"Riflessione sul tempo che scorre" di Vincenzo Gennaro

Come una zattera galleggio in un mare in tempesta, sprofondo e riemergo come un relitto, le viscere della terra e gli abissi marini nascondono misteri inimmaginabili, forme mai pensate .

Così come la notte segue il giorno impietosamente le tenebre lo riavvolgono, si alternano per un tempo infinito che  scorre nei fiumi, nell’aria, nella linfa vitale, inarrestabile, spietato, inesorabile.

Lui non si concede pause, scorre quando dormi, quando vegli, quando giochi, quando nasci, vivi e muori, non una lacrima un ripensamento sulle sue gelide guance marmoree, senza una emozione, senza un sorriso, corre senza una meta o forse si la sua. Nemico mortale che uccide il presente, senza una lacrima, calpesta il passato ed insegue il futuro come un predatore famelico, nulla gli sfugge, la perseveranza e la costanza sono le sue armi migliori.

Irriducibile ed immortale ha cancellato dalla sua memoria universi passati, civiltà scomparse, continenti sommersi, specie estinte, ha cancellato tracce impresse sulla lava, sulla pietra, sul bronzo con terrificante accanimento. Inesorabile ed eterno lima le montagne, trasforma le foreste in deserti, inventa glaciazioni e deglaciazioni, sposta i continenti, fa emergere i fondali marini e leviga le ruvide superfici dei monti, le sbriciola, le trita, le mastica. Il tempo alimenta il mulino di Amleto, ritma e scandisce il moto di precessione degli equinozi, rende vano e irrilevante ogni manufatto umano, ride ironico sulle ambizioni dei monarchi, accende, consuma e spegne le stelle del firmamento e noi poveri mortali ci ostiniamo ad osannarci in piccole recite autoreferenziali per proclamare il nostro potere meno che effimero.

 
 
 
 

 

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