Il tempo sospeso

La materia: tra luci e ombre, trasparenza e ritmo

 

di Vinny Scorsone

 

È la prima volta che vedo le opere pittoriche di Francesco Maria Cannella e ho notato che in tutto il suo percorso, che sia appunto di pittura, fotografia o video, uno degli aspetti fondamentali è il senso del ritmo, della musica, di cui ogni suo lavoro è pregno. Nelle opere esposte in mostra, infatti, ogni tocco di colore, ogni tocco di pennello non fa altro che scandire un determinato ritmo visivo, cosa riscontrabile ed accentuata nelle sue opere di video-arte dove, spesso, sua è anche la musica. È in questo binomio, credo, inscindibile tra visione e musica, in questo volere coinvolgere lo spettatore con più sensi, che bisogna ricercare la chiave di lettura del suo lavoro. Le opere esposte (che abbracciano un arco di 8 anni circa) sono molto varie, non legate ad una stile unitario, questo perché Cannella stesso ha un temperamento molto eclettico che lo ha portato, negli anni, a sperimentare nuove tecniche. Egli ha sempre riversato sulle tele tutte le sue emozioni, tutto il suo modo di percepire la vita e di volerla a volte aggredire oppure semplicemente sfiorare. Ciò che mi ha colto un po’ di sorpresa è stato il gesto spesso istintivo del colore, la velocità di esecuzione. Difatti è proprio questa la dicotomia più tangibile nelle sue opere e che fa soprattutto la differenza tra i suoi video e la sua pittura. Cannella, in pittura, difatti, è molto materiale, ha bisogno di lavorare con la massa, con la cosa da toccare, qualcosa di concreto che lo riallacci probabilmente alla materia viva, a quello che è la terra; il suo essere nel mondo come creatura del mondo. C’è, nel suo percorso artistico e nella sua vita, questo bisogno di qualche cosa che non sia intangibile, qualche cosa di concreto con cui operare, fare, qualcosa di immediato da lasciare a futura memoria, semmai il digitale dovesse collassare. Ben altro il discorso, invece, è da fare relativamente alle sue opere di video-arte in cui la materia si dissolve e tutto è luce. Mentre nella pittura è tutto colore, è tutta sostanza, nei suoi video improvvisamente tutto invece è più etereo, più luminoso. Egli usa la luce come strumento primario dei suoi video e giocando con essa mette paradossalmente a fuoco le parti in ombra del genere umano, della vita di tutti i giorni. Ha questa capacità di riuscire ad utilizzare la macchina da presa come fosse un pennello. Fa della ripresa, del computer, i suoi attrezzi da pittore.  Cannella riesce a fare il pittore facendo il video-artista (alla fine della presentazione del libro si vedrà un suo lavoro di video-arte) e nelle sue opere si possono ravvisare sicuramente gli inizi di alcuni pionieri della video-arte come Nam June Paik, o il primissimo Bill Viola. Accade spesso, nelle sue opere, sia pittoriche che cinematografiche, di trovarsi di fronte ad una realtà un po’ offuscata. In una delle sue opere di video-arte Cannella parla di LIMBO, un mondo visto come se fosse attraverso una nuvola, in cui tutto è sospeso. Come se avesse il bisogno, probabilmente, giocando con le sfocature della macchina da presa, di annebbiare, di tramutare in pittura ciò che è reale. Riesce, semplicemente con dei movimenti ottici della sua digitale (creando una nuova tavolozza, questa volta di pixel e non di pigmento cromatico), a trasfigurare il reale dando vita ad un nuovo mondo, una sorta di spazio parallelo, una dimensione fatta di cose reali, oggettive che però improvvisamente perdono la propria concretezza. Essenzialmente Cannella non inventa, non crea dal nulla, ma sfrutta la realtà nella quale vive, seppure, in alcune opere vi siano dei rimandi a film di animazione, oppure all’arte e al cinema sperimentale (come alcune opere di Man Ray, alcuni artisti storici dell’animazione sperimentale, René Clair, Leonardo Carrano e il pioniere della computer-art che è John Whitney).

Il bagaglio culturale e visivo di Francesco Maria Cannella (ce ne possiamo rendere conto anche leggendo i suoi libri intrisi di tanti riferimenti alla storia stessa della letteratura e della filosofia) è molto variegato. È questa sensazione, questo bisogno di lavorare con la realtà trasformandola e piegandola un po’ al suo volere che fa di Cannella una sorta di pittore tecnologico. Oggi, più che mai, si parla di tecnologia applicata all’arte, e questo, credo che Cannella lo faccia e anche bene. Egli, essenzialmente, ha bisogno di comunicare e lo fa in tutti i modi possibili. Ha una grande forza espressiva nelle cose che fa, ma comunque sempre mediata, addomesticata dal mezzo. Mentre nei quadri tutto è molto istintivo, molto di getto, veloce, paradossalmente, invece, nei video la vita rallenta. Quello che, in teoria, dovrebbe essere più vivace, scandito, ritmato, resta sospeso poiché il suo è principalmente un tempo sospeso. Cannella sente il bisogno di soffermarsi ancora di più su determinati momenti della vita, su certe anime del mondo moderno, perché è questo ciò che si coglie in tutti i suoi lavori.; è lo spirito d’incertezza, di vacuità dell’esistenza umana, trattati in maniera sempre molto delicata, mai cruda - anche se i concetti sono sempre molto pungenti. L’artista, in questo caso, sembra farsi “paterno”, quasi come se porgesse la sua mano allo spettatore per condurlo piano piano nel suo mondo, un mondo fatto di assenze e affioramenti, di realtà e di finzione.

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