“Interiorizzazione” di Antonio Saccà
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- Category: Scritture
- Creato: 30 Settembre 2023
- Scritto da Redazione Culturelite
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Forse una malattia, persino incurabile, addirittura mortale? Risposta incerta. Personalmente ho convinzione decisa: mi sono ammalato di lingua latina ( latinite), febbre da terzo grado, prossima allo scoppio. Colpi al cuore, sbandamenti, Cammino, e mi viene al pensiero:”Qui fit, Maecenas, ut nemo, quam sibi sortem fors obieceritit, illa contentus vivat, laudet diversa seguentes?”, Orazio finge di chiedere a Mecenate come mai l'uomo vanta gli altri scontento di sé. Vera o no che sia in tutti la scontentezza è lo slancio snello, di colpo,che gradisce. Associo una ricordanza, Pier Paolo Pasolini , dicutevamo di poesia, apprezzava Umberto Saba, fatti suoi, poi come esempio di versi che apprezzava con la sua vocina disse :”Esterina, i vent'anni ti minacciano”, il primo verso di una composizione di Eugenio Montale. Assaporandola. Non mi parve granchè. Ma l'ambito era ed è tale. Dunque, ecco una velocità immediata: Qui fit Maecenas... “Qui fit” , il Qui vale e recide Quomodo, allungato, moscio,noi diremmo:”Come avviene”, meno scagliato di Qui fit. “diversa seguentes”, noi prolisseremmo”seguono vie diverse”. La mancanza di articoli , lo sappiamo , rapidizza, sguadra,senza irrigidire, anzi, la lingua latina. Che impeto, spontaneità lavorata che sembra però spontanea e che semplicità nitida! Cammino. “Lugete o Veneres Cupidinesque et quantum est hominum venustiorum!”.. E' Catullo. Le Veneri e i Cupidi, gli uomini devoti alla bellezza devono piangere, “Passer mortuus est meae puellae”, è morto il passero che deliziava la sua fanciulla, la celebrissima e libertinissima Lesbia (Clodia). Questo passero “Nec sese a gremio illius movebat sed circunciliens modo huc modo illuc ad solam dominam usque pipiabat”. (girava intorno soltanto alla padrona, pigolava,canticchiava, per lei). Cammino con circonciliens e pipiabat, pipiabat, circonciliens, perfetti in sé, o conosci in latino o perdi la facenda. E Catullo non arresta. La morte del passero è la Morte. Il passero si avvia “per iter tenebricosum illuc, unde negant redire quenquam”, il passero si inoltra intenebrandosi dove è negato alcuno torni. Ma tenebtricosum, redire quenquam sono intraducibili, innesrati nell'espressività della lingua latina. Una deduzione, occorre mantenere la lingua latina. Ho riferito versi elementari, da scuola media di un tempo. Per alcuni di noi vi è un cassettino, angolo mentale dove è scritto: Lingua latina, Letteratura latina, MONDO GRECO. Un emisfero. Reale. Si nulla, l'origine, il prima della particella singolre. Cammino, “Infandum, regina, iubes renovare dolorem”. Enea è richiesto, dala regina Didone che narri la desolazione di Troia, “infandum renovare dolorem”,Enea rispondera soffrendo, Didone “iubes”, comanda, “infandum “ intraducibile, nessun termine lo equipara. Necessario salvare il latino.
