“Franco Ferrarotti e la sociologia dell’individuo” di Antonio Saccà

Conobbi Franco Ferrarotti indirettamente quando ragazzo a Messina, biblioteca dell’Università, lessi un suo libro sul sindacalismo negli Stati Uniti, se ben ricordo. Mondo sconosciuto ed accrescitivo. Ferrarotti attingeva, avverrà sempre, aperto specialmente alla sociologia statunitense. Era un europeo americanizzante, del tutto legato a quel Paese.  Quando mi stabilii a Roma, mi laureai però a Firenze, Giurisprudenza con seconda specializzazione in Storia, Filosofia, Pedagogie e Psicologia, allora possibile, oggi non saprei ,e pubblicai nella Rivista Nuovi Argomenti , diretta da Alberto Moravia, il “Saggio sulla letteratura italiana attuale” che amalgamava sociologia della letteratura, critica letteraria,e che ebbe eco mondiale, sia perché  Rivista  diretta da uno scrittore mondiale, appunto Alberto Moravia, sia perché era la prima valutazione di insieme del Novecento in narrativa, fino agli anni sessanta, tra coloro che mi richiesero possibile collaborazione  ebbe presenza Franco Ferrarotti. Per delle storture giovanili preferii insegnare alla Scuola di Perfezionamento in sociologia e ricerca sociale, legata alla Facoltà di Statistica. Il preside di Statistica, Vittorio Castellano, amava la letteratura, lesse il mio Saggio, e mi invitò a insegnare nella Scuola di Perfezionamento. Un errore. Io in ambiente statistico ero il sole di notte o la luna a mezzogiorno. Ferrarotti ne fu sorpreso, oltretutto vi era conflitto  sia di potere cattedratico sia di concezione, i sociologi , Ferrarotti in capo, non intendevano rendere la statistica fondamento della scientificità della sociologia, pretesa dagli statistici. Al dunque, con Ferrarotti non ci furono contatti. Ma quando eliminarono le Scuole di perfezionamento o quella del mio insegnamento, passai a Sociologia, a via Salaria, collaborando con Alberto Izzo, ordinario di Storia della Sociologia ed Autore di un testo documentato e leggibile. E di orientamento “progressista”. Io collaboravo, allora, a Paese Sera, L’Unità, Mondo Nuovo, Critica marxista, e non rammento   la materia che originò un piccolo sconquasso, su L’Unità recensii  a mano  con il dito verso un testo di Ferrarotti. Il quale si scatenò. Erano tempi nei quali una considerazione scritta da  un quotidiano come L’Unità, Paese Sera decideva  perfino la carriera. Io svolgevo una ricerca per il CNR sulla letteratura e mi affiancava Gianfranco Corsini, redattore culturale di Paese Sera, Corsini, legato a Ferrarotti,  si dimise dalla collaborazione con me. Insomma un garbuglio. Io continuai a collaborare con Izzo, m in quel periodo  ebbi la sorte di essere mal recensito su L’Unità, io che collaboravo a L’Unità, per un mio libro, “Il  marxismo tra il sesso e la morte”, nel quale valutavo in pieno l’individuo , la singolarità, del resto si accompagnava ad un altro mio libro, “ L’Assoluto privato”, nel quale , lo palesa il titolo, l’individuo, il “privato” equivaleva alla insopprimibile individualità dell’uomo  era affermatissimo , l’uomo non  intreccio di relazioni ma un IO, e la morte non era una connotazione della specie, ma la fine dell’individuo, tutto ciò “contro” Marx. Su L’Unità scrissero che io non stavo in linea con il marxismo. Non ebbi che da trarre le derivazioni, e non fui più “di sinistra” Izzo era di sinistra, e qualche problema ne provenne. Incredibilmente chi invece ebbi modo di riavvicinare, Franco Ferrarotti, addirittura scrivendo per la sua rivista , “La critica sociologica”, un testo a cui tengo ancora;  se il proletariato non manifesta una nuova civiltà coloro che hanno avuto o hanno fede nel proletariato non sono progressisti ma illusi da svalutare. Ed è errato dannare i pessimisti sul proletariato. Da allora ebbi rapporti continui e amichevoli con Franco Ferrarotti e  suoi collaboratori, Maria Immacolata Macioti, Roberto Cipriani, tra i molti.

