“Enzo Migneco, in arte Togo” di Anna Maria Esposito

 

L’estate si conclude con l’importante personale, al Castello Beccadelli di Marineo, del Maestro Enzo Migneco, in arte Togo.

Nell'evento inaugurale la bella presentazione del professore Tommaso Romano e l’acuta e puntuale analisi del critico Massimiliano Reggiani.

Ed anche lo stesso Togo ha voluto donarci i suoi pensieri, di cui ho ritenuto opportuno fare memoria.

È commovente ascoltare il pensiero di un anziano dedito all’ Arte da così tanti anni, parole preziose e lezione essenziale del maestro oggi 86enne, una breve e sapida lezione di pittura dal cuore dell’Arte.

Enzo Togo è nato a Milano, dove vive, nel 1937.

Nel 1947 la famiglia si trasferisce a Messina, e lì vive fino al 1962.

All’età di 20 anni inizia a dipingere e più tardi, a partire dal 1969, inizia ad incidere approfondendo la tecnica, tanto che nel 1999 è  stato titolare della cattedra di incisione presso l’Accademia di Belle Arti “Aldo Galli ” di Como, fino al 2004.

Ecco le parole che ha voluto donarci, parlandoci di ciò che lui chiama “mestiere”, condividendo con noi due spunti di riflessione e preziosi consigli, tanto più preziosi in quanto ci provengono dalla saggezza ed esperienza di un uomo che ha donato la sua vita alla pittura con generosità, con estroversione, senza mai risparmiarsi!

“Un artista deve procedere in questo tipo di ricerca, come nella musica e nella poesia, o in qualunque tipo di arte. Fare pittura è sostanzialmente fare ricerche.

 

"Eclisse", 2022, olio e acrilico su tela cm 60x80

 

Un amico mi chiede: come si fa dipingere un quadro? Io gli rispondo: prova! Come per uno scrittore, tutto sta nell’iniziare. Tutto sta nello sporcare il foglio. E così è con la tela, che deve essere sporcata. La guardi e dopo alcune volte ti accorgi che c'è un albero”.

Qui la sua personale descrizione della memoria eidetica: ”oppure nel guardare la pioggia che cade, vedi la nuvola ed è la fantasia che induce l'immagine ad adattarsi al nostro occhio. “

“Mi sono trovato a Milano alla presentazione di un libro dedicato ai colori dell'infanzia. Dicevo ai maestri: voi avete un compito più arduo di quello dei genitori, perché siete preparati, dovreste esserlo. Quando viene alla cattedra un bambino con il disegno di una casa senza il tetto, non ditegli di fare il tetto, perché in quella casa non pioverà mai. Non fatelo diventare geometra, architetto, ingegnere. Perché è un bambino. Tanto più che i pittori cercano per tutta a vita di arrivare all'essenza delle cose, togliere i fronzoli, arrivare all’”ottimo” centrale. Picasso diceva: ho impiegato 80 anni per riuscire a dipingere come un bambino. Questa freschezza nasce dalla conoscenza, dall'apprendimento del proprio mestiere, ma che poi deve diventare pura poesia.

Un altro esempio: qualcuno di voi dipinge per hobby; io vengo a trovarvi e vedo che il quadro che dipingete ha raggiunto  una sua formazione, una forma pulita, diciamo poetica. Vi dico che il quadro è finito. Mi rispondete "no, devo lavorarci tutta la settimana" e non ci si accorge che avevate raggiunto la poesia e perdete quella poesia per il "mestiere", il piacere di dipingere il quadro fino all'ultimo momento. Esercitare questa professione è questo: sapersi fermare. Io dipingo 15-20 quadri contemporaneamente.  Non perché li finisca tutti, ma li inizio tutti.

E tutti li lascio con la faccia rivolta verso la parete. Una settimana dopo, 15 giorni dopo, li rivolto e vedo che sono andati avanti come se qualcuno li avesse dipinto al posto mio. Nel momento in cui dipingevo non mi accorgevo dello stadio a cui erano giunti i quadri; me ne accorgo quando li guardo come se fossero dipinti da un’altra persona. Mi accorgo che il quadro ha un suo equilibrio. Allora basta un punto d’azzurro o di giallo o d’arancio e trova un suo equilibrio, il quadro è terminato.

