“Piero Doria, un nuovo - vecchio libro sul cardinale Vincenzo Maria Orsini OP” di Giuseppe Massari

Uscito di stampa nel luglio 2018, per i tipi della TAU editrice di Todi, è in distribuzione, questi giorni, un libro di Piero Doria, Officiale dell’Archivio Segreto Vaticano, storico della Chiesa dell’età moderna e contemporanea: “Il governo spirituale del card. Vincenzo Maria Orsini OP Vescovo di Cesena (1680 – 1686)”. All’interno del testo, nella parte relativa alla presentazione, è possibile apprendere che l’autore è, tra l’altro, “perito della Commissione storica nella causa diocesana per il processo di beatificazione e canonizzazione del servo di Dio Vincenzo Maria Orsini- papa Benedetto XIII”. Al di là del titolo del volume, che aveva suscitato in me molte aspettative, soprattutto sulla scorta di nuovi e più aggiornati documenti, che pensavo fossero emersi sulla figura del porporato e papa gravinese, ho dovuto prendere atto che tutte le mie attese sono andate puntualmente e completamente deluse, perché nello scorrere le pagine ho scoperto che non si trattava di un inedito, ma la copia fedele di quanto già pubblicato precedentemente all’interno della collettanea : “Benedetto XIII. Studi e testi, Adda Editore, Bari 2017”. sotto un altro titolo: “Il card. Vincenzo Maria Orsini OP Vescovo di Cesena (1680-1686), con l’aggravante, però di incorrere in una mancanza di deontologia professionale e in presenza di una disonestà intellettuale; cioè il di non aver scritto o precisato, per esempio: che tale pubblicazione ha già visto la luce, come contributo all’interno della collettanea..”. Ovviamente, ogni autore è libero di comportarsi come crede, anche, a volte, di essere incurante e scorretto nei confronti del pubblico di lettori a cui la pubblicazione è rivolta. Sorvolando su questo aspetto, ritenuto da me non marginale all’interno di una recensione, e ritornando al già pubblicato testo, mi pare doveroso sottolineare il fatto che, “la nuova edizione” poteva essere l’occasione per pubblicare nuovamente il testo della “Relazione ad limina presentata dal card. Vincenzo Maria Orsini, arcivescovo-vescovo di Cesena Roma, 31 maggio 1684 (Documento manoscritto). Archivio Segreto Vaticano Congr. Concilio, Relat. Dioc.,Caesenaten. 163/A, ff. 145r-158v  [145r] DUPLICATUM”,  ma non nuovamente e solo in latino, ma che, almeno si fosse proceduto alla traduzione in italiano. Se la gente non legge, legge poco e non si fa nulla per invogliarla, per incoraggiarla ma, anzi, indisporla, mi si vuole dire e mi si vuole spiegare, perché si pubblicano libri? Per inserirli, oltreché nelle proprie credenze, chiamate biblioteche domestiche, anche e soprattutto  nelle proprie credenziali, nei propri curriculum? Se il latino, oggi, non lo parlano e non lo comprendono neanche i preti, gli ecclesiastici in genere, come si può pretendere che lo mastichino i comuni mortali chiamati lettori? Mi viene da pensare che neanche l’autore abbia dimestichezza con la lingua dei romani, se ha lasciato il testo inalterato e non ha pensato neanche di affidare la traduzione a qualche esperto o a qualcuno che ne sapesse più di lui. Purtroppo, i limiti di quest’opera, sia in versione originale, che in quella di più fresca circolazione sono molti. Sono evidenti e  si riscontrano, ancora di più quando l’autore fa riferimento alle fonti di cui si è servito. Scrive Doria nella introduzione: “Nel presente volume… ho cercato di ricostruire, attraverso la documentazione presente nell’Archivio Segreto Vaticano, la sua azione di governo durante il periodo in cui fu vescovo di Cesena”. In realtà, mentre gli occhi si addentravano sempre di più nella lettura, era difficile che essi non scorgessero la mole di testi a stampa, inseriti in appendice, e conservati presso la Biblioteca Vallicelliana di Roma. Sicchè non solo l’Archivio Segreto Vaticano, luogo presso il quale l’autore lavora e del quale ha voluto esaltarne l’importanza, ma anche una Biblioteca, una delle più prestigiose della capitale, ha contribuito alla ricostruzione del periodo orsiniano nella Chiesa particolare di Cesena. Perché, dunque, essere stato così fazioso? Non riesco a rispondere e non è neanche necessario farlo. Al termine, una sola ed amara considerazione e constatazione al tempo stesso. Poteva venire fuori un bel lavoro, sia in prima che in seconda stesura. Invece, no. Nulla di nuovo, nulla di originale se non mettere, maldestramente, in risalto la parentesi arcivescovile e cardinalizia dell’Orsini sulla cattedra episcopale di Cesena, facendola passare per positiva, al pari di quella di Manfredonia prima e di Benevento dopo, e che, invece, non fu certamente brillante ed esaltante. Non solo per le lunghe assenze, a causa di ricorrenti malattie legate al cattivo clima, che colpivano il porporato, quanto per le incomprensioni, i cattivi rapporti intercorsi e intercorrenti con parte del clero, amministratori locali, presidenti di confraternite, sodalizi ed associazioni laicali locali, perché l’Orsini, accortosi di essere giunto in una diocesi in cui il disordine regnava sovrana, sotto tutti punti di vista, cercò di essere, come era nel suo carattere, fermo, deciso, risoluto, duro, intransigente e severo, al solo fine di rispettare e mettere in atto quelli che erano stati i canoni scaturiti dal Concilio di Trento, di cui fu esemplare esecutore e modello  pastorale secondo l’ortodossia teologica ed evangelica.

 

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