“Il sonetto, ovvero il ‘piccolo suono’” di Giuseppe Modica

        Scontrarsi con gli accenti severi dell’endecasillabo, andare a caccia della rima ma non esserne appagati finché non se ne individuino le corrispondenze baciate o incrociate o a catena nella gabbia ferrea del sonetto, è scoprire che quella severità è in realtà un rigore musicale e che quella gabbia è dorata nella misura in cui, mentre mantiene il verso in castigo, lo fa veleggiare sulle onde di una libertà inaspettata, rivelatrice della creatività d’una composizione che deve tutto all’obbedienza delle regole. Nessuna meraviglia, dunque, che il sonetto sia la struttura ideale del fare poesia, dal neofita al maestro: il primo viene educato alla disciplina e all’applicazione proprio nella fase in cui la fantasia è più sbrigliata e l’ispirazione appare più scatenata; il secondo raccoglie la gioia contenuta nella scoperta anche di una sola parola inserita al posto giusto nel momento adeguato. Ma entrambi frequentano la scuola della composizione, che non ammette licenze che non siano strettamente poetiche e in cui l’eccezione confermi la regola.
          In questo plesso ideale comune, neofita e maestro si guardano talvolta in cagnesco poiché ciascuno affronta il proprio lavoro sorretto rispettivamente dall’ispirazione disordinata e scomposta e dalla fatica interminabile degli incastri. Ma accade che la scoperta delle differenze consenta a ciascuno di cogliere nell’altro un aspetto irrinunciabile della composizione, sicché il neofita comincia a rendersi conto che la semplice vocazione è farcita di abbagli e di falsi richiami, se non è corroborata da un’applicazione che la metta alla prova, e il maestro scopre con crescente sorpresa che l’elaborazione attenta e minuziosa nasconde l’elemento seducente dell’ispirazione. Ne nasce un’alchimia tale per cui ciascuno dei due adepti si accorge di essere pur sempre un apprendista, un ricercatore in movimento, sia pure muovendo da posizioni diverse, e che l’arte della composizione è davvero inesauribile. Il termine “sonetto”, del resto, allude al “piccolo suono” evocato dai versi, e se è vero che la poesia è “canto”, non c’è espressione poetica più compiuta di un piccolo testo che suona.
 
 
RIFERIMENTI
Il Sonetto, Cinquecento sonetti dal Duecento al Novecento, a cura di G. Getto e E. Sanguineti, Milano, Mursia, 1980.
 
https://acrocori.wordpress.com/2018/07/25/il-sonetto-ovvero-il-piccolo-suono/
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