Rosa Maria Chiarello, “Scorci di vita” (Ed. Le Mezzelane)

Presentazione di Maria Elena Mignosi Picone
 
“Scorci di vita” e’ il titolo della silloge di poesie di Rosa Maria Chiarello, la sua seconda silloge dopo “Cristalli di luce”, e prima di un’altra, “L’attesa”, che e’ in preparazione.
Ormai la vena poetica di Rosa Maria Chiarello ha preso il largo.  Anche per i prestigiosi riconoscimenti e premi ricevuti.
Per questa silloge ha ricevuto il Primo Premio Internazionale nel Concorso  “La pelle non dimentica” indetto da Mezzelane Casa Editrice, con tema assegnato, la violenza sulle donne, e poi ha ricevuto pure   il Premio “Universo Donna” dall’Accademia di Sicilia.
Cosi’ e’ nato questo libro.
Ovviamente un congruo numero di poesie riguarda il suddetto tema, ma il libro non contiene soltanto componimenti su questo argomento. L’autrice parla anche di se’, della sua esistenza: della sua infanzia, trascorsa serenamente; dei suoi amati genitori; parla dell’amore, dei suoi figli. E’ una madre di famiglia, e anche una professionista. Lavora alla Regione nella Pubblica Amministrazione, all’Assessorato per il Turismo.
Questo miscuglio di poesie a carattere personale e di poesie sulla violenza delle donne, potrebbe, a prima vista, far apparire l’opera piuttosto dispersiva e frammentaria, senza un filo conduttore, senza unita’. Invece, inoltrandoci piu’ a fondo, si riesce a scorgere un comune denominatore tra tutte le poesie. Lo vedremo a poco a poco.
Cominciamo innanzi tutto da quello che e’ il tema proposto: la violenza sulle donne.
Rosa Maria Chiarello si compenetra a fondo nella loro situazione e ne esamina i vari aspetti: l’incomprensione, l’insofferenza, l’amore che si trasforma in odio, la solitudine pur nella presenza dell’altro. E cosi’ prende in considerazione giorni vissuti nel terrore, ricorrendo ad ogni espediente pur di sfuggire a lui. E scrive: Ricordi i giorni bui dell’orrore, quando accartocciata su te stessa / ti nascondevi nell’angolo buio della casa / nella speranza che non ti scorgesse.”
Ancora, la solitudine che si puo’ avvertire anche con la presenza di lui: “Quanti giorni di silenzi, / stare insieme e non esserci…la solitudine di giorni sempre uguali, la casa vuota di noi. E’ come morire ogni giorno lentamente.”
E poi il silenzio. La parola che esce senza voce o anche il silenzio imposto per non turbare. “Silenzio quando il cuore /  grida il suo dolore, quando il sole divampa negli occhi / un cielo grigio di fiele. / Zitta, zitta devi stare, per non inquietare, per non turbare.”
E ancora l’estraneita’. “Estranei convivono giorni alienati. / Non ti conosco /…/ Oggi solo nebbia invade il mio cuore / e la certezza di non essere amata.”
Una tristezza profonda suscita l’autrice nel ritrarre queste terribili situazioni angoscianti. Le dipinge in maniera molto efficace ed incisiva, con forte realismo, specialmente soffermandosi sull’animo di queste donne sventurate.  Donne che vivono come strette in una morsa, come fossero in una prigione. “Prigioniera di me / non riesco a liberarmi / dalle catene che mi legano / e mi imprigionano, sprangata nel mio essere da colonne di ferro insormontabili.”
E nel dubbio qualcuna si chiede: “Riusciro’ un giorno a liberarmi?”
Ecco Rosa Maria Chiarello ha ritratto queste donne rispondendo appieno al tema proposto dal Bando del Concorso.
Pero’ non si ferma qui.
Finora ha rivolto la sua attenzione alle situazioni dove il buio domina sovrano, buio fitto, di disperazione.
Pero’ fa dire ad una di queste infelici: “Ubriaca di dolore / cerco di alzarmi oltre le stelle.”
E osserva la poetessa: “…al pensiero non si da’ limite / e allora voli oltre le nuvole / nel sogno di una vita d’amore.”
Ecco che allora “Nell’inferno si erge / una nuvola bianca verso il cielo.”
Piu’ forte che mai si fa in queste donne l’anelito a uscire fuori dal buio per andare verso la luce.
Buio e luce sono infatti gli elementi attorno a cui ruota tutta l’opera.
E si avverte in questa lotta tra il buio e la luce, il palpito spasmodico dell’animo di queste donne.
E’ un’opera dove i versi vibrano, si sente come il moto palpitante dello spirito che, sommerso nel buio, anela alla luce.
A questo punto ci chiediamo cosa abbia in comune con loro la nostra Rosa Maria, che, grazie al cielo, non si e’ trovata mai in queste situazioni.
Una cosa ce l’ha in comune. Ed e’ l’anelito alla luce.
Pero’ siamo in tutt’altra sfera, la sfera della vita interiore.
Luce che pero’ non e’ gia’ posseduta da Rosa Maria ma della quale va in cerca. Infatti parliamo di anelito alla luce.
Questo le da’ allora, nell’animo, una incessante inquietudine.
