“Il Cristo Giustiniani di Michelangelo Buonarroti sotto la lente d’ingrandimento di Nicoletta Giustiniani” di Giuseppe Massari

Partiamo da un dato inconfutabile, materia di discussione, oggetto di convegni, di mostre; materia di discussione da parte di  molti critici d’arte e di molti studiosi, il Cristo Giustiniani di Michelangelo Buonarroti tiene ancora banco, se è vero, come è vero che, un ultimo saggio di Nicoletta Giustiniani lo pone al centro di nuovi studi, di nuovi approfondimenti da espletare, perché non tutto, forse, è stato chiarito nella dinamica di un’opera maestosa, copiata e ricopiata da molti altri artisti. Sia italiani che stranieri. “Discorso sopra il Cristo Giustiniani di Michelangelo Buonarroti”, Phasar Edizioni, maggio 2021, ripercorre la sorprendente storia della "prima versione" dell’opera. Il mistero sull'artista che ha rifinito il Cristo Giustiniani non è risolto, anche se è affascinante pensare che, per la prima volta nella storia dell'arte, la stessa opera potrebbe portare la firma di due gen

i assoluti di tutti i tempi: Michelangelo e Bernini. Tutto inizia nel 1514 quando  Michelangelo si impegna con Metello Vari a consegnare “una figura di marmo d'un Christo, grande quanto el naturale, ingnudo, ritto, chor una chroce in braccio, in quell'attitudine che parrà al detto Michelagniolo”. Un lavoro che si rivelò alquanto tormentato, che vide la creazione non di una ma di due statue. La più nota è esposta nella chiesa romana di S. Maria sopra Minerva, la "seconda versione" di una prima, creduta ormai perduta, abbandonata dal maestro che, mentre la scolpiva, si accorse di una vena nera nel marmo proprio all'altezza del volto: «...reuscendo nel viso un pelo nero hover linea...». Venduta al marchese Vincenzo Giustiniani un secolo dopo, rifinita probabilmente da Gian Lorenzo Bernini, se ne persero le tracce fino alla fine degli anni Novanta, quando fu "ritrovata" nella chiesa di S. Vincenzo Martire a Bassano Romano. Questo saggio ripercorre la sorprendente storia della "prima versione". Il mistero sull'artista che ha rifinito il Cristo Giustiniani non è risolto, anche se è affascinante pensare che, per la prima volta nella storia dell'arte, la stessa opera potrebbe portare la firma di due geni assoluti di tutti i tempi: Michelangelo e Bernini. Dell’autrice del presente saggio, ci piace riportare ciò che ha scritto di lei e sulla sua ultima fatica editoriale, nella prefazione, don Cleto Tuderti, già Priore conventuale del Monastero di San Vincenzo Martire di Bassano Romano. “Fra le più numerose recensioni che hanno reso il soggetto affascinante ed avvincente si incastona il testo di Nicoletta Giustiniani. E’ un lavoro storico-artistico di ampio respiro, da cui scaturisce una dovizie di intuizioni di esperti, che spaziano dalla committenza, alla dismissione del lavoro, dal trasferimento in Bassano di Sutri, fino alla gloria odierna e delle esposizioni in mostre internazionali. Inoltre, il prefatore, così conclude: “Micoletta Giustiniani ha avuto un bel da fare nel passare in rassegna e vagliare la pletora di giusidi e prese di posizione di esperti e critici, compito da lei svolto in modo esauriente e lodevole. Pregio distinto è quello dell’imparzialità che saputo mantenere nei suoi rilievi critici, senza propendere da una parte o dall’altra, né della professoressa Squarzina che vede la statua prevalentemente michelangiolesca né del professor Cristoph Luitpold Frommel, valente storico dell’arte, già direttore della Biblioteca Herziana di Roma, che vi scorge tracce qualificanti, specie sul volto del Cristo che “par che spirasse”, di inconfondibile stile beniniano. A chi l’ardua sentenza? Tocca ai valenti estimatori dell’opera cimentarsi nella grande impresa, districandosi nel foto di una selva, per uscirne illuminati". Conclude don Tuderti: “Condivido il parere della Nicoletta, che qualora venisse alla luce l’ultimo tassello mancante che confermi l’eminente presenza del delicato e dolce scalpello beniniano, visibile specie sul volto del Redentore, ci troveremmo di fronte al valore aggiunto di un’alta opera d’arte, cui hanno posto mano i due più grandi luminari dell’arte italiana e del mondo”.

 

 

 

 

 

 

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