Rilettura di un profetico saggio di Tommaso Romano: "L'Apocalisse e la Gloria", pubblicato nel 2015.

di Vito Mauro
 
“È l’ora della consapevolezza, del salvaguardarsi e proteggersi reciprocamente.”, non poteva esserci incipit più appropriato per il periodo che stiamo attraversando, come quello di L’Apocalisse e la Gloria di Tommaso Romano, saggio riportato nel n. 88 del gennaio/aprile 2016, di “Spiritualità & Letteratura”, Collana fondata nel 1986.
Un pamphlet radicale con scrittura acuta tutta da sottolineare, che fin dal titolo pone temi filosofici, con tutte frasi da citare, ogni rigo da ponderare, tutte asserzioni che possono essere degli aforismi da meditare. È impressionante quanto Romano come un novello profeta scrive: “Non arrendersi, interiormente, al declino.”, “Il bel tempo andato è una chimera che non ritorna, non farsi infiacchire e non dimenticare però che questo che viviamo è il peggiore dei mondi possibili fino ad ora conosciuti”, oppure: “I disastri della modernità, non solo quelli nucleari ed ecologici, sono però davanti a noi.”
In un libro-tavola con dettami da leggere a piccole dosi dove si trova sempre qualche cosa da assimilare, che fa riflettere è incredibile quanto sin dalla premessa afferma: “so e credo che alla fine verrà un nuovo provvidenziale Inizio anche attraverso l’opera dei Salvati, che godranno della Parusia, della nuova manifestazione reale del Cristo.”, perché nell’Apocalisse l’uomo è chiamato a resistere, a non cadere nell’inerzia spirituale, affinché possano essere una volta per tutte restaurate l’originaria bontà, la rivincita del bene e la bellezza della creazione.
In un momento in cui il mondo è al collasso, in un’epoca di atroce superficialità, di auto-rappresentazioni e d’incapacità di dialogo, dove sono spariti i punti di riferimento, senza capire se siamo o meno coscienti che il pericolo è praticamente globale, L’Apocalisse e la Gloria è un elenco di buoni propositi, con parole misurate, essenziali dall’effetto dirompente, Romano riflette sul senso del vivere, con la consapevolezza che la fine può essere evitata riscoprendo e riconquistando i valori cristiani tradizionali, seguendo la Fede, anche aiutando la scienza con la forza di un sogno e con l’energia di un desiderio di vivere un cambiamento e affrontare un futuro radicalmente diverso da quello attuale con un vigore culturale che non generi solo desideri, ma che riesce ad “Opporsi intellettualmente con il proprio procedere e, quindi, agire di conseguenza e con coerenza.”, e non “un vuoto agitarsi arbitrario.”
Leggendo L’Apocalisse e la Gloria, un singolare tesoretto concettuale suscitato da una ragionevole visione della vita, emerge una forza suggestiva dalla stessa suddivisione dei suoi undici capitoli ben definiti, dai titoli significativi: “Salvaguardarsi dalla nuova babilonia”, “Ritrovare il fondamento”, “Il tempo apocalittico”, “Credere oltre le infedeltà”, “Ritornare al senso dell’anima”, “Coscienza e conoscenza”, “Modernità come dissoluzione e contemplazione”, “Il diritto e i diritti”, “Scegliere la nobiltà dello spirito”, “Identità e logica della modernità”, “Scegliere di salvarsi”, che ci spinge a resistere agli impulsi dell’egoismo, a rivedere le nostre priorità, a prepararci all’inaspettato ed a capire che il nostro vivere è condizionato all’ambiente naturale e sociale. Un formidabile antidoto sociale si trova nella “Bellezza come Etica e Arte” con il suo magico potere creante e nella spinta del “saper donare.”, perché offrendo, ci si sente bene.
Tommaso Romano con stili di saggezza del vivere ci ricorda di esaltare la vita, di “Scoprire e circondarsi quanto più possibile di bellezza,”, di condurla fino ai confini ultimi dell’equilibrio sovrannaturale, nel romaniano mosaicosmo, un invito a riflettere sui nostri “valori che sembrano appartenere al passato” e sulla nostra umanità, un appello teso a dare risposta ai perché più profondi della vita, che oggi diventa un inno alla vita, una chiamata a cogliere l’attimo presente contro la morte dell’anima ed a recuperare l’etica del “limite da non varcare. Contro tutto ciò che è solo frutto di desiderio individuale, avverso alla logica che è inscritta nella natura e nell’ordine delle cose.”.
