COME VIAGGIAVANO GLI ANTICHI ROMANI – RICERCA STORICA DI GIOVANNI TERESI

Sesterzii di Tiberio con immagine di Carpentum trainato da due muli verso destra e ornato ai lati e di fronte con Vittorie e altre figure -(Immagini di google)

 

 

Varie erano le categorie dei viaggiatori nel mondo romano: la necessità dell’amministrazione delle vaste e lontane provincie induceva a muovere da Roma una schiera di funzionari di ogni ordine, che erano frequentemente in viaggio per raggiungere i loro posti o per tornare alla metropoli.

Necessità di ordine professionale mettevano in moto i corrieri della posta imperiale, gli appaltatori dei servizi e dei lavori pubblici, appartenenti alle compagnie dei pubblicani in cerca di ordinazioni e di acquirenti. Tra le professioni che richiedevano spostamenti da luogo a luogo erano anche quelle dei rètori e dei filosofi, che andavano di città in città per dare lezioni o a fare conferenze. I medici specialisti si recavano di persona o mandavano i loro assistenti ( circulatores) per dare medicine contro il mal di denti o di testa o contro la gotta  e il raffreddore. C’erano anche gli artisti di scena, le Compagnie Dionisiache, che davano rappresentazioni nelle città e nei villaggi. A tutti questi viaggiatori, infine, si aggiungevano categorie di veri turisti: i pellegrini e coloro che viaggiavano per puro diporto o per istruzione.

Se Atene attraeva per la rinomanza delle sue scuole di filosofia, di retorica e di arte, l’Egitto e in genere l’Oriente non erano meno frequentati dai ricchi e da gente desiderosa  di viaggiare, il viaggio stesso costituiva un piacere.

La navigazione fluviale era abbastanza attiva e da alcuni prediletta, specialmente se fatta con barche comode e costruite per diporto, come doveva essere quella di un certo Leontius, ricco proprietario di Bordeaux, della quale Sidonio Apollinare fa elogio ad un amico invitandolo a navigare sulla Garonna. Non molto comodi, invece, dovevano essere i viaggi marittimi, anche se non tutti i viaggiatori avevano la gran paura che aveva Sant’Agostino per il mal di mare, o San Girolamo per le traversate che esponevano i viaggiatori ai pericoli delle raffiche, della bonaccia e qualche volta dell’assalto dei pirati. Comunque, più facili e frequenti erano i viaggi in terraferma.

Ad alcuni piaceva camminare a piedi come a Seneca che, insieme al suo amico Massimo, andava con il proprio bagaglio sulle spalle compreso un piccolo materasso e le coperte per dormire. Ma naturalmente, si viaggiava quasi sempre in vettura o a cavallo. Viaggio comodo era quello che si faceva nel carpentum, vettura di lusso a quattro ruote con comodi sedili sui quali si poteva anche dormire. A quattro ruote erano anche altre vetture, come la carrucao la seda, mentre il cisium era un calesse rapido e leggero. Quanto ai viaggi ufficiali di funzionari pubblici, lo Stato provvedeva a vetture e cavalli. Lungo le strade romane, il Governo centrale o l’amministrazione delle singole provincie mantenevano in attività una vera organizzazione turistica erigendo opere in muratura nelle stazioni per il cambio dei cavalli e per le soste dei viaggiatori, ai quali si offriva la possibilità di mangiare e di dormire. Gli antichi storici, tutti intenti alla narrazione delle prodigiose conquiste territoriali di Roma, hanno lasciato un po’ in ombra l’attività dei Romani sul mare: poche infatti sono le narrazioni di imprese marinaresche; scarse le descrizioni di flotte da guerra o da carico, scarsissime sui monumenti le rappresentazioni di navi. Eppure un popolo che aveva battuto Etruschi, Cartaginesi e Greci, e che con le sue flotte dominava il Mediterraneo e l’Atlantico, doveva possedere una tecnica navale assai progredita e maestranze espertissime. Un saggio superbo dell’architettura navale dei Romani lo diedero le due navi tratte dal fondo del Lago di Nemi (1929-30), estratte intatte, nella loro struttura, dopo quasi due millenni d’immersione. Delle due navi subito si è evidenziata la grandezza: la prima è lunga 70 metri, l’altro 80. Dimensioni tali non sono state raggiunte da navi se non nel secolo XVII, quando s’incominciarono a costruire colossali galeoni da guerra.

                           Giovanni Teresi

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