza universale, considerata la vastità del problema.

La protagonista racconta le necessarie contromisure che ha adottato per contrastare il disagio della segregazione tra le mura di casa, che tutti abbiamo vissuto.

Pragmatismo e poesia insieme, dicevo, che si intrecciano nelle pagine del diario quando l’autrice descrive come si è organizzata per avere la dispensa piena, per rimanere in contatto con i propri cari utilizzando le moderne tecnologie, per mantenere la giusta dose di reattività, di spirito critico e di benessere fisico per non essere sopraffatta dal virus.

Ma anche tanta poesia e generosità d’animo che si evidenziano quando Serena Lao scrive “I raggi del sole mi accarezzano dolcemente il viso… In questa effimera oasi di felicità, rapita dal risveglio del creato, dimentico per un attimo la tragedia che ci ha colpiti. la natura , incurante del dramma che noi mortali stiamo vivendo, prosegue il suo perenne cammino, assecondando l’equilibrio cosmico di sequenze stagionali”. Ecco che viene fuori potente la funzione salvifica, rigeneratrice e purificatrice della poesia e della creatività artistica in generale.

Sono prigioniera” scrive Serena Lao nelle prime battute del suo libro e poi il virus diventa con descrizione fiabesca un “mostriciattolo”,  non cedendo peraltro all’amara e sbagliata considerazione del mal comune mezzo gaudio quando scrive “Non mi consola affatto realizzare che la collettività dell’intero pianeta sia afflitta dalla medesima calamità”.

L’autrice attinge dalle sue risorse personali desiderando di “dialogare solo con se stessa” riponendo grande importanza al fluire dei pensieri, spesso introspettivi, che permettono di fortificarsi, in via generale, di fronte alle situazioni di disagio e di pericolo di qualsiasi natura.

Citando Jean-Paul Sartre filosofo, scrittore, drammaturgo e critico letterario francese, considerato uno dei più importanti rappresentanti dell'esistenzialismo, “l'esistenza dell'individuo precede l'essenza e che il libero arbitrio esiste”, pertanto l’esistenza, le esperienze di Serena Lao che divengono essenza e, come scrivevo prima, entità che si esprime al meglio di fronte alle tragedie, anche attraversa la giusta elaborazione dei pensieri. Il tutto innestato nel libero arbitrio, concetto filosofico e teologico secondo il quale ogni persona ha il potere di decidere gli scopi del proprio agire e pensare. Considerazione che si innesta con la proliferazione dei complottisti e dei no vax, che Serena Lao affronta con distaccato equilibrio e con la consapevolezza che ciò che è stato fatto andava fatto, seppur con pesanti effetti collaterali. E poi la domanda che tutti ci siamo posti relativa all’evoluzione dei pensieri e dei comportamenti dell’uomo in generale. Sono migliorati o sono peggiorati? Domanda alla quale l'autrice dà una risposta ben precisa nel suo diario personale.

Serena Lao consegna ai lettori uno scritto che contribuisce a ricordare che il progresso nell’ambito medico, con i dovuti distinguo naturalmente, aiuta a vivere meglio, ma nello stesso tempo che la natura, spesso complici scelte scellerate di noi umani, ha ancora la capacità di metterci in seria difficoltà.

Infine un plauso particolare va ascritto alla capacità e al coraggio dell’autrice per avere “umanizzato” il disagio attraverso la narrazione dei suoi reconditi pensieri e delle sue preoccupazioni, che in realtà erano baluardo e corazza contro il virus.

Fede, affetti familiari, amicizia, valori personali mai scalfiti e messi in discussione e tanta pazienza di cui parlava già 200 anni prima della nascita di Gesù Catone il Vecchio “di tutte le virtù umane, la pazienza è la più grande”. Molti anni più tardi anche Giacomo Leopardi, nello "Zibaldone", scriveva che la pazienza è la più eroica delle virtù.

 

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