A che serve il danaro? L'attualità di Ezra Pound

“A che serve il danaro ?” è un articolo di Ezra Pound del 1939, pubblicato a Londra, ripreso due anni dopo sul “Meridiano di Roma”. Uno scritto breve ed agile, che testimonia l’interesse del poeta statunitense per i temi dell’economia, ed in particolare modo la sua veemente lotta all’usura delle banche.

 

Significativa la diffusione del pensiero di Pound da un capo all’altro d’Europa, in un’epoca lacerante, tra Paesi in conflitto. L’argomento qui esposto coglie un elemento centrale dell’opera di Pound, non distinto, non lontano dalle sue liriche.  La trattazione sul denaro, un fervido studio dell’autore, sarà suggerimento e spinta all’impegno letterario.  L’attenzione rivolta alla politica monetaria delle Banche Centrali coincide con la sua scelta eretica per il Fascismo. Ezra Pound esprime sempre tra versi e riflessioni una tensione eroica, libera da gioghi. E’ un poeta itinerante, che coglie l’eredità dei classici, il filo della Storia, denuncia le penurie, le schiavitù del suo tempo, con sguardo universale, con suggestione indelebile.

Lo scritto sul denaro è un cammeo di questo percorso, la scomunica della manipolazione bancaria sull’emissione di moneta.  Parte da un assunto grezzo, ma efficace dello stretto rapporto tra denaro e beni, di una possibile elementare equazione numerica, che possa garantire ai cittadini il possesso di reddito in banconote da tradurre alla pari in acquisto di oggetti. Ogni volta che gli Stati derogano al rigore di tale rapporto, sollecitano uno scambio effimero, sul quale lucrano interessi, causano una sfasatura delle transazioni, prestiti onerosi, meccanismi d’inflazione che producono aumento dei prezzi. Allo stesso modo è insidioso il ristagno economico per l’eccedere della propensione al risparmio. Ezra Pound pone l’accento sulla politica monetaria, quella che da Say è tema ricorrente degli studiosi.

Se il denaro è un mezzo di sollecitazione degli scambi, e di distribuzione indotta, naturale dei beni, non può rappresentare in sé un fine dell’arricchimento. Sta alle Banche Centrali garantirne un flusso razionale che corrisponda alle esigenze di tutti. Quando il denaro viene stampato oltre la quantità dei beni, oppure al ribasso, quando l’apertura e la chiusura del credito risponda a logiche di gestione oligarchica di tale strumento, si assiste ad una progressiva degenerazione del corpo sociale. Il problema del “quantitative easing” dei mercati attuali veniva anticipato con acume da Pound nel 1939, con note sagaci e pertinenti sull’interposizione fiscale per garantire alle casse pubbliche un giusto compenso del traffico monetario ed una politica di equo soccorso, citando Jefferson, Adams, Gesell, proponendo una risoluta difesa del diritto alla proprietà dei cittadini, in antitesi al possesso finanziario del ceto di governo.

L’assunto critico non è certamente inattuale se confrontato con i fenomeni della nostra epoca, se solo si pensi al tramonto delle banche centrali, divenute organismi privati, alla spoliazione della sovranità degli Stati membri dell’Unione Europea. Sembra opportuno e legittimo farsi discepoli del poeta, rinnovare la sua denuncia, proseguire la sua analisi di fronte al moltiplicarsi di mercati di titoli, derivati, moneta virtuale ed all’espandersi di una oligarchia del credito finanziario.

 

“Chi non si interessa dei processi economici

e monetari è un idiota, non certo un letterato,

ma un illetterato”.

 

“Affermare che un paese non può fare questo

o quello perché manca il denaro, è una menzogna

vile e stupida quanto sarebbe il dire che non si

possono costruire le strade perché mancano

 

i chilometri”.

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