Recuperi/30 - “Lo Manto o del pregevole linguaggio disegnativo” di Francesco Carbone
- Dettagli
- Category: Arte e spettacolo
- Creato: 20 Settembre 2018
- Scritto da Redazione Culturelite
- Hits: 1625
A scorrere attentamente il curriculum di Gaetano Lo Manto, ci si accorge quanto lunga e intensa sia stata e continui ad essere la sua attività di artista e come la stessa attività si sia sostanziata sinora di rinnovati fermenti di ricerca e di esiti linguistici certamente tra i più significativi nel panorama della cultura figurativa non soltanto siciliana, come del resto è ampiamente dimostrato dai numerosi premi e riconoscimenti che gli vengono attribuiti.
Mosso da una sottile ideologia del tempo, o della temporalità come fenomenologia di un divenire mentale che a quello fisico e storico offre un nutrito apporto di idee e il senso dei loro orizzonti. Lo Manto ha capito sin dall'inizio come il disegno debba prestarsi ad una filtrazione ideativa fortemente immaginosa che lo sottragga alle sedimentazioni di un vedere conosciuto e abitudinario, pigramente assuefatto.
Ciò perché una delle principali conseguenze dell'incontrastata proliferazione di una strategia comunicativa di tipo figurale, è sicuramente stata la produzione di una sproporzionata quantità di immagini che, tendenzialmente sempre più complesse e manierate, sono troppo spesso rivolte alla celebrazione di se stesse nello spasmodico tentativo di affermarsi all'interno di un sistema estetico, che presuppone una continua sfida con quella che si può definire la "moltitudine delle immagini adiacenti", che è tipica invece dei linguaggi pubblicitari. Si capisce perché la conseguenza di ciò -contrariamente a quella che potrebbe essere una prima superficiale aspettativa - sia la sovrapproduzione di immagini che, per quanto elaborate, risultano essere normativizzate sino al punto di ottenere una uniformità tale negli esiti formali, per cui anche diverso il presunto nuovo risulta alla fine identico.
Così, per Lo Manto, il concetto di immagine disegnata come persistenza del modello e non come modellazione retorica della realtà, diviene proposizione di immagini di tipo mentale e non concreto, per il quale "una rappresentazione non è un'immagine, ma un'immagine può corrispondere a una rappresentazione". Da queste differenze scaturite da un'intelligenza attiva, quanto criticamente selettiva, si è snodata nel tempo la ricerca di Lo Manto, puntualmente e coerentemente sorretta da motivazioni culturali riferite ai saperi e alle conoscenze come ai pressanti condizionamenti socio-antropologici del nostro tempo. Su tali presupposti, già presenti sin dagli inizi, si innestano, dunque, l'uso delle tecniche e il punto di vista delle impaginazioni sintattiche (tagli, campiture, toni, timbri, intersecazioni di piani, frammentazione di linee, ecc.), votati a desumere la superficie nelle sue più feconde letture disegnative.
Così, Lo Manto, che la natura vuole riumanizzare, trasferendo nell'arte una personalissima poetica dell'arte-fido,affida al disegno il compito di
rappresentare tale poetica, depurandola però di ogni enfasi descrittiva a favore di un impianto strutturale in cui il dato anatomico, architettonico, costituisce una sottile metafora dei profondi sentimenti umani.
E ancora, alla superficie del foglio, Lo Manto demanda il ruolo di rispecchiare i termini della
propria poetica, praticando stesure, scansioni, toni e timbri di un disegno realizzato per intersecazioni di piani e di rapide riquadrature di linee, di geometrie oggettuali, di scenari in movimento filtrati da improvvisi squarci di luce, da zone d'ombra, dove il disegno diviene quello straordinario linguaggio, tipico delle tonalità e dei gradienti visivi di cui è capace questo singolare artista.
Dal disegno alla pittura, all'uso dei materiali con cui costruire e modellare: un trasferimento estetico - operativo che non rivela alcuna contraddizione, ma che fa dell'arte, ancora una volta- in virtù delle stupefacenti facoltà immaginative di cui è dotato Lo Manto - un provvidenziale ritorno a quell' innocent eye, di cui di cui parlava John Ruskin.
L'intero potere tecnico dell'arte - sosteneva infatti Ruskin - dipende dalla nostra possibilità di recuperare quella che potrebbe essere chiamata l'innocenza dell'occhio. Questa innocenza discende anche dall'idea dell'arte come costruzione e dalla concezione agonistica e ludica, di cui essa può essere rivestita. Così, Gaetano Lo Manto opera un taglio, sia in avanti che in profondità, per vedere di stabilire se sia possibile ancora riuscire a scoprire in noi la presenza di una condizione etica ed estetica basata sui dati naturali suscettibili al tempo stesso di autentiche e immaginose riproposizioni artificiali.