Prefazione di Tommaso Romano a "Palermo con i miei occhi. Il sogno della rinascita" (Ed. Thule) di Teresa Maria Ardizzone

Se la scrittura è sempre un perenne raccontarsi, alla ricerca del tempo perduto di proustiana memoria o atto per elaborare i fantasmi e smascherarli od anche per soggiacere al gusto dell’eterno ritorno all’uguale, questo raccontare di Teresa Maria Ardizzone su Palermo, la “sua” Palermo, si bilancia su più aspetti che intrigano e affascinano con l’invito alla lettura e la sequenza memoriale quasi filmica.

Il primo aspetto è la ricostruzione spesso velata di nostalgia, quasi di una impalpabile “assenza”, che fa della rievocazione del passato un archetipo, non sempre lucente.

L’indagine diventa così scavo della propria memoria che non, pretende di essere, fortunatamente, minuzia cronachistica consegnata al presente e neppure moralismo incapacitante.

Un grande intellettuale da non dimenticare, Aurelio Pes, intitolò un suo libro d’arte Palermo la splendente e, certamente, non errò nella definizione iconica, anche perché accanto allo splendore, alla luce spesso abbagliante, si staglia l’ombra, ineluttabile.

Qui, a Palermo, più che in altri luoghi?

Ove l’ombra è stata ed è violenza, arbitrio, sopraffazione, sciatteria talvolta cucita come un ricamo.

Il filo dei ricordi è per l’Ardizzone – come nella precedente e bella opera dedicata a Sferracavallo – la demarcazione fondante fra la visione, il sogno, la constatazione amara, l’aspirazione e l’evidenza di un presente che snatura troppo spesso la bellezza, non solo della natura ma pure dei manufatti.

Un libro, allora, di denuncia come tanti?

No, è quello della Ardizzone un vero atto di amore, un sentimento che la parola restituisce come terapia della sopravvivenza e ancor di più, della speranza. Facendo di queste pagine un testo indimenticabile.

Pin It

Potrebbero interessarti

Articoli più letti

Questo sito utilizza Cookies necesari per il corretto funzionamento. Continuando la navigazione viene consentito il loro utilizzo.