A Ferarotti gradiva parlare, discorrere, valutare, era un argomentatore , interessato al non conosciuto,le prospettive, dal passato verso il futuro, le novità metodologiche, introdusse in Italia  la metodologia delle “storie di vita”, come dal singolo si perveniva alla società,  il valore del singolo, il che costituiva  blasfemia per la sociologia tradizionale che valutava soltanto categorie, insiemi, collettivi. Dopo un periodo di rilevanza questa metodologia si attenuò, ma è tutt’altro che da rinnegare.Ferrarotti la sostenne con i suoi collaboratori . Io nella mia Storia della Sociologia, edita da Newton e Compton, arrivo a parlare di Sociologia dell’individuo. Con Ferrarotti ebbi assidue conversazioni, e furono pubblicate  mi pare anche su Il Tempo. Era interessato a cogliere gli svolgimenti sociali, oltre che il passato. Il suo Trattato ,  ampia , dettagliato, con Autori letti non presi da letture altrui , non mi pare proseguita fino al Novecento, è l’opera sua migliore, come storia della sociologia. Meno rilevante il Manuale. Ma è nella miriade di testi che esponeva la sua personalità, in specie quando oltre la concezioni diceva delle persone, specialmente di Adriano Olivetti, con il quale Ferrarotti aveva iniziato impegno e finalità.  L’uomo inventivo, laborioso, critico ma edificatore, Ferrarotti si accendeva, apprezzava tale uomo. Di certo  una mentalità  all’americana ma restava un europeo con millenni di cultura addossati, e temeva un efficientismo inaridito, puramente utilitaristico e la pervasione della comunicazione vacua, rumore, un so di comunicazione senza “dentro” lo turbava. In ogni suo scritto era rappresentata la persona, ed anche se talvollta con note critiche tuttavia in rilievo la persona. Un’ identità, un contenuto umano individuato, da ritratto, narrativo. Di recente aveva scritto un libro con il mio stesso editore, Armando,  “ritratti” di sociologi, scrittori, ed anche della madre. Sempre la presenza della persona non annegata negli insiemi o nella concezione. Strano per un sociologo, niente affatto, la società vive di individui. La persona è “Insuperabile. La persona contiene la società, non la società la persona..

Non dimentico e l’ho scritto un episodio  curioso vissuto insieme. Stavamo a Piazza Colonna, scorgo una  individuo  piccolo che mi saluta e si accosta.Ho un dubbio che non chiarisco, è Leonardo Sciascia o Gaetano Arfè? Nell’incertezza mi tengo nel vago, e non presento Ferrarotti che sta per sè. Era Leonardo Sciascia che mi chiedeva di spedirgli il mio libro appena uscito “Marx contro Marx”..

Colmo, attivo, fecondo, indagatore, esplorativo, con un occhio al passato, un occhio al futuro nella composizione vorticosa del reale cercò per tutta la lunga vita di riaffermare l’ncancellabilità dell’umano personale nell’uomo. LA SOCIETA’ ATTRAVERSO GLI INDIVIDUI, LA SOCIETA’ NEGLI INDIVIDUI, L’INDIVIDUO CHE CONTIENE LA SOCIETA’. La onnipresenza insopprimibile dell’individuo. Comunità, collettività, insiemi ma sopra tutto IO SONO IO. LA SOCIETA’ VALE SE  NUTRE, FORGIA INDIVIDUI. Sicchè personalmente  non è perdere un amico,Franco Ferrarotti, è perdere un qualcosa in me stesso.

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