Quando il disordine sotto il cielo è grande e si va “verso la deriva modernizzante dell’asse spirituale e dei fondamenti etici” e sì e assediati da una realtà Apocalittica per non far vincere il disordine e la trasgressione si pone la “Tradizione divina e Sacra Scrittura” al vertice, ci si affida nella speranza della Gloria di Dio, in un “di più” di bene per opporci al male. 
Romano evidenzia quanto “In troppe Chiese, per esempio, si spegne … il calore solenne del Rito, del Sacro, del Sacrificio. Quella fede semplice, … offusca così il Mistero, che solo nella lieve musica del Silenzio si può cogliere.”, perché vogliamo sentirci speciali senza un rapporto con il sacro e con il divino, fino ad arrivare alla normalità del male, constatandone la stanchezza dell’anima e la propria impotenza con malinconia, imprigionati nel presente, confusi e atterriti, non solo senza futuro, ma anche senza un’eredità da offrire.
Il contesto odierno ci fa pensare di essere arrivati oltre l’immaginario, che la società non sempre si adegua al punto di vista della scienza e Romano nel citare personaggi ci mette in guardia da una società che rende precaria l’armonia del mondo e cita Marco Tullio Cicerone quando sosteneva che “accettare con razionalità il proprio destino non come imposizione ma come scelta”, “un modo di resistere e di non fuggire, di rispondere come si può all’assedio nella via stretta.”, evidenziando come in un’epoca della negazione dei valori umani, in cui le risorse spirituali e intellettuali sono esaurite “fino all’attuale ignorare le stesse cose, i diritti stessi di Dio, con il suo conseguente misconoscimento, fino all’irrisione del concetto della “nazione santa”.”, e non si sa, dove stiamo andando avendo smarrito la luce si sta Nel buio aspettando l’alba, (come una) speranza che non muore.  
Cicerone alla sua epoca diceva “Corrono brutti tempi” e siccome non c’è mai limite al peggio, Romano scrive: “Perché viviamo in un tempo che definire apocalittico è forse non tanto comprensibile ai più?”, magari per via delle informazioni spesso svianti, in un disordine globale: “Troppi i moniti, i segni che si moltiplicano da decenni: eventi escatologici, naturali, chimici e nucleari, sciagure etiche, violenze, eugenetica e crisi di tutti i generi nei vari domini umani.”
Calvino scriveva che “l’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui” e forse non giunge a caso, nella tragica pagina dei nostri giorni, in momenti di angoscia per l’ignoto, nel desiderio di trovare una sicurezza vitale, una lettura da qualche tempo rinviata di un argomento complesso, di una riflessione cosmica e filosofica che con un linguaggio razionale e lineare l’Autore lo fa diventare un “libro necessario” che ci induce a una profonda riflessione sugli aspetti umani dell’esistenza, a sperare che “il tempo bastardo era dietro le spalle”.
“Oggi la crisi è sempre più grave, con l’accettazione e il trionfo delle teorie e della prassi neomoderniste veleggianti verso un panteismo che si irradia nel segno della falsa felicità,” chiaro è il grido d’amore verso l’umanità di Tommaso Romano, un’invocazione affinché l’uomo che ha fatto tanto, trovi la forza per fare di più e meglio.
Certo è che quella di Romano non è la sola voce, come una normalità dei tormenti, grida d’amore, invocazioni verso l’umanità, altri autori hanno scritto delle diverse crisi mondiali con titoli emblematici come: La grande cecità, Fragile umanità, Esiste un mondo a venire?, Fuori controllo, Il grido.
Se vogliamo dirla con Vittorio Vettori: “Siamo di fronte a un libro bellissimo, pensato e scritto davvero “come Dio comanda””, L’Apocalisse e la Gloria, un testo pieno di contenuti, un libretto d’istruzioni, che (come l’Autore) non richiede presentazione, vuole essere letto e riletto e il lettore lo può consultare online nel blog: www.spiritualitaeletteratura.blogspot.it.
Vito Mauro
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