Guglielmo Peralta, “H-OMBRE-S” (Genesi Ed.) - di Gabriella Maggio

Abdulrazak  Gurnah, vincitore del premio Nobel per la Letteratura nel 2021, nel saggio del 2004 Writing and Place dice  come si diventa  un narratore :”Credo che gli scrittori arrivino a scrivere attraverso la lettura, che sia in quel processo di accumulo e accrescimento, di echi e ripetizioni, che modellino il loro registro”. Un’eco  di queste parole   si trova in H-ombre-s  di Guglielmo Peralta. L’opera si offre al lettore come un devoto tributo agli autori ed alle opere con cui ha nel tempo stabilito  consuetudine.

Il  titolo  H-ombre-s  allude a   uomini e ombre, uomini in quanto sogno di un’ombra, prova del loro nulla, e ombre in quanto creazioni della fantasia. Sottili sono le relazioni tra  i modelli letterari con cui Peralta intesse legami combinatori tra realtà e finzione, sogno/fantasia. Testimonianza della  soaltà neologismo coniato dall’autore per indicare  il suo pensiero filosofico. H-ombre-s si propone perciò come un campo di tensione entro cui si mescolano aspetti che hanno caratterizzato la produzione letteraria degli ultimi decenni del secolo scorso, metaletteratura, riscrittura, tecnica combinatoria. La letteratura è infatti  incontro, interazione e movimento. È quasi un organismo vivente che si trasforma nel dialogo col lettore che a sua volta è un creatore. Guglielmo Peralta racconta, e si racconta attraverso una personale biblioteca, le opere letterarie che borgesianamente  costituiscono il suo mondo. L’atto della lettura e quello della scrittura s’incontrano e interagiscono, si contaminano e costituiscono una specie di sfida al labirinto calviniano, metafora di un reale complesso e spersonalizzato che cancella quanto ritiene inutile. Peralta approfondisce e personalizza le parole di Marco Polo a Kublai in” Le città invisibili” di I. Calvino:  “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce più facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui; cercare e sapere riconoscere che e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. Il “non inferno” di Peralta  è  la letteratura con la quale è possibile costruire un filo di Arianna che permetta di uscire dal labirinto, perché gli umani hanno bisogno di storie, di favole, di poesia. Ma della letteratura interessa particolarmente a Peralta l’atto della creazione artistica che non è una conquista stabile, una volta per tutte, ma soltanto un continuo approssimarsi alla meta: Perché sempre l’idea è tradita dalla parola e la parola è tradita dall’idea. Itaca è sempre da raggiungere , come dice Kostantino Kavafis:

Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni

Solo qualche miraggio offre / la Bellezza specchio dell’invisibile dice a sua volta Peralta nella silloge poetica  “Sul far della poesia”.

In questo modo  lo scrittore spinge il lettore a chiedersi cosa sia la letteratura. Sono illuminanti nella loro ambigua connotazione  le parole di  R. Wellek-A.Warren in “Teoria della letteratura”:

Che cosa è la letteratura? Qual è la sua essenza? Per quanto questi interrogativi appaiano semplici, è raro che ad essi venga data una risposta chiara… Un personaggio di romanzo è assai diverso da una figura storica o da una figura della vita reale, poiché è fatto soltanto di parole che lo descrivono o che l’autore gli fa dire, non ha passato né futuro e neppure una continuità di vita…”

È innegabile però  che questo mondo di parole abbia ed abbia  avuto  sempre  una  forte  incidenza  nella vita umana. Leggiamo  nello Zibaldone  di G. Leopardi:

«Dalla lettura di un pezzo di vera, contemporanea poesia, in versi o in prosa (ma più efficace impressione è quella de’ versi), si può, e forse meglio (anche in questi sì prosaici tempi), dir quello che di un sorriso diceva lo Sterne: che essa aggiunge un filo alla tela brevissima della nostra vita. Essa ci rinfresca, per così dire; e ci accresce la vitalità. Ma rarissimi sono oggi i pezzi di questa sorta».