Quando, ridestato dal coma presi consapevolezza sufficiente un conoscente mi donò in portineria la raccolta totale di scritti letterari latini anche in lingua originale fino al V secolo dopo Cristo, una delle ragioni per cui sono guarito è stata la lettura di quei testi, Autori in frammenti, spesso poco diffusi, IV, III secolo a. C., a non dire un Autore del I secolo d.C., Lucano, che ha ispirato Dante e non inferiore nelle fantasie metamorfosiche e nella violenza politica ( repubblicano senatotoriale pompeiano tellurico), una frenesua metaforica iperbolica che perviene all'incandescenza figurativa e associativa stralunante dei poemi russi dell'inizio millennio. Inutile nominare Ovidio delle Metamorfosi o Lucrezio, “De rerum Natura”: (…) alma Venus, caeli subter labentia signa quae mare navigerum, quae terra frugiferentis concelebras”, frugiferentis, navifreum, concelebras? Proibito toccare. Bisogna salvare la lingua latina. Cambiare linguaggio all'Imperatore Adriano? “Anima blandula vagula Hospes comesque corporis”, non toccare, non tradurre, è una statuina tabù,non solo una poesia. Hospes comesque, Adriano congiunge ospitalità e compagnia tra anima e corpo usando comesque , se diciamo ospite e compagna disgiungiamo pur unendo Adriano non pone “et” ma prolunga comes in comesque che vale et, stringendo l'uonione tra ospitalità e compagnia, la fugacità della vita, hospes, la durata della vita, comes.Coniature che hanno la loro vertigine nel loro stampo originario.Certo, innumerabili lingue sono totalmente estinte, ma vi sono lingue che sono ereditate. Trasfusionali, recano la civiltà nel presente pur essendo passato, un passato presente, un presente passato che costituiscono l'eternità mondana , la nosra possibilità di eternità. Mi spiace non incontrare da tempo Mario Scaffidi Abbate, entrambi abbiamo qualche problema, ma il mondo greco-romano lo condividiamo a distanza immedesimata e la Sua traduzione di testi montuosi,Le metamorfosi di Ovidio che Egli ha reso, non sono un “esperto” del settore filologico, come da non altri traduttori, un abbandono metaforico screziatissimo, chimerico, cangiante, ecco , questa è vita, accrescimento, civiltà. Ridare civiltà alla società. Non basta stare insieme. Non basta essere comunità. Occorre la civiltà. Fu e perdura la non provvida esclusione della lingua latina dalle chiese cattoliche. Oremus, santificetur, in mulieribus, laus et iubilatio, procedenti ab utrogue, virgo prudentissima, ianua coeli, fiat voluntas tua sicut in coelo sicut in terra, requiem aethernam dona eius domine, in secula seculorum, amen, ite, missacest, minimità, l'ovvio elementare, Agnus dei qui tollis peccata mundi, miserere nobis... Ma quale strabiliante ragione ha tolto suono a queste espressioni incise perfino in chi non è credente, anzi, nel mio caso, in chiesa per ascoltare il latino e per i rituali, quando esistevano. Oggi mi reco se non vi è cerimonia parlata. Attualizzo. Dobbiam recuperaci. Gli amici che stanno ora al Governo ritemprino la civiltà greco-latina e lingue. Se dovessi stendere una diagnosi sociologica sulla nostra epoca scriverei: in passato l'uomo cercava di arricchirsi di interiorità, oggi cerca di accrescersi con la potenza all'esterno. La tecnica è potenza all'esterno. L'Umanesimo è potenza all'interno (anche il Rimnascimento è potenza interiorizzata). Non esiste una separazione in assoluto, ma per quanto valgono le distinzioni questo il percorso delle civiltà, l'uomo interiore(umanesimo), l'uomo tecnologico(la mia potenza è nel mio strumento), fuori di me. La tecnica è grandiosa ma non ha interiorità. La storia è storia dei popoli, ma i popoli passano nella concretezza dell'individuo. La Grecia ebbe la coscienza dell'individuo, degli uomini illustri, e la trasmise ai romani, che la trasmisero al Rinascimento e al XIX secolo. La vita, la scultura, il dipinto, il soggetto, l'individuo. Poi vi fu, vi è l'astrazione ,la tela vuota, l'oggetto. La macchina. Ma il dentro dell'uomo si scuoia, versato nello strumento . Ed il mezzo denominato comunicazione ha precipitato la situazione, fa valere ciò che è diffuso non ciò che vale, alterando la consistenza delle valutazioni. Ingigantisce l'effimero e fa perdere il senso realistico delle pesature.. L'uomo non si affidi esclusivamente al potere tecnico ed all'efficacia della comunicazione clamorsa, sono dimensioni esterne, non vi rinunci, ma coltivi il rigoglio dell'interiorità, il sentire,l'esprimere, le risonanze del mondo reimprontandole di sé ed esternandole. La vita ricrei il passaggio dell'individualità sensensiente e espressiva. Arte. Confrontarsi con gli antichi.
Espressioni che appaiono espressive perchè in linguaggio a noi estraneo forse per chi le usava furono corrive, se circunciliens, pipiabat, riducendo, attraggono, può darsi che un latino le esternasse a sporte correnti. Noi siamo odierni italiani, inglesi, spagnoli, e quei termini risuscitano l'espressività, sale marino della vita.