“La storia si ripete: un’epidemia influenzale del Cinquecento” di Carmelo Currò Troiano

“Empia, t’e’ figlio chi ti uccide un figlio?” fa dire Vittorio Alfieri al Duca Cosimo I dei Medici, rivolto alla morente consorte Eleonora, al termine di una sconsiderata e noiosissima tragedia durante la quale tradimenti, congiure e omicidi familiari mostrano la crudelta’ malata di una grande famiglia. Wikipedia avverte che la tragedia e’ ispirata a fatti avvenuti nel 1562.

Ha ragione Roberto Cantagalli, nel suo volume Cosimo I de’ Medici Granduca di Toscana (Milano 1985), ad avvertire che la vicenda e’ stata volutamente travisata e mutata, secondo le insinuazioni del fuoriuscitismo fiorentino, e poi alimentata dalla propaganda antimedicea e protestante (p. 259).

In realta’, niente di tutto quello che scrive Alfieri e’ accaduto. Il seduttore della Duchessa d’Albany, moglie del Pretendente al Trono inglese, dimentica volentieri che i Principi erano troppo giovani, e che uno fra loro nei giorni delle morti si trovava addirittura in Spagna. Il Duca (allora non era ancora Granduca) era non ad una battuta di caccia ma al capezzale dell’amata moglie Eleonora che dopo una dolorosa malattia, moriva fra le sue braccia stringendo il Crocifisso (p.260).

Eleonora di Toledo, l’affascinante consorte appartenente alla piu’ influente famiglia spagnola del tempo, moriva a causa dell’epidemia influenzale, e sopraffatta dal dolore per la perdita di due figli, avvenuta nei giorni precedenti, anche a causa del contagio.

Ebbene si, un’epidemia influenzale colpi gravemente la Penisola nel 1562, si prolungo’ per alcuni mesi in diverse localita’ italiane e probabilmente ebbe origine (o si diffuse anch’essa) all’estero, se ne abbiamo notizia nel 1557 in Francia (dove fu colpita la famosa Principessa Renata di Francia con le sue figlie) e in Svizzera (dove si ammalo’ il naturalista Corrado Gesner). Prima domanda per i complottisti e per i sostenitori di laboratori segreti: da dove il virus sarebbe stato “liberato”? in quali laboratori furono inventati quei virus cinquecenteschi, se all’epoca Paesi come gli Stati Uniti non esistevano neppure?

L’epidemia colpiva vecchi e giovani, dunque, se tra i figli del Duca due morirono (il diciannovenne cardinale Giovanni e il quindicenne Garcia) e un terzo, il fanciullo Ferdinando, futuro cardinale e granduca, fu a lungo in pericolo di vita. “Mal del castrone” veniva chiamato allora, a causa della tosse abbaiante che colpiva i malati, e che si ripropose ancora a Venezia e in Toscana nel 1580. Scriveva il 3 dicembre 1562 Bernardo Canigiani, ambasciatore estense a Firenze: “Io non ho potuto fuggir questo male, il quale mi ha fatto star tre di nel letto con febre continua; per hoggi Dio gratia mi sono levato e spero esser guarito: qua questo mal si chiama mal del castion, e ve ne sono tanti malati che non vi e’ numero” (Cf. D. LIPPI, Quelle epidemie che hanno cambiato la storia, in Medicina e ricerca, 25 marzo 2020). I sintomi erano sempre gli stessi: febbre, catarro e tosse. Gli stessi che furono notati a Pitigliano e in altri territori vicini nel 1580 quando il contagio si ripropose con virulenza fra giugno e settembre dopo essersi diffuso in Europa. Seconda osservazione: anche in questo caso, il clima caldo non favorì lo spegnersi della malattia, se proprio a Pitigliano l’innalzamento dell’epidemia si ebbe in agosto, diventando letale per persone debilitate, bambini e vecchi.

Poiche’ in paese ogni anno si svolgeva la festa di S.Maria d’Agosto, il consigliere Giovanni Petruccioli propose in Consiglio di non farla celebrare, temendo gli effetti dell’aria insalubre su un grande concorso di folla. Era un uomo previdente che aveva capito le regole del distanziamento sociale, come era stato il grande vescovo Ottavio Mirto, Legato pontificio a Bologna, il quale imponendo nel 1675 alla Romagna un severo isolamento e una rigidissima quarantena, l’aveva salvata dagli effetti della pestilenza che affliggeva Venezia. Ma il consigliere non venne ascoltato, e in effetti la festa provoco’ nuovi contagi, tanto che alla fine dell’epidemia la popolazione di Pitigliano era diminuita del 14 per cento: 370 morti su 2.700 abitanti (Cf. A. BIONDI, Quando il borgo di Pitigliano fu colpito da una terribile epidemia nel 1580). Il contagio, che si disse originato in Francia, divampo’ in Romagna, con gravi esiti nel mese di agosto, e si disse che nella sola Ferrara i morti siano stati 12.000 (Cf. C.B.VICENTINI, E.GUIDI. S.LUPI,M.MARITATI, S,MANFEDINI, C.CONTINI, L’influenza nelle ondate epidemiche del XIX secolo, in Le infezioni in medicina, N.4, 2015, p.376). Osservazione: anche in questo caso, dalla Francia sembra che l’epidemia sia passata in tutta Europa, spostandosi in Asia, e colpendo l’intera Italia. Di epidemia globale, dunque, si trattava, probabilmente rimasta endemica in alcune aree d’Europa e rientrata nel tessuto sociale con una ondata di ritorno molto estesa nel tempo. Insomma, come per i terremoti, anche per l’epidemia influenzale si assiste ad una precisa ripetitivita’ degli avvenimenti che ci avverte come rimedi essenziali, oltre a una dettagliatissima farmacopea che non sappiamo quanto pote’ essere utile, siano la quarantena e il distanziamento sociale. Quando la storia sara’ davvero studiata?

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