“In nome della salute” di Antonio Saccà

Negli ultimi anni ho dovuto frequentare cure per la salute, la condizione ospedaliera, clinica può angosciare, uno  si stende sul letto, viene aiutato, si trova in soggezione, un campanello , infermiera,  infermiere, a volte il medico, viaggiare lungo i corridoi, colazione pran

zo e cena , ciò gratuitamente in gran parte o del tutto. Situazioni  angosciantI, secondo la ragione dello stare in luogo di cura ma subentra o può subentrare specie nei lunghi periodi la forza della assuefazione, serviti, spesati, certo alla salute conveniva l'opposto, la possibilità di venir fuori da questa situazione, e avviene   animosità, sentirsi imprigionati in  maniera carceraria, non godere le coccole dei medici , come scriveva ironicamente Nietzsche. Questa ambigua valutazione della vita in clinica o in ospedale è una premessa generica. Al concreto. In  questi giorni ho dovuto riaffrontare l' operazione all’occhio destro, che ha perduto la vista, trasforma le cose in sogni ombrosi. Non è gradevole. Mi reco nel luogo dove sono stato già  operato con effetti da riesaminare. Giorno, ora stabiliti. Registrazione, sono io. Saletta di attesa. Mi spoglio, mi impigiamo, aspetto, leggicchio. Ore. Chiamato. Sedia a rotelle. Ascensori, corridoi  freddi, squallidi, vuoti, sotterranei, ascensori,, corridoi più inciviliti, mi conducono abilmente la sedia a rotelle come guidatori di gare, la sala operatoria, infine, luci in alto, quadrate,  accecanti, radianti, pressanti, apparecchiature da laboratori soggioganti, da un lettino ad un lettino per l’intervento, tavolo operatorio, ago nella vena, pressione controllata, il braccio cinto, strettura, misurazione, un dito inanellato sulla punta, ossigenazione:  Tutto bene? “Tutto bene” Fronte immobilizzata, una copertura al volto, operazione non  con strumenti manuali, operazione al laser, suppongo, evidentemente non  posso vedere, subisco il raggio nell’ occhio che inizia movimenti interni  di apparizioni, nere, bianchissime,  ondeggiamento continui, fluviali, ventosi, sciamanti, è, dovrebbe essere una ricerca, una sistemazione, la retina, il cristallino, responsabili della mia non vista, chissà a che mutamento sta attivandosi chi mi opera, E chi mi opera è ormai un’amica, la attiva, operosa Professoressa  Elena Pacella, Direttore UOSD Pronto soccorso oculistico  A.O.U.Policlinico Umberto I Roma. Sapienza Università di Roma. Un raggio che attraversa il drappo esterno , le palpebre e si addentra nell'occhio ed  Elena Pacella cerca quello che deve per sistemare la retina ed il cristallino, ripeto, Avviene che io chiedo, ed Elena Pacella  mi dice:Bene.  Ma[A1]  io supponevo brevissima la faccenda ed ho qualche scossino fisico, proibitissimo  da Elena Pacella, che dichiara impossibile continuare se  mi agito , sicchè mi immobilizzo, potrebbe non essere arduo ma sorgono inconvenienti, recarmi in bagno ,mi contengo ,  avviene però che la gola si carica di muco appiccicato, ostacolativo della respirazione , una fase di operazione con il respiro difficile, addirittura il non respirare  in corso diventa micidiale, oltretutto non potendo tossire,, inoltre l’anestesia ha fermato la parte destra del viso e la narice destra è murata, e aggiungo che l’ossigeno nelle narici mi disturba, non lo sopporto. Elena Pacella è tra l’amichevole ed il severo, “Bravo” , se sto immobile, “ Si fermi”, se movicchio  un ditino. Mi obbligo a respirare con una narice ostacolata dal muco , cerco con minimi sforzi di tossicchiare per sputare o spostare o ingoiare il muco,  riesco,  ho momenti  di lasciarmi andare al sonno ma la coscienza del pericolo mi sveglia, ascolto in tale situazione voci meccaniche, dicono qualcosa che non riesco a definire ma come significative di un dialogo, una risposta, una cognizione, una connessione delle persone con gli strumenti tecnici, inoltre la misurazione della pressione accade automaticamente , la cintura  a tempo si gonfia, mi preme, capisco che uno schermo indica la risultanza, in quanto alla respirazione, chiedendo se io immobilizzato non respirassi , Elena Pacella mi chiarisce che vi è un apparecchio il quale palesa la respirazione. Adesso  abbiamo a che fare con tempi  che sopporto per volontà, anche paradossalmente se il tempo si estende estendo la mia volontà di reggere. Sicchè la fine accade mentre ero in condizioni di sostenere prolungamenti.

La  connessione Uomo-Macchina è totale, siamo nell'epoca delle macchine intelligenti, delle macchine connesse all’uomo e l’uomo alle macchine. Una conquista immane , strabilia percepirla in corso d’opera,  le macchine suggeriscono ,rispondono, correggono, precisano, rappresentano la realtà in maniera minimale ,quando ho chiesto del respiro Elena mi ha detto che sullo schermo coglieva tutto, se facciamo della tecnica lo strumento utilizzato per l’umanità, senza delegare noi alle macchine, senza macchine che fanno completamente da sé e ci indicano i fini, se riuscissimo a connetterci alle macchine, anzi le macchine a noi, in maniera intelligente senza affidarci esclusivamente alle macchine, insisto, il che porterebbe alla rovina, avremmo risultati possenti, degni dell’uomo umano. In  campo medico specialmente. La salute è fondamento essenziale della vita. Dunque  non ostracismo alle macchine intelligenti, non sto riferendomi alla Intelligenza   Artificiale che è  tutt’altro, protesa alla sostituzione dell’uomo.

Mi sciolgono, ad alzarmi barcollo, mi  avvenne in  altre occasioni dopo essere stato a lungo steso a testa non sollevata,ritrovo l'equilibrio, momenti, di nuovo sulla sedia a rotelle, vorrei  tornare a casa, Elena Pacella è dell’opinione  che io resti all’Umberto I, corridoio enorme ,città dentro e sotto la città. Il problema è l'anestesia, ha marmorizzato la parte  destra del volto , bloccato ogni movimento,l’occhio viene fasciato, devo digerire l'anestesia. Le giovanissime infermiere, i giovanissimi medici, vedendo questo signore, io, alto barbuto bianco con bastone, un eremita,  comprendono che ho bisogno di loro e della loro cortesia e la loro disponibilità precede le mie richieste, basta un cenno e la richiesta è soddisfatta. Non mangio da ore, molte ore, non bevo da molte ore , ma adesso ho letto, stanza, cibo. A mia esperienza tranne rarissime circostanze ho sperimentato  disponibilità positiva da parte dei medici e degli infermieri ,amicizia addirittura ,lettori di miei scritti, articoli, sarà una vicenda personale ma sia allo Spallanzani, al San Giovanni alla Muratella, all’Umberto I, reparto oculistico di Elena Pacella SONO STATO AIUTATO A VIVERE!  La scienza purché resti  strumentale alla vita, alla salute, alle relazioni tra esseri umani rimasti umani è una vittoria momentanea ma consistentissima sulla morte sociale e naturale. E vedere quei giovanissimi medici, donne e uomini, con Elena Pacella scrutare educatamente e coscienziosamente i miei occhi per ridarmi la vita ,conforta.Ho cure per qualche mese. Vedremo i risultati. Un finale al di là degli impegni medici, perché mai taluni farmaci non sono  in vendita gratuita o scontata?


 [A1] io

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