"Profilo e breve intervista al Maestro Gabriele Ferro" di Gaetano Celauro

Gabriele Ferro ha compiuto gli studi musicali, pianoforte e composizione, diplomandosi presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma nel 1960.
Ha poi proseguito gli studi sotto l’attenta e sapiente guida del suo maestro Franco Ferrara nei suoi corsi esclusivi della radio olandese di Hilversum e di cui era amatissimo.

Ha diretto sin da giovane, dal 1965 l’Orchestra Scarlatti della RAI di Napoli fino a che essa non si è sciolta.

Nel 1970 ha vinto il concorso per giovani direttori d’orchestra della RAI, collaborando da allora con le sue orchestre, con quella dell’Accademia di Santa Cecilia e della Scala di Milano per i concerti sinfonici.

Invitato per sei anni consecutivi da Claudio Abbado al Teatro alla Scala dal 1974-1980 ed invitato dalla Radio France con l’Orchestre National de France con una serie di quattro concerti annui dal 1974-1982 nella Salle Pleyel Champs Elysees Parigi.

Ha riscosso un ampio successo internazionale dirigendo i Wiener Symphoniker, i Bamberg Symphoniker, l’Orchestre de la Suisse Romande, l’Orchestre Philharmonique de Radio France, la BBC Symphony Orchestra, l’Orchestra WDR, la Cleveland Orchestra, l’Orchestra del Gewandhaus di Lipsia e la Staatskapelle di Dresda. Ha inoltre collaborato per molti anni con l’Orchestre National de France.

È stato Direttore stabile dell’Orchestra Sinfonica Siciliana (1979-1997) che ha portato cinque volte, alla Biennale di Venezia ed anche alla Scala con una prima assoluta di Berio.

Ha fondato l’Orchestra Sinfonica di Bari nel 1967.
Direttore principale dell’Orchestra della Rai di Roma (1987-1991),
Generalmusikdirektor dello Stuttgart Staatstheater (1991-1997), Leone d’oro a Venezia.
Direttore musicale del Teatro San Carlo di Napoli (1999-2004),
Direttore principale del Teatro Massimo di Palermo (2001-2006).
Direttore musicale al Teatro Massimo di Palermo (2014-2019) ed è ora direttore onorario a vita.

Il suo repertorio spazia dalla musica classica alla contemporanea, nell’ambito della quale ha diretto in prima mondiale opere di Berio, Clementi, Maderna, Stockhausen, Ligeti, Nono, Rihm, Battistelli, Betta etc.

Si è dedicato al melodramma sia in Europa che negli Stati Uniti, affrontando un repertorio che va dal Settecento al Novecento e collaborando assiduamente con teatri quali la Fenice di Venezia, La Scala di Milano, l’Opera di Roma, il Comunale di Firenze, la Bastille e lo Châtelet di Parigi, il Muziektheater di Amsterdam, il Grand Théâtre di Ginevra, la Bayerische Staatsoper di Monaco, l’Opera di Chicago, la San Francisco Opera, la Los Angeles Opera, l’Opera di Tel Aviv, la Deutsche Oper di Berlino, il Teatro Real di Madrid, il Covent Garden Royal Opera House di Londra inclusa una lunga tournée in Giappone con Così fan tutte di Mozart.

Con il grande successo di Elektra di Strauss a Napoli nel 2003 ha ricevuto il premio Abbiati.

È stato ospite dei maggiori festival internazionali, tra cui le Wiener Festwochen, il Festival di Schwetzingen, lo Schleswig Holstein Musik Festival, il Rossini Opera Festival di Pesaro, il Maggio Musicale Fiorentino, Coruña Mozart Festival, Ferrara Musica e la Biennale di Venezia.

Su invito di Piero Farulli, è stato docente di direzione d’orchestra alla Scuola di Musica di Fiesole. Dedicandosi con passione alla formazione di giovani musicisti.

Ha collaborato con i più prestigiosi registi internazionali: Ronconi, Dante, Carsen, Micheletto

A Ginevra ha festeggiato il 700° anniversario della Confederazione Elvetica dirigendo Guillaume Tell.

Gli è stato conferito il prestigioso premio “Beste Aufführung” 2012 da «Opernwelt» per La sonnambula di Bellini, diretta a Stoccarda nell’aprile 2012. Nel 2015 ha diretto a Stoccarda Il Vologeso di Jommelli, curando personalmente la versione strumentale. L’opera è stata premiata dalla rivista «Opernwelt» come la più interessante dei cartelloni tedeschi 2015.

Dal 2020 è stato nominato direttore onorario a vita al Teatro Massimo di Palermo.

È accademico di Santa Cecilia. Ha inciso per Sony, Emi, Erato, Unitel Classica e Deutsche Grammophon.

