“I primi Papi del terzo millennio” di Ciro Lomonte
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- Category: Scritture
- Creato: 28 Aprile 2025
- Scritto da Redazione Culturelite
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La Chiesa Cattolica è l’unica istituzione della storia dell’umanità che sia durata ininterrottamente duemila anni, viva e fedele agli scopi soprannaturali assegnatigli da Gesù Cristo, il suo Fondatore. In quanto viva deve confrontarsi con la vita e con le novità che sono frutto dell’uso dell’intelligenza da parte degli esseri umani, nel bene e nel male. Gli ultimi tre Papi si sono dovuti confrontare con l’aggravarsi delle condizioni di salute mentre avanzava la vecchiaia, considerato che i progressi della medicina consentono di mantenere in vita una persona con funzioni vitali ridotte al minimo. Non ci riferiamo ovviamente alla soluzione dell’eutanasia (figlia della cultura dello scarto, secondo Papa Francesco), subdolo eufemismo per evitare di parlare di suicidio assistito, allo stesso modo in cui si usa interruzione di gravidanza pe
r evitare di parlare di omicidio di una persona nel grembo materno. Pensiamo piuttosto ai problemi posti dall’accanimento terapeutico.
Mi è capitato di riflettere su questo argomento dopo l’emozionante incontro concessomi il 23 settembre 2015 da Benedetto XVI, Papa emerito da due anni, nel Monastero Mater Ecclesiæ del Vaticano. C’è infatti un canone del Codice di Diritto Canonico, che recita al §2: Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti. Una delle conseguenze è che se il Papa entrasse in coma nessuno potrebbe indire un nuovo Conclave senza il suo consenso prima della sua morte. Inoltre un Papa estremamente malato, come Giovanni Paolo II negli ultimi cinque anni della sua vita, per quanto lodevole sia stato l’eroismo con cui ha offerto al Signore le sue sofferenze, genererebbe serie difficoltà nel governo effettivo della Chiesa.
Il prof. Gaetano Lo Castro, il genio calatino del diritto scomparso recentemente, direbbe che questa è una delle tante difficoltà introdotte dalla mentalità giuridica napoleonica, dove la norma prevale sulla vita, quasi sostituendola e ingabbiandola. Anche all’interno della Chiesa Cattolica. Il diritto medievale al contrario era molto attento alla realtà, all’evolversi delle forme associative, al concetto di persona. Quest’ultimo, elaborato 1700 anni fa nel Concilio di Nicea, venne applicato pochi secoli dopo a tutti gli esseri razionali da Severino Boezio, su basi aristoteliche, come rationalis naturæ individua substantia. Nel millennio che viene ricordato come Medioevo vennero affrontati anche i casi della legge ingiusta e della legge inadeguata, alle quali è giusto opporsi.
Resta un’altra questione parimenti attuale, molto cara al filosofo Massimo Cacciari, difficile da risolvere con il diritto napoleonico. Nella seconda lettera ai Tessalonicesi, San Paolo fa un’affermazione enigmatica: «E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione, che avverrà nella sua ora. Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene». Cacciari sostiene con disappunto che la Chiesa Cattolica sia quella forza (il katèchon) che trattiene il mistero dell’iniquità, da lui identificato con tutti gli esperimenti in corso, post umani, sub umani, infra umani. Per esempio quelli dell’ideologia woke. Ma è proprio questa la missione della Chiesa, fornire gli strumenti della felicità agli esseri umani, sempre esposti alle lusinghe ingannevoli del demonio.
Come diceva Antoni Gaudí i Cornet, l’architetto di cui lo scorso 14 aprile è stato riconosciuto l’esercizio eroico delle virtù, essere originali vuol dire tornare alle origini. Da questo punto di vista, facendo tesoro di tutto il patrimonio bimillenario di comprensione magisteriale della Rivelazione, si nota un’ammirevole vivacità dei laici in diverse parti del mondo, che riflette bene la tensione verso la santità dei primi cristiani. Basta leggere gli Atti degli Apostoli e gli Atti dei Martiri per rendersi conto del modo radicale con cui amavano Dio e, per amore suo, i propri simili, al cui servizio si ponevano con estrema generosità.
