"Il martire palermitano Giovanni Battista Sidoti e il Vangelo in Giappone" di Alberto Maira

La Sicilia è stata la terra natia di tanti santi, di tanti martiri, di grandi evangelizzatori che risultano ancora troppo ingiustamente sconosciuti anche a due passi da casa, ignoti anche a noi siciliani . Ma è presente ai giorni nostri un lavoro paziente di scavo, di sacrificio, di lavoro scientifico, spirituale e santificante al tempo stesso, che ci è viene offerto nel nostro caso, ma anche in altri preziosi lavori, da padre Mario Torcivia, sacerdote palermitano, Ordinario di Teologia Spirituale presso lo Studio Teologico di Catania, membro del Collegio dei Postulatori a Roma e Consultore teologo presso la Congregazione delle Cause dei Santi. Ha pubblicato molti suoi lavori e molte ricerche tra le quali ci piace citare le opere sulle comunità monastiche, su padre Nunzio Russo, su Padre Pino  Puglisi, su padre Salvatore Vico, su Giovanni Battista Arista, sulla Venerabile Serva di Dio Suor Febronia Ferdinanda di Gesù.  

Con il volume e il personaggio che presentiamo ci ha fatto riscoprire ma in moltissimi casi scoprire per la primissima volta don Giovanni Battista Sidoti.

Quando il Giappone chiuse le frontiere nei confronti dell’Occidente, don Giovanni Battista Sidoti, un coraggioso prete palermitano, decise di introdursi di nascosto nel paese , per svolgere clandestinamente l’attività di missionario.
La sua conoscenza ha svolto un ruolo importante tra l’altro anche nella crescita della diffusione della cultura europea in Giappone. 

Giovanni Battista Sidoti (o Sidotti, in alcuni documenti, dei quali offre chiarimenti il Torcivia, insieme alla documentazione sull’appartenenza ecclesiale e il titolo di “abate”) nacque a Palermo il 22 Agosto 1667, dove a 17 anni intraprese la carriera ecclesiastica, studiando come seminarista e conseguendo la laurea in filosofia per poi recarsi a Roma, per studiare diritto alla Sapienza.

Il prezioso volume offre anche delle indispensabili note sul quadro politico del Giappone e sul Cristianesimo nel paese del Sol Levante, mentre nel descrivere la vicenda del Sidoti evangelizzatore ci sono offerte utili documentazioni sul viaggio che lo ha condotto fino alla meta che lo condurrà alla morte.

Il nostro martire venne presto a conoscenza delle torture e del martirio che i missionari cristiani subivano in Giappone, sotto la politica nota come sakoku. La notizia di martirio e di tremende pene inflitte ai missionari cristiani, aumentò ancora di più lo slancio nella sfida delle leggi di questa nazione e di diffusione della conoscenza del Vangelo al fine di salvarne la popolazione.
Fu così che don Sidoti si offrì  nel 1702 per la missione voluta da papa Clemente XI per la risoluzione di alcuni conflitti sul rito tra i cristiani in Cina. Il suo scopo però  era quello di stabilirsi in oriente per prepararsi alla sua missione, studiando la lingua e la cultura del Giappone.

Il viaggio iniziò da Civitavecchia e dopo un paio di tentativi falliti riuscì finalmente a sbarcare clandestinamente nell’isola di Yakushima.

Per non farsi riconoscere si vestì genialmente da samurai.
Nonostante ciò,  i suoi tratti somatici lo tradirono e le autorità lo arrestarono per poi portarlo a Nagasaki, dove fu interrogato grazie alla mediazione di un interprete.  Si decise di trasferirlo nella capitale Edo, oggi Tokyo, per essere interrogato da un consigliere dello shogunato, Arai Hakuseki, considerato uno dei saggi confuciani più importanti dell’epoca. Solo su un punto non si trovarono mai d’accordo. Don Sidoti insisteva nella sua missione e considerava il cattolicesimo come l’unica via di salvezza per il popolo giapponese, per questo insisteva nella volontà di insegnarlo e diffonderlo. D’altra parte proprio il cattolicesimo era severamente vietato, anche a causa della propaganda negativa promossa dai protestanti olandesi che godevano invece di ampia libertà in Giappone.  
La saggezza di don Sidoti fece sì che non fosse condannato a morte e fosse invece mantenuto agli arresti dove pur non potendo uscire, era trattato con tutti i riguardi e servito da due camerieri al suo servizio fino 1714, quando i due servitori confessarono di essersi convertiti al cattolicesimo e di essere stati battezzati grazie proprio al Sidoti. A questo punto fu condannato alla pena di morte. Lui e i due camerieri furono torturati e Giovanni Battista Sidoti morì entro pochi giorni, a 47 anni.

Solo nel recentissimo 2014, in quel luogo dove furono martirizzati, furono riportati alla luce i resti umani, identificati poi come appartenenti a Sidoti e ai due servitori.
Di recente la Chiesa ha avviato il  processo di canonizzazione per questo martire siciliano dalla storia molto  particolare, drammatica quanto affascinante.

Il volume di padre Torcivia ha inoltre il merito di offrire i tratti umani e spirituali di don Sidoti ed esprimere proposte per il rilancio della conoscenza di questo importante martire palermitano : un appello alle autorità civili di Palermo e uno alla Chiesa della stessa città.

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