(Faccio così) perché, nel momento in cui dipingo, io sono preso da frenesia; se io lavoro con il giallo in un quadro, e vedo il quadro di ieri, sono indotto a portare il giallo in tutte e due i quadri, ed il quadro è rovinato. Se non lo vedo procedo e so dove fermarmi. Ecco, dipingere è anche questo, sapersi fermare.”

La lezione dell’essenzialità. Una vita per imparare ad essere sintetici, minimali. La grande lezione comune che ci proviene dai secoli e da molti maestri: ritrovare l’essenziale, ritornare bambini. Un bambino impara da tutto, tutto vede con occhi nuovi. Coglie il fondamentale, o almeno ciò che gli è essenziale per sopravvivere.

Magnifica la lezione del “sapersi fermare”, degna di profonda riflessione. Finalmente il consiglio di non ossessionarci con troppe parole, soffocando così, anche se  involontariamente, l’intuizione che, quando proviene da un intelletto ben costruito, è il colpo d’ala che ci porta alla comprensione più nitida, alla lettura più appagante.

Non approfittare di questa lezione è imperdonabile. La vera pittura, frutto della riflessione, è segnacolo del pensiero.

Infatti, cosa cerchiamo quando avidamente lasciamo scorrere il nostro sguardo sulla superficie delle tele? Ecco che le immagini create da Enzo Migneco ci saziano, trasmettendo pace. È la pace dell’equilibrio raggiunto, la pace filtrata dal pensiero di un uomo che ha dedicato alla riflessione tutti i preziosi attimi della vita. Ci mette 80 anni un pittore a dipingere come un bambino…

tutta la riflessione di una vita consiste nel metabolizzare gli eventi che ci occorrono. Quest'attività ci condurrà all’essenziale.

Forse l’infelicità di alcune vecchiaie consiste in questo: il loro essere continua a galleggiare sullo stagno putrido dei fatti non filtrati, impuri. Acque sporche e disgustose.

 

"Agosto", olio e acrilico su tela 80x100
 

Allora un anziano che dipinge con la  purezza dei bambini ci indica la strada e ci mostra i risultati. La felicità è raggiungere questo stato, nel quale respiriamo aria lieve e guardiamo in faccia il sole morbido della pace. Un mondo ideale fatto di sazietà pura, matura.

Il Life motive di questa serie è dunque la quieta serenità infantile, ottenuta con l’accostamento primordiale dei celesti con i gialli. E quest’accostamento ha in sé preziosità e ridondanze arcaiche eppure freschissime, odierne.

L’arte di togo è stata definita “Espressionismo Mediterraneo”.

Come tutti noi sappiamo, l’Espressionismo è quel movimento artistico e culturale che si è manifestato nell’Europa centrale a partire dall'ultimo decennio del 1800  e che ha avuto il suo massimo sviluppo fino al secondo decennio del 1900. I soggetti e le tecniche sono innovativi e dolorosi, pessimisti gli esiti.

Questa definizione viene adattata al nostro artista per sottolineare il carattere spigoloso delle sue forme. Togo non scava, però, nei drammi sociali, almeno in questa serie. Rispetto all'Epressionismo storicizzato l’arte di Togo manifesta invece una profonda serenità, la quale è determinata dall’equilibrio perfettamente  ricercato e raggiunto tra colori, appaganti e nutrienti, e le forme,  sintetiche e senza fronzoli.

Piccoli tocchi di colore puro poi sottolineano il discorso e l’opera prende a scintillare come un gioiello.

È volontà di Togo creare dei piccoli universi sognanti, osservando i quali possiamo recuperare la nostra intima freschezza originaria.

Il progetto dell'artista è ambizioso: lo scopo è donarci momenti di pace, di equilibrio che divengano punti fermi nella trottola impazzita degli eventi della contemporaneità. E questo intento viene chiaramente enunciato.

Il bambino 86enne ci presenta tenacemente, con l’ostinazione tipica dell'infanzia, dunque descrivendolo e puntualizzandolo, il proprio mondo infantile, recuperato e adesso gelosamente custodito.

E ce ne fa dono. Dunque non utilizzare questa chiave di lettura ci priva di una porzione del discorso;

ignorare la sua lezione significa rinunciare ad un importante contributo alla nostra lettura/ comprensione della realtà in cui viviamo, e questa individuazione è il motivo per cui Enzo Migneco ricerca, vive e lavora.

Lasciamo dunque il nostro sguardo scorrere sulle forme, indugiare su tratti e pennellate, annegare negli sfondi dei colori puri di tramonti o cieli assolati.

"Alta marea"

 

 

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