Ma e’ una inquietudine sana.
Per comprenderla meglio, basti pensare alle parole di Sant’Agostino: “Ci hai fatto per te, Signore, e il nostro cuore non ha pace finche’ non riposa in te.”
Siamo sul piano della vita spirituale. Ed e’ per questo che la poetessa avverte fortemente il buio. Il buio delle cadute: “Tante volte sono caduta, / tante volte mi sono rialzata. /…/ Pietre ho tolto al mio passaggio / per ritrovare la via.” Anche il buio del dolore che la esistenza non risparmia a nessuno. Basti pensare alla morte dei genitori. Con nostalgia e rimpianto rievoca il tempo vissuto con il padre e con la madre a partire dall’infanzia spensierata. Un bel quadretto familiare e’ la prima poesia “Scorci di vita” che da’ il titolo alla silloge. Cosi’ scrive: “Antichi sapori di un tempo andato / quando di poco l’amore viveva.” E coglie l’occasione per riflettere sulla differenza che c’e’ con il tempo che e’ venuto dopo: “Oggi il tempo e’ volato / l’uscio si e’ chiuso / e l’amore si e’ dileguato.” Prima infatti si viveva di poco ma c’era tanto amore, oggi c’e’ benessere ma freddezza e indifferenza.
Accenni alla sua esistenza ci sono pure nelle poesie dedicate al marito, ai figli. Poesie sull’amore. “Non c’e’ nulla sotto il mio cielo / solo tu hai toccato l’anima. / Tu sei la mia luce / e il senso del mio vivere.” Al figlio si rivolge cosi’: “Ci saranno salite e ci saranno discese, / ma non sarai da solo / io saro’ con te tutte le volte che vorrai. / Ti amero’ oltre la vita / perche’ tu sei parte di me ed io di te.”
Ora, e’ proprio attraverso l’amore che Rosa Maria Chiarello dal buio scorge la luce: “Se penso ad un uomo vedo i tuoi occhi, / il tuo sorriso che illumina il mio cielo.”E ancora: “Incontrai il tuo cuore. Luce fu…/…ad illuminare l’amore che portavamo nel cuore.”
Oltre l’amore c’e’ un altro elemento che ha la potenza in Rosa Maria di farla uscire dal buio per scorgere la luce. E’ la natura.
La natura con la sua bellezza ha l’effetto sul suo animo di farla uscire dal buio per condurla nelle regioni della luce. “I faraglioni si specchiano / sul blu cobalto / dove il cielo e il mare / mostrano l’incanto. /…/ Mi estasio e resto abbagliata / davanti al manifesto del creato.”
La luce, inoltre, che non ha limiti, le suscita il senso dell’infinito. “ Dolce e’ l’attesa dell’immenso / laddove la preghiera diventa canto / nella visione dell’infinito.”
Abbiamo visto cosi’ come la nostra Rosa Maria, al pari delle donne, di cui abbiamo trattato prima,  ma su un piano totalmente diverso, hanno qualcosa in comune: un animo tormentato. Ella stessa confida: “…ho cercato di innalzarmi / oltre le fitte nuvole infuocate / del mio tormento.” E supplica: “Invoco la pace.” E riflette: “La notte diventa luce / se tu sorreggi il mio Essere / se il tempo accarezza la vita / nel tormento delle ore.”
E qui un gran passo in avanti. Siamo in direzione del Trascendente. “Cullandomi tra la luce e le tenebre anelo al mio Dio.”
E’ questa la sua inquietudine.
Ecco in conclusione come le due parti del libro, quella riguardante le donne che subiscono violenza, e quella in cui l’autrice fa riferimento alla sua vita, ecco come non appaiono piu’ slegate tra loro, e, trovato il filo che le lega, possiamo affermare che l’opera ha una perfetta unita’. Di ispirazione. Di sviluppo. Di messaggio.
Il messaggio e’ quello di uscire dal buio per raggiungere la luce.
Ci potremmo ancora chiedere, dato che sono riflesse nell’opera due specie di situazioni che sono un po’ al limite della esistenza, perche’ non e’ di tutte, grazie al cielo, subire  violenza, come non e’ di tutte, o di tutti, avere una vita spirituale cosi’ complessa, tormentata e inquieta, ci potremmo chiedere, dicevamo, se una persona comune, che conduce una vita molto comune, ci si puo’ ritrovare qui, in questo libro.
La risposta e’ si’. Ci si puo’ ritrovare.
Perché? Perché la vita, anche la piu’ ordinaria, e’ sempre fatta di buio e di luce. Sara’ un buio non nero, magari grigio, fatto di ostacoli, difficolta’, imprevisti che sconvolgono tutti i piani; saranno dimenticanze, distrazioni, esperienze, errori. ‘Errare humanum est” dicevano i Latini.
E tutto questo ci inquieta, ci turba.
E allora aspiriamo alla serenita’.
E la serenita’ e’ la luce.
La serenita’ forse non la teniamo nella debita considerazione perché pensiamo a qualcosa di piu’, alla felicita’, aspiriamo all’euforia, all’ebbrezza. E non ci accorgiamo del valore della serenita’. Essa invero e’ molto. E’ gia’ tanto. E’ per tutti la luce nel buio della esistenza.
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