Nel romanzo H-ombre-s, K., il personaggio protagonista de “Il Castello” di Kafka, si fa pellegrino come Dante per trovare con l’aiuto di Beatrice un senso alla propria vita ed al mondo. Altri personaggi di H-ombre-s sono Sigismondo ( La vita è sogno), Don Chisciotte, Euridice (Le Metamorfosi), Sierva Maria (Dell’amore ed altri demoni di Marquez), Sonja Mamerladova (Delitto e castigo di Dostojevskij), i Sei Personaggi in cerca d’autore (Pirandello), Beatrice (Divina Commedia), Amleto, Odisseo. K. li  incontra nel Castello che ambiguamente richiama il nobile castello del Limbo dantesco ed il Castello di Kafka. I personaggi, nati dal sogno di un autore  ora sono rigenerati nella riscrittura da un dio altro sconosciuto, che naturalmente è l’autore  di H-ombre-s. La riscrittura  arricchisce i personaggi che  mantengono intatto il loro élan vital pur nel tempo borgesianamente complesso nel quale si ritrovano. Complesso perché non soltanto reale ma anche tempo immaginario senza distinzione di passato presente e futuro.

I personaggi  di Peralta vogliono destarsi a vita nuova  e reale; come i Sei Personaggi pirandelliani, desiderano passare da essere forma ad avere forma. Avere forma è proprio delle persone viventi, costrette per loro natura a cangiarsi di continuo, e perciò a vanificarsi, a non essere. Essere forma è proprio del personaggio letterario fissato sulla pagina, dove resta eterno e immutabile nello spazio e nel tempo, meno reale, ma più vero. I personaggi  vogliono acquistare vita vera, avere carne, ossa e volontà di costruire il proprio destino. La ricerca dei personaggi si concluderà nel decimo cielo, come nella Commedia.

In un testo concettualmente parallelo a H-ombre-s, in cui Peralta ha riscritto il personaggio di Amleto per il teatro, viene profondamente indagato questo bisogno del personaggio di mutarsi in uomo vero: “Un respiro, una larva di vita è in noi, in questa nostra strana e misteriosa condizione, in questo stare fuori dal mondo, in questo eterno permanere dentro il regno delle Ombre!...Che è, dunque, l'essere?... È la realtà ed è il sogno?... È il mondo ed è il libro, nel quale siamo Ombre riproducibili e immortali?... Siamo in un labirinto, offerti in sacrificio al ‘moloch’ della lettura, agli innumerevoli occhi che si nutrono dei nostri sentimenti, delle nostre passioni, delle nostre gioie e angosce, della nostra varia e verosimile vita!... Noi siamo la più grande illusione degli occhi che ci vedono come in uno specchio, perché siamo l'immagine, la rappresentazione della vita, che pure ci è madre ed è la nostra sirena e il canto che ci attrae oltre i confini del sogno”.

La narrazione di H-ombre-s si snoda con rapidità, fra barbagli di immagini e riferimenti  letterari, nella cornice incantata di rupi castelli e ponti. Libero da rigidi schematismi il procedimento allegorico di Peralta costruisce una macchina romanzesca, che gli permette di congiungere una vicenda irripetibile e irriducibile con un modello universale e atemporale, legando cioè il puro narrare a una sorta di liturgia laica: Ma dal dolore che ci consuma nasce negli uomini la gioia che ci rinnova e ci riproduce... Ed ecco, lo videro finalmente, il decimo cielo!... il paradiso della scrittura.

È  evidente la  spiccata componente metaletteraria di H-ombre-s. La lettura, la scrittura, il processo misterioso della  creazione artistica, esaltate nelle ultime pagine del romanzo, sono una possibile risposta all’ “oblio dell’essere”, alla trasvalutazione della natura dell’uomo, sostituita dalla “natura artificiale”. Emblema di questa condizione umana è Kafka che ha ritratto il mondo moderno con le sue  caratteristiche inquietanti. I protagonisti delle sue opere sono soggetti alla violenza arbitraria rappresentati in situazioni imperscrutabili nelle quali si sentono osservati e deprivati della loro privacy e, quando chiedono spiegazioni, sembrano ricevere prontamente una grande quantità di informazioni, ma mai nulla di veramente utile, per cui sono destinati a non uscirne o ad essere rinviati da un’istanza all’altra.
Sono queste esperienze che caratterizzano le moderne,  iper-burocratizzate società di massa, nelle quali la comunicazione è sempre più anonimizzata o automatizzata. Per questo le ultime parole del romanzo sono: “In lontananza si udì la voce di K. , di Josef & K. , sillabare gioiosa e palpitante un nome, un nome tondo e sonoro: Franz Kafka. E fu la calma assoluta, nel silenzio sacro della pagina.

Gabriella Maggio

 

 

 

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