"I dodici inquilini del Quirinale nell’ultimo libro di Bruno Vespa" di Giuseppe Massari

Bruno Vespa  con un nuovo libro  racconta i dodici presidenti della Repubblica. “Quirinale. Dodici Presidenti tra pubblico e privato” (RaiLibri). Un lavoro editoriale concepito, forse, non a caso, in vista della prossima elezione del tredicesimo Presidente della Repubblica italiana. L’anno prossimo, infatti, scade il settennato mattarelliano e il Parlamento in seduta congiunta, unitamente ai delegati regionali, dovrà procedere all’elezione del successore, salvo imprevisti, come nel caso di Napolitano. Un viaggio col tipico stile dei libri di Vespa. Semplice, scorrevole, senza ricorrere al linguaggio da addetti ai lavori; con l’ironia e il gusto dell’aneddoto, della scoperta di chi dirige i veri giochi dietro le quinte, delle debolezze e delle virtù dei protagonisti. Dice ironicamente Vespa: “Per conquistare quella poltrona abbiamo visto episodi da guerra civile. E, con l’eccezione di Cossiga, non ha mai vinto il candidato dato per sicuro in partenza”.   Tra le pagine si possono trovare curiosità, ma anche riflessioni importanti su quello che rappresenta il Quirinale e come si è evoluto nel corso degli anni.  “Secondo un vecchio luogo comune, il presidente della Repubblica è un signore che se ne sta tranquillo al Quirinale, firma ogni tanto qualche carta e non interviene nella vita politica. In realtà il Quirinale è il centro di un autentico potere che molti capi dello Stato hanno esercitato nella storia italiana”.  “Nessuno dei dodici Presidenti è stato un docile passacarte”, scrive Vespa nell’introduzione. E propone subito un suo giudizio istituzionale, parlando degli ultimi vent’anni: “Il potere del Quirinale è aumentato nella misura in cui è diminuito quello di Palazzo Chigi. Non è un bene”. Si parte da Enrico De Nicola, “un monarchico per la Repubblica” e si arriva a Sergio Mattarella, passando per Einaudi, Gronchi, Segni Saragat, Leone, Pertini, Cossiga, Scalfaro, Ciampi, Napolitano.  Ogni ritratto ha un’appendice femminile: le Prime Signore, le mogli o le figlie dei presidenti. Ritratti di altre protagoniste, anche qui mai figure scialbe o banali. Da Ida Einaudi a Carla Gronchi, da Laura Segni a Tina Santacatterina Saragat, da Vittoria Leone, forse la più appariscente, la più presente accanto al marito, ma sempre discreta con il suo fascino e la sua bellezza; a Carla Voltolina Pertini,  Peppa Cossiga “moglie invisibile”: due donne, completamente assenti dal Palazzo ed estranee dalla vita del Colle; a Marianna Scalfaro, Franca Ciampi, Clio Napolitano e a Laura Mattarella. Circa la carrellata relativa ai personaggi cui il libro è dedicato, il conduttore di Porta a Porta tiene a precisare che i primi due presidenti della Repubblica: De Nicola ed Einaudi, di matrice monarchica, furono erano gli unici che potevano garantire una certa coesione ed unità nazionale dopo la grossa spaccatura che si era verificata nel Paese con il referendum costituzionale del 2 giugno 1946 .Vespa inizia con il primo Presidente provvisorio della Repubblica e si diverte a ricostruire le eterne incertezze di De Nicola quando gli chiesero una sua disponibilità per l’elezione: “La riposta fu un no. Ma un no alla De Nicola. Cioè un nì, meglio ancora un sì mascherato da no”. Poi Luigi Einaudi, fortemente interventista, mite e parsimonioso col celeberrimo episodio della pera divisa a metà in un pranzo con Ennio Flaiano. Giovanni Gronchi, altro uomo “di pasta interventista”, come quando impose al Viminale il suo protetto Fernando Tambroni, nonostante fosse un personaggio di spicco della sinistra democristiana. E il complesso capitolo di Antonio Segni, “l’enigma del golpe fantasma”, cioè il ruolo del generale Giovanni de Lorenzo nella rovente crisi del primo governo di centrosinistra guidato da Aldo Moro nel luglio 1964. Un capitolo interrotto anticipatamente per motivi di salute con le dimissioni del 6 dicembre 1964). La sua fu la più breve presidenza della storia repubblicana dopo quella di Enrico De Nicola. C’è Giuseppe Saragat “un padreterno al Quirinale”, per Vespa “il contrario di un mediocre”. Poi il successore, il fine giurista Giovanni Leone, vittima, secondo Vespa di una carognata, una autentica mascalzonata, la vicenda Lockeed, cavalcata ad arte da Berlinguer e da tutto il PCI e dalla stampa di sinistra, fino a chiederne la messa in stato d’accusa, che provocarono le dimissioni anticipate di sei mesi dalla scadenza dell’alto incarico. Sandro Pertini è “Giamburrasca al Quirinale” con le sue popolarissime intemperanze. Il “Picconatore” Francesco Cossiga, che per il Vespa privato è “il presidente del cuore, con lui ebbi da direttore del Tg1 scontri oggi inimmaginabili, poi nacque una profonda amicizia con mia moglie e con me”. A Cossiga va riconosciuto il merito, secondo il giudizio di Vespa,  di aver visto anzitempo la fine della Prima Repubblica e dei partiti. Oscar Luigi Scalfaro, eletto il 28 maggio 1992, nel tragico giorno della strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Franca Morvillo e gli agenti della sua scorta. Vespa lo ricorda protagonista di storici scontri con Silvio Berlusconi. Carlo Azeglio Ciampi, l’uomo dell’Euro e “lo sdoganatore  della parola Patria”. A costui, lo stesso Vespa, nel 1999, aveva dedicato una monografia:“Il superpresidente. Che cosa cambia in Italia con Ciampi al Quirinale”. Giorgio Napolitano, un “comunista al Quirinale”, “molto interventista”, unico ad essere rieletto. Infine Sergio Mattarella, alle prese con “tre crisi bizzarre”, capo di Stato “esempio di solidarietà nel momento più duro dell’ultima fase dell’epidemia” col suo vaccino allo Spallanzani.

 

 

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