 

 

 

 

 

INTERVISTA

 

Come ha avuto inizio la sua carriera e quale è stata l’esperienza più significativa?
Dopo il diploma di pianoforte e composizione del 1960 al conservatorio di Santa Cecilia in Roma, sono partito per Istanbul con una borsa di studio del ministero turco, per studiare l´origine della musica turca. Sono rimasto 10 mesi e mentre ero lì, ho ricevuto l’invito dall´accademia di Santa Cecilia in Roma per dirigere un concerto nella stagione riservata ai giovani talenti.
Due anni dopo ho vinto il concorso di direzione d´orchestra della radio televisione italiana e molto lentamente ho cominciato a lavorare in tutta Europa.
Ho sempre saputo che avrei fatto il direttore d´orchestra e che la musica sarebbe stata una passione importante per me.
Ma non solo la musica, mi sono sempre interessato ai vari aspetti del sapere.
I miei maestri sono stati De Ninno per il doppio coro e la fuga e mio padre Pietro Ferro per “l´alta composizione”.
Mio padre eccezionale strumentatore e molto stimato da Casella vinse il concorso nazionale per Opera lirica del ministero dell´istruzione 1929 la cui commissione era formata da: Pietro Mascagni, Alfredo Casella e Franco Alfano quest´ultimo è stato scelto per finire la Turandot di Puccini.
Che immagine rappresenta oggi il direttore d’orchestra e quale è la cosa più importante in questo lavoro?
La figura del direttore d´orchestra deriva dal primo violino dell´orchestra barocca, che con l´archetto (ecco perché è rimasta la bacchetta) segnava ogni tanto il tempo. Bastava perché la musica era meno complessa e gli esecutori erano anche compositori. Ma dalla fine del 1700 questa figura del direttore è diventata indispensabile.
Oggi il direttore d´orchestra è troppo esaltato. Nella realtà non si può paragonare un esecutore con un autore.
Pensiamo ad esempio ad un bravissimo attore di prosa: cosa è in confronto ad uno Shakespeare?
 
Qual è la parte più difficile che deve affrontare il direttore d’orchestra?
Le difficoltà del direttore d´orchestra sono i continui viaggi, le orchestre diverse, lingue diverse, lo studio continuo anche durante un impegno e l´altro e naturalmente il problema “interpretativo” che impegna molto e che cambia pure con gli anni. Una conferma alle mie riflessioni sull´interpretazione l´ho avuta leggendo il Paradosso dell´attore di Diderot 1776. È un trattato di estetica per l´attore teatrale ma che può essere adoperato per la musica. Incredibilmente geniale e modernissimo.
 
 
 
Apprezza più la musica sinfonica, quella cameristica o l’opera lirica e vi è un compositore che preferisce? 
 
Non ho preferenze assolute nel repertorio musicale.
Il più amato compositore è quello che al momento sto eseguendo.
Però uno in effetti c’è´?
Ed è Gesualdo da Venosa. Grande compositore del XVI secolo e grande anticipatore del cromatismo wagneriano e della dodecafonia di Schoenberg.
Preferire l´Opera lirica, la sinfonica o la musica da camera riguarda soprattutto i profani.
Una riflessione si può fare e cioè che la letteratura pianistica è esteticamente più avanti di quella sinfonica.
Come la pittura e le arti figurative (come espressione) sono sempre in anticipo rispetto alla musica e la letteratura e in anticipo rispetto alla pittura.
Basti pensare all´impressionismo.
I pittori: prima i macchiaioli in Italia intorno al 1850 (mi sembra che gli storici dell´arte non abbiano capito bene il reale valore di quest´ultimi) poi gli impressionisti in Francia ( prima esposizione nello studio di Nadar 1875) e dopo la musica, vedi Debussy, Ravel, Satie, Ducas, Respighi.
 
Ritiene utili gli incontri che si facevano un tempo prima dei concerti per introdurre e preparare il pubblico all’ ascolto? 
 
Ritengo molto utile interessare il pubblico con incontri preparatori al concerto o all´opera.
Formare i giovani alla musica contemporanea.
Durante la mia vita ho cercato sempre fortemente di interessare il pubblico eseguendo programmi particolari, proponendo autori del passato ingiustamente dimenticati ed eseguendo autori contemporanei ed autori classici che avessero delle affinità estetiche fra loro.
 
Tra gli strumenti musicali ve ne è qualcuno che predilige? 
 
Lo strumento che più amo è il clavicordo. Uno strumento molto antico che può suonare con la dinamica piano e forte e si può ottenere anche il vibrato, ma che possiede una sonorità molto limitata e piccola.
 
Una riflessione sulla musica contemporanea
La musica colta per me finisce intorno alla metà degli anni ´70.
I compositori da quel momento privi di idee innovative cominciano a tornare al passato (vedi neoromantici o altri “stupidi” movimenti).
Ad esempio l´innovativo Wagner si fece costruire un teatro apposta per lui perché la sua idea dell´opera era che sia il testo che la musica dovessero essere sullo stesso livello intellettuale, e soprattutto che il suono dell´orchestra provenisse dal fondo della terra. Quindi lo fece realizzare, con una buca (il cosiddetto golfo mistico) per metterci l´orchestra (poiché lui non voleva vederla come neanche il direttore).
Il problema oggi e´che l´arte in generale (come pure la politica e le diverse civiltà) si dovrebbero unificare.
E´impossibile scrivere musica occidentale in un mondo dove le distanze si sono annullate e le informazioni sono in tempo reale.
Progetto attuato
Personalmente, ho fondato la Fondazione Orchestra Federico II di Svevia, che riunisce i musicisti occidentali (di nazioni che si affacciano sul Mediterraneo fino all´Africa) e mediorientali (Palestinesi, Israeliani, Siriani ecc.) per cominciare a sentirci uniti.
Nel comitato d´onore ho invitato Zubin Metha, Carlo Rovelli ed Arnaldo Pomodoro che hanno accettato subito, contenti di esserci ed entusiasti dell´idea.
Negli anni ´60 mi sono interessato del suono come vibrazione, componendo.
Mi ricordo che da ragazzino quando studiavo pianoforte passavo anche molto tempo a sentire le vibrazioni di tutte le corde.
Tutt´ora continuo a comporre seguendo la stessa estetica.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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