Figure femminili della Divina Commedia Cunizza da Romano

Salvator Dalì-Dante

 

Cunizza fui chiamata, e qui refulgo

perché mi vinse il lume d’esta stella;

ma lietamente a me medesma indulgo

la cagion di mia sorte, e non mi noia;

che parria forse forte al vostro vulgo.

(Paradiso, IX, vv. 32-36)                                                                         

Nel cielo di Venere, terzo del Paradiso di Dante, tra gli spiriti amanti il poeta incontra Cunizza da Romano, che si presenta come sorella di Ezzelino, signore della Marca Trevigiana. Il fatto che la donna, pur parlando in prima persona, prima di dichiarare il suo nome alluda con una metafora al fratello, facella che fece a la contrada grande assalto, la rivela subito al lettore come pedina politica di quell’uomo potente; ma anche mette in luce l’intenzione di Dante stesso che vuole dare un tono politico a tutto il  canto IX per inveire contro la prava terra italica. Il canto IX si apre con Carlo Martello d’Angiò che profetizza oscure sventure per i suoi discendenti e si conclude con Folchetto da Marsiglia poeta provenzale e poi frate che invoca una nuova crociata : la Terra Santa che poco tocca al papa la memoria. Cunizza, come le altre anime dl terzo cielo in vita ha amato con passione, ma poi si è dedicata all’amore di Dio e del prossimo. Certamente grande risonanza ebbe il suo nome fra i contemporanei per gli amori avventurosi. Ultimogenita di Ezzelino II il Monaco, signore di Onara e Romano nella Marca Trevigiana, e di Adelaide dei conti toscani Alberti di Mangona, Cunizza nasce forse nel 1198. Nel 1222 sposa per motivi di opportunità politica Rizzardo di San Bonifacio, signore di Verona. Viene rapita dal poeta Sordello da Goito, forse perché il matrimonio non era più opportuno nel mutato clima politico. Da una Vida  del poeta sembra che il loro amore rientrasse nel domnei, il corteggiamento platonico dei poeti provenzali. Pare che si sia sposata altre due volte sempre per motivi politici e che anche queste nozze siano state interrotte da fughe dettate da calcoli diplomatici.  Dopo la morte del fratello Ezzelino e la decadenza politica della sua famiglia, Cunizza si stabilisce a Firenze, dove si dedica a opere caritatevoli e per questo è l’unica esponente della famiglia  ad avere ottenuto la vita eterna. Muore a Firenze nel 1279. È possibile che Dante l’abbia conosciuta. La stessa inclinazione all’amore che ha segnato la sua vita le ha dato la salvezza. Cunizza comprende che questo suo cambiamento di vita può sembrare difficile da capire, ma va considerato possibile se si conosce bene l’animo umano, contrariamente a quello che pensano le persone rozze. Il poeta in Cunizza onora in maniera velata i fieri ghibellini da Romano alleati e vicari di Federico II, di cui Cangrande della Scala, a cui è dedicato il Paradiso,  era l’erede politico. Il Veneto, soprattutto Padova, era radicalmente guelfo e si era  segnalato negli ultimi tempi per l’opposizione a Enrico VII e poi al grande Scaligero. Quando compone l’ultima cantica Dante segue con attenzione la politica e in particolare quella del suo mecenate. Tuttavia nella Commedia riserva ad Ezzelino l’Inferno, seguendo l’opinione più diffusa, collocandolo  tra i violenti contro il prossimo e le sue cose, immersi nel Flegetonte, il fiume di sangue.

 

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