Mariano Salamone, "Il viaggio" - di Maria Elena Mignosi Picone

In questa raccolta poetica di Mariano Salamone, dal titolo “Il viaggio”, che comprende ben centosessantasei poesie, c’è  racchiusa tutta la sua vita, dall'infanzia all’età  avanzata della vecchiezza.

Una vita, all'inizio, di grande dolore per la lontananza della madre, ma, dopo, dall'incontro con la moglie Francesca, cui è  dedicato il libro assieme ai tre figli Vincenzo, Antonio e Alessandro, dopo, dicevamo, invece, di grande felicità. Il poeta ha conosciuto il dolore e la gioia in due momenti diversi e li ha conosciuti in sommo grado. Dolore a tal punto da desiderare l’annientamento di sé, in età  infantile e adolescenziale, e dopo invece la gioia, la felicità  per tutto il resto della vita, che si protrae negli anni che egli spera per tanto tempo ancora. Il disprezzo della vita, dapprima, l’attaccamento alla vita, dopo.

La sua è  una testimonianza meravigliosa di rinascita. Rinascita che vede la collaborazione tra la volontà  umana e la grazia di Dio. “Oggi mi stupisco di essere rinato /…/ e dagli abissi / del male oscuro / riemergo/ a più  chiara luce.” “…ci sospinse all’incontro…quel soffio divino/ che avvicina anime lontane / e misteriosamente le avvia / a comuni e ignoti destini.”

Mariano Salamone, pur nei suoi anni giovanili travagliati, però  ha trovato la forza nello stesso tempo, di impegnarsi a fondo nello studio. Dopo il Seminario, ha conseguito due Lauree, una in Lettere Moderne, e un’altra in Pedagogia. E’stato Educatore al Convitto Nazionale di Palermo e Ricercatore all’Università  di Messina. Ha scritto vari libri di poesie, e ora si accinge alla stesura del suo primo romanzo.

È  stato inoltre un ottimo padre di famiglia e ora, attorniato da figli e nipotini, si gode la pace domestica in compagnia della sua amatissima moglie, Francesca.

Oggi è  alla sera della vita, con tutti i timori e le ansie che questa comporta. E “Se di notte guardo / l’immenso cielo / in qualche stella scorgo già, / il mio posto nell’al di là.” Insistente si fa in lui il pensiero dell’ultraterreno, dell’infinito, dell’eterno, e la vita gli appare come un viaggio con la sua attesa verso l’ultimo traguardo. “Sovente ripercorro la vita / che assai mi ha tolto / assai mi ha donato.” “Sono in cammino / non so l’ora di arrivo …il viaggio è  pieno di agguati / e l’approdo lontano / sconosciuto.” Il mistero. “Squarciare non posso / il velo del mistero / sapere donde vengo / dove vado / misurarmi / con l’eterno / l’infinito.”

L’inquietudine gli è  compagna e oggi più  che mai: “Tra cielo e terra / volteggio inquieto”. La sera, la nebbia, il vespro, la pioggia, sono tutte immagini che affollano la sua mente. “…lenta frana / la malinconia. / Per chi soffre / la pioggia / non è  mai poesia.”

Nell’arte poetica Mariano Salamone riversa tutta la sua vita. “Ricordi / trasalimenti / aneliti infiniti / gioie e tormenti / assediano la vita del poeta. / …/ Il poeta / contempla / ascolta / e si rivela nel verso.” Le poesie sue sono avvolte in un’aurea di dolore e di amore, e da queste risalta un animo sensibile è profondo, ricco di valori; un animo inquieto sì, travagliato, ma illuminato dalla luce della fede, della speranza. Un’inquietudine salutare se ha dato tanti bei frutti tra cui la poesia.

Mariano Salamone, una persona di grande levatura spirituale, morale, umana e culturale.

Il suo stile ricorda i poeti dell’Ottocento. Tra loro soprattutto Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi.

Confrontiamolo infatti col Foscolo il quale scrive: “Forse perché  della fatal quiete tu sei l’imago / a me sì  cara vieni sera.” E Mariano Salamone: “Vieni / amata sera, / seppur povera cosa / all’inquieto mio cuore.” E il Leopardi: “Come somiglia il tuo costume al mio” (Il passero solitario). E il nostro poeta: “Assomiglia a voi / la mia vita / inquiete onde.” (Il mare).

Il suo è  uno stile elegante ma senza ricercatezza, colto ma chiaro e semplice, il suo verseggiare è  limpido e cristallino e riflette appieno il suo animo.

Ma le sue più  dolci note sono quelle che riserva alla moglie, Francesca, che, quasi novella Beatrice per Dante, così  ha saputo essere per lui. L’ha tratto infatti dalle tenebre alla luce. “Già  rovinavo a valle / senza meta / come ramo / che il fiume trascina / ma prima che l’onda / travolgesse/ tu / Amore / dolcemente / mi traesti a riva.” “Nella mia vita di nebbia / un giorno all’improvviso m’apparisti.”E così  la ritrae: “Hai faticato tanto / e nello stremo / giammai t’arrenderti/ sospinta da indomabile volere.” E “Oggi puoi gioire / madre orgogliosa / e sposa non certo infelice.” Con lei il dolore si mutò  in gioia e perciò  oggi egli può  dire: “Una gioia stasera / mi prende infinita. / Una gioia sovrumana / che slarga il petto / e va oltre il presente / oltre la vita / una gioia infinita.”

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