La sostanza dei sogni: "Long day’s journey into night" - di Massimo Selis

 

Luo Hongwu cerca una donna, e questa donna ha un nome: Wan Qiwen; ma il volto di lei si confonde insieme ai luoghi in cui appare per poi perdersi di nuovo. Luo Hongwu viaggia tra i ricordi e i sogni muovendo avanti e indietro le lancette del tempo. Kaili è il suo luogo dei sogni, un luogo che trascende il reale per farsi quasi una città dell’anima, che trattiene il tempo ma dilata i confini dello spazio. E con Luo Hongwu ci perdiamo anche noi a Kaili, per poi, alla fine, trovare qualcosa in più.

            

Long day’s journey into night (Lungo viaggio verso la notte), presentato lo scorso anno al Festival di Cannes, è uscito nel mese di aprile negli Stati Uniti, ma ancora inedito in Italia. In realtà il titolo originale prende in prestito quello di un racconto dello scrittore Roberto Bolaño: Ultimi crepuscoli sulla terra

È l’opera seconda, e certamente crepuscolare, del giovane e talentuoso regista cinese Bi Gan. Così come nella prima, Kaili Blues, anche in quest’opera il regista torna nei luoghi a sé cari, nella provincia di Guizhou e fra le strade e i vicoli della città di Kaili. Ma questa volta, ancora più che nel precedente lavoro perdiamo le coordinate e i comodi riferimenti. La lucidità dell’intreccio non interessa a Bi Gan quanto invece dare materia filmica ai sogni e ai ricordi, immergere lo spettatore nella quintessenza onirica dove ogni ambiente acquista uno speciale volume e sapore.

 

I luoghi che attraversa Luo Hongwu sembrano davvero i sotterranei dell’anima, gonfi di acqua densa che cade dalle crepe dei soffitti, di strade umide e fumose, di muri rovesciati e ammuffiti, di stanze bruciate e abitate dal tempo; di anime che sembrano tutte alla ricerca di qualcosa. La sostanza eterea prende il sopravvento sulla pesantezza delle forme visibili.

«La Tv ha detto che i sogni sono ricordi perduti» dice Wan Qiwen. Ma la materia dei sogni non è solo il tempo passato, ma anche quello presente e persino futuro.  I sogni riguardanti le cose passate «per il trascorrere del tempo divengono inconsistenti e svaniscono. I simulacri delle cose che sono risultano molto più vivi e nitidi per il fatto che esse ancora sussistono; piuttosto confusi ed indistinti quelli delle cose future. Essi sono come ondate che precedono le cose che ancora non sono, efflorescenze di una natura incompiuta, sono come enigmi che germogliano e scaturiscono da semi riposti». Così ammaestra Sinesio di Cirene ne I sogni. E noi spettatori siamo trascinati in questa dimensione che è “al di là del tempo”, in quelle stanze e strade che sono dei “non luoghi” dell’interiorità. La coerenza stilistica di Bi Gan, nella quale forma e anima camminano all’unisono, ci tiene avvinti. 

 

 

Se nella prima parte accompagniamo il protagonista nel suo girovagare alla ricerca di questa misteriosa figura femminile, con lunghe inquadrature che si accostano l’una all’altra con sapienza poetica, nella seconda metà del film il regista vuole farci sperimentare un vero e proprio “sogno ad occhi aperti”. Luo Hongwu entra in una piccola sala cinematografica; quella notte un’incontro lo attende, così spera. Indossa un paio di occhiali 3D e poggia il capo. Il buio dissolve tutto e sospende la storia; immediatamente dopo, dal nero, emerge la piccola luce di una lanterna che si muove nell’oscurità di un tunnel sotterraneo. In un lungo piano sequenza di 59 minuti ci muoviamo con Luo Hongwu dalle profondità di una miniera fino a sollevarci in volo sopra le case di un villaggio diroccato. Nessuno stacco, nessuna pausa di respiro. Come afferma il regista stesso, per lui i sogni non hanno una visione frammentata, ma sono invece una «sequenza ininterrotta».

 

È questa un’opera di intensa e coerente originalità in un panorama che raramente prova a distaccarsi dalla consuetudine. Scalza gli stilemi di ciò che è in voga e pesca nella matrice più sicura e stabile per un artista: la propria interiorità.

L’uomo vive essenzialmente perché è capace di ricordare; l’uomo smette di vivere quando adombra la memoria dietro gli abbagli del giorno. E la memoria è coscienza della nostalgia, platonicamente intesa, è attesa dell’Intuizione che ha origine dove fiorisce l’Albero della Vita. A quest’Albero l’uomo si accosta per rigenerarsi e lo fa spesso durante il sogno. Esso infatti viene da lontano e conduce ancora più lontano. Una finestra socchiusa muove l’aria e le piccole luci della stanza; i contorni mutano e la casa sembra volteggiare come per un incantesimo. Forse l’uomo ha smesso di credere ai sogni perché accecato da uno smisurato realismo? Essi sì, sono spesso enigmatici e semplici materializzazioni di residui psichici, ma talvolta ci schiudono verità inattese e profetiche. Sono sostanza del regno intermedio, mistero e speranza. E cosa resta all’uomo se gli vengono negati il mistero e la speranza? Quando si spengono le luci del giorno altri lumi rischiarano la strada, ma non sempre ci è dato vederli e non a tutti.

 

 

Luo Hongwu trova infine l’amore nel suo sogno, dove le dissonanze si congiungono in una superiore armonia, che è appunto amore. Può baciare la sua amata, anche se «la luna sembra distante questa notte», perché ha fede nell’incantesimo che muoverà le pareti della casa, come in una danza. E nell’abbraccio, si schiude la notte al saluto dell’aurora. E come le ombre della notte si protendono sino alla veglia, così immaginiamo che il sogno distenda le sue fantasie e i suoi piaceri nella vita diurna. Perché due vite appunto noi viviamo, ed esse si parlano molto più di quanto possiamo credere. È il ricordo che non lascerà svanire tutto, perché il ricordo ci rammenta che siamo anima, e l’anima ci indica dove è la nostra vera casa.

 

Qui potete vedere il trailer internazionale del film

 

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