Filippo Facci, “30 aprile 1993, Bettino Craxi. L’ultimo giorno di una Repubblica e la fine della politica” (Marsilio Editore) - di Giuseppe Massari

Approcciarsi a leggere l’ultimo libro di Filippo Facci “30 aprile 1993, Bettino Craxi. L’ultimo giorno di una Repubblica e la fine della politica” ,  appena uscito da Marsilio, ci si rende conto della campagna diffamatoria scatenata, negli anni del falso perbenismo ideologico e giudiziario, contro un noto personaggio politico della storia repubblicana italiana, Bettino Craxi. Facci scrive: “La morte di Craxi, in realtà, ebbe inizio il 29 aprile 1993, verso le sette di sera. Il feroce debutto dell’antipolitica”. In sostanza, chi aveva programmato la fine politica di Craxi, in buona sostanza creò le premesse per la fine della politica. Quello che, poi, è realmente accaduto. In quei giorni incandescenti, incontrollati ed incontrollabili si scatenarono i primi processi sommari di piazza. I processi anticipati dalle piazze, nelle piazze, più che nelle sedi opportune . Un processo contro  il Parlamento, ritenuto un covo di corrotti, rappresentato solo da ben  identificati  gruppi parlamentari o partiti politici. L’odio pilotato, manovrato e montato ad arte; il linciaggio morale, viscerale, psicologico, politico, ideologico,  sia pure simbolico, come sostiene Facci e come avvenne, anche, pensando al lancio delle monetine all’indirizzo di Craxi, dinanzi alla sua residenza romana dell’Hotel Raphael, scatenato senza se e senza ma, dovevano essere, secondo alcuni magistrati, novelli moralizzatori, i presupposti per una rivoluzione di coscienze, di libertà, di pulizia morale; la svolta di cui la politica dell’epoca necessitava. Facci, scrive, tra l’altro: “Quelle monetine e tutto il resto della serata del 30 aprile, dopo un’intera giornata contrassegnata in varie parti d’Italia dalla intossicazione del dibattito politico e persino dei rapporti sociali, e un comizio di Occhetto a Piazza Navona  come in un avamposto quasi con vista sull’albergo-residenza romana del leader socialista, furono solo l’aspetto più fotografato o ripreso televisivamente, e curiosamente non ritrovato -come ha osservato e documentato Facci- sulla generalità delle prime pagine dei giornali della mattina seguente. Perché quella omissione, reticenza, autocensura e simili? In un attimo di generosità immeritata dai miei colleghi ho pensato ad un disagio per avere così abbondantemente e incivilmente partecipato alla creazione del clima necessario a quel monumento al linciaggio che fu metaforicamente innalzato la sera del 30 aprile davanti all’hotel Raphael”. Con Craxi imputato,” il maggior responsabile della corruzione politica italiana”, secondo il pool di mani pulite, che coniò lo slogan Resistere, resistere, resistere, dovevano  risorgere, ritornare i valori della trasparenza, dell’onestà, della democrazia autentica rappresentata da un nuovo modo di fare politica, di concepire la politica. Purtroppo, per chi ingaggiò questa battaglia a senso unico, cioè solo contro alcun partiti politici di potere e non, anche, contro il sistema diffuso in quasi tutti gli altri partiti di massa, vedi e leggasi PCI, i risultati furono magri da una parte, perché la corruzione continuò e continua; tragici, perchè molti perseguitati da una giustizia ingiusta e sommaria, anche troppo vendicativa, non gradirono il ludibrio e la vergogna, e scelsero la strada del  suicidio. Molti pur senza colpe e senza alcun colpo ferire al sistema democratico italiano o alla vita democratica ed interna dei partiti. Furono gli anni della caccia alle streghe e di questo bisogna dare atto a Facci per avercelo ricordato. Furono gli anni in cui infamare, infangare non era reato, per prendersi la lode, il merito, il prestigio di aver debellato una classe politica indecente. Cosa che non avvenne totalmente, ma parzialmente. Non si andò alla radice del problema. Non si andò alla radice di tutti, scovando tanti veri responsabili, che la fecero franca, che furono nascosti sotto quelle toghe, ritenute, giustamente, dalla storia, dopo molti anni, toghe rosse, inquinate da un servilismo anticostituzionale, sovrapposto e sovraesposto a condizionamenti pericolosi. Il racconto di quegli anni drammatici è quello che esce dalla penna di un cronista accreditato quale Filippo Facci.  Egli torna sul luogo dove tutto ebbe inizio in un racconto, fotogramma per fotogramma, scandito dalle ore in cui sembrò non succedere nulla e accadde di tutto, in un crescendo teatrale di eventi puntuali che, alla luce degli anni successivi, possono essere colti come avvisaglie e tracce della rivoluzione che ha scosso la nostra democrazia. In un singolare e brillante esercizio di sintesi di memoria individuale e collettiva, memoir, saggio narrativo e romanzo della cronaca, l’autore rilegge da una prospettiva originalissima gli avvenimenti che si succedono dalle 10:00 di giovedì 29 aprile alle 23:50 di venerdì 30 aprile 1993, tra Roma e Milano. I ricordi del suo rapporto personale con Craxi svelano al lettore dettagli inediti, e la narrazione di un «prima» e di un «dopo» fornisce una mappa sulla quale orientarsi per cogliere appieno il senso di una vicenda che ha definitivamente cambiato la percezione della politica nel nostro paese.

Pin It

Potrebbero interessarti

Articoli più letti

Questo sito utilizza Cookies necesari per il corretto funzionamento. Continuando la navigazione viene consentito il loro